E’ morto Nicola Pellecchia, tra i fondatori dei Nap

E’ morto ieri sera Nicola Pellecchia, compagno napoletano, fondatore - insieme ad altri - dei Nuclei Armati Proletari, protagonista della lotta armata degli anni ’70.

Utente: Radisol
20 / 3 / 2013

Ha lottato a lungo contro un tumore carogna e decine di iniziative erano state organizzate un po’ in tutta Italia per sostenerlo in questa sua purtroppo ultima battaglia.

Ospiteremo messaggi e ricordi di chi lo ha conosciuto. E intanto ripubblichiamo volentieri questo articolo uscito poche settimane fa su un giornale "insospettabile" come il perbenista "Il Mattino" di Napoli. Ma quando una persona come Nicola te la trovi davanti, esattamente come con Prospero, è difficile per chiunque - che sia intellettualmente e umanamente onesto - rifugiarsi nei luoghi comuni che proprio i media hanno per 40 anni sparso a piene mani. Ciao Nicola, che la terra ti sia lieve.

http://www.contropiano.org/news-politica/item/15288-e-morto-nicola-pellecchia-tra-i-fondatori-dei-nap

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Gli anni di piombo, i Nap a Napoli e la difficile lotta per la vita di Nicola Pellecchia

Gigi Di Fiore

Venne in redazione vent’anni fa. Da poco era uscito dal carcere, dopo aver scontato, senza essersi mai dissociato dalla sua scelta passata, tutta la pena. Sereno, sguardo da vita intensa, Nicola Pellecchia aveva accettato di raccontarmi la sua esperienza di fondatore napoletano dei Nap prima, passato in carcere con le Br poi.

Anni di piombo, terrorismo, impegno politico. In quel periodo, scrivevo una serie di pagine per Il Mattino sui personaggi napoletani di quegli anni, visti da più angolazioni: ex terroristi, vittime, inquirenti. Nicola mi parlò di una storia, la sua, che non rinnegava se stessa e che lo aveva portato in carcere nel 1975, con una condanna a 21 anni e mezzo. Era stato anche rinchiuso all’Asinara, poi trasferito nei giorni convulsi della trattativa Stato-camorra per il rapimento di Ciro Cirillo. Speravano potesse fare da tramite tra brigatisti fuori e in carcere. Non fece nulla.

Alla fine di una lunga chiacchierata, mi disse: "Ho parlato con piacere con te, ma non mi va che la mia storia faccia parte di quelle che stai scrivendo". Andava bene così: comunque mi affidò ricordi, chiavi di lettura. Impegno politico, amici, privato. Annamaria Mantini, tra i giovani morti in quell’esperienza Nap, era stata la sua compagna.

Figlio di un avvocato civilista del quartiere Vomero, in quei giorni Nicola Pellecchia aveva cominciato a lavorare nello studio del genitore. Poi, la folgorazione di Procida. Mare, sole, pesca. Un’altra scelta di vita: si trasferì sull’isola, con la mamma e la compagna. Ebbe un figlio. E si schierò a difesa dei diritti dei 200 pescatori procidani, mettendoli insieme. Non era mai successo. Una vittoria. Meditava di scrivere un memoriale, tanti come lui lo hanno fatto. Dopo l’esperienza di quegli anni, alcuni sono diventati scrittori famosi.

Nicola sta male, molto male. Ha di quei tremendi mali contro cui o lotti, o cadi nella disperazione. Un primo intervento chirurgico a Napoli, poi da mesi il trasferimento a Milano per affrontare cure costose. Ai discussi funerali del brigatista Prospero Gallinari era assente e il suo nome è stato pronunciato tra quelli giustificati nel suo non esserci.

In questi giorni, su Nicola Pellecchia è partito un tam tam, soprattutto informatico, di solidarietà. Collettivi, reduci di quegli anni, militanti della sinistra, frequentatori di piazza Medaglie d’oro al Vomero negli anni Settanta: cene a tema, dibattito con Valerio Lucarelli (autore di un bel libro sulla storia dei Nap), concerti come quello di Daniele Sepe. Tutto serve a raccogliere fondi, sotto il coordinamento di Ada Negroni, altra reduce milanese di quegli anni di piombo.

In rete, gira una bella foto del volto di Nicola, baffoni e capelli lunghi ormai grigi, naso deciso. C’è fierezza in quell’immagine, di chi ha scelto, pagato, mai rinnegato. Con coerenza e, si sa, chi sconta la sua condanna va sempre rispettato. Comunque la si pensi. Nicola Pellecchia ora lotta per la vita. Quella che, nel bene e nel male, ha sacrificato alle sue convinzioni. Rispetto, ma non silenzio ora, se si può aiutare in concreto il "vecchio militante dei Nap". Ora è solo un uomo coerente, che ha bisogno di mani tese.

da Il Mattino di Napoli, del 12/02/2013

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Mai rinnegato, mai arreso, mai domo. Ciao Nicola!

Nella serata di ieri è morto Nicola Pellecchia, compagno napoletano considerato come uno dei fondatori dei Nap, successivamente passato in carcere nelle Br. Nicola venne arrestato il 13 luglio 1975 a Roma, due anni dopo venne condannato dalla Corte d'Assise di Napoli a 21 anni e 5 mesi di carcere.

Mai dissociato dalla sua scelta, mai pentito per quel percorso che aveva deciso di intraprendere e mai rinnegando il suo impegno politico, Nicola uscì dal carcere scontando tutta la pena, sempre a testa alta nelle durissime condizioni delle carceri speciali, rifiutando qualsiasi collaborazione con lo stato anche quando quest'ultimo, nelle sue innumerevoli strategie, ha cercato di avere il coltello dalla parte del manico, cercando in Nicola un tramite tra brigatisti fuori e in carcere. Un tramite che non trovarono in Nicola, che nella sua fermezza e serenità politica affrontò gli anni del carcere con lucidità e estrema coerenza. Una coerenza dimostrata anche una volta uscito dal carcere, quando si è trasferito nell'isola di Procida, dedicandosi ad organizzare i pescatori dell'isola contro lo strapotere dei grossi mercanti, per difendere i diritti di 200 pescatori, mettendoli insieme.

E se Nicola ha combattuto fino all'ultimo anche con la stessa malattia incurabile che lo ha condotto alla morte, rimane nel ricordo la sua storia, il suo impegno e il suo sguardo fiero che ha saputo guardare oltre i confini di quel mare che lo circondava, mai rinnegato, mai arreso, mai domo.

InfoAut Redazione 20 Marzo 2013

http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/7216-mai-rinnegato-mai-arreso-mai-domo-ciao-nicola