SCIOPERO BANCARI, ADESIONI RECORD

I bancari - Una lotta nel "ventre della bestia", cioè del potere reale italiano e "globale"

In 25mila in piazza: "Siamo bancari, non banchieri".

Utente: Radisol
2 / 2 / 2015

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In 25mila in piazza: "Siamo bancari, non banchieri". E Sileoni guida la protesta a Milano con la Camusso. "Se ABI non cambia, pronti ad altri scioperi". Leggi la dichiarazione apparsa su tutti i quotidiani e i siti nazionali e locali



IL SOLE 24 ORE sabato 31 gennaio 2015
 
Bancari, rischio di nuovi scioperi
Hanno scioperato in massa, ieri, i bancari. Per gli autonomi della Fabi le adesioni hanno superato il 90%, mentre gli sportelli chiusi sono stati il 95%. Dato confermato da Fisac, Fiba e Uilca. Incuranti del freddo, soprattutto a Milano, sono scesi in piazza in 30mila, il 10% della categoria che conta 309mila addetti. Dicono che non sarà la sola volta se Abi non cambierà atteggiamento nel negoziato per il rinnovo del loro contratto. Già disdettato e con disapplicazione a partire dal primo aprile. Dal palco spartano di Milano, allestito su un furgone in piazza della Scala, a pochi metri da piazzetta Cuccia e da piazza Cordusio, il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha gridato: «Abbiamo la sensazione che l’Abi non esista». Le spinte, molto forti, di Unicredit per rafforzare il secondo livello di contrattazione per i sindacati sono in realtà il segnale di altro. Unicredit «spinge per avere un proprio contratto aziendale di gruppo», sostiene Sileoni. L’uscita da Abi, ipotesi che dal gruppo non smentiscono neppure, «non è indispensabile, ma è chiaro che ci stanno pensando, questo lo sappiamo con certezza», continua Sileoni per il quale è ora di fare «nomi e cognomi di chi vuole creare un precedente perché se passa il principio che il contratto nazionale non vale più niente questo accadrà anche per altre categorie». Lo stesso segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, osserva che «uno dei grandi problemi dei lavoratori italiani è l’uguaglianza dei diritti collettivi e la frantumazione aziendale non è la risposta. È però segno che la rappresentanza delle controparti ha grandi difficoltà».
Se i banchieri non cambieranno atteggiamento, «la politica del no, attuata fino a oggi, produrrà nuovi scioperi e nuove manifestazioni, se entro due settimane le banche non cambieranno radicalmente atteggiamento», dice Sileoni. Lo stesso segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale, da Ravenna, città dove il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli è presidente della locale Cassa di risparmio, promette «una mobilitazione più dura e un nuovo pacchetto di scioperi, in tutti i gruppi, in tutti i territori e in tutto il Paese», se Abi non torna sui suoi passi. A Roma stessi toni anche al comizio del segretario generale della Fiba Cisl, Giulio Romani che dice «non ci fermiamo qui. O l’Abi sblocca questa situazione e viene a fare una trattative vera e seria, mettendo al centro l’interesse del paese oppure noi continueremo a manifestare e scioperare». «Abi è voluta arrivare alla conta - osserva da Palermo il segretario generale della Uilca Massimo Masi - e il risultato è stato schiacciante».
Diversamente dal 2013, però, nelle proteste, questa volta, i bancari si ritroveranno di fianco i sindacati confederali: «Se l’Abi continua così bisogna decidere come coinvolgere il Governo e noi come Cgil, Cisl e Uil lo faremo, senza divisioni. Siamo in piazza, siamo tanti e ci torneremo perché il contratto è il nostro obiettivo», assicura Camusso che accende la piazza con l’argomento dello stipendio dei top manager delle banche che secondo uno studio della Cgil relativo ai guadagni dei primi 5 amministratori delegati sarebbe in media 3,7 milioni di euro. Una cifra che non torna ad Abi secondo cui in media gli amministratori delegati guadagnano 703mila euro. E riferendosi al Jobs act: «All’Abi dico: non vi bastano i regali che vi ha fatto il governo?», ha urlato Camusso, consapevole del grande ruolo che le banche hanno nel paese. I confederali sono scesi in piazza «non solo per solidarietà nei confronti dei lavoratori bancari, ma anche perché i lavoratori delle banche non scioperano solo per loro stessi: non c’è solo il contratto, è in gioco cosa vuol dire avere banche in questo paese - continua Camusso -. Se le banche non tornano a fare il loro mestiere e cioè a dare credito noi da questa crisi non usciamo più». Il comizio milanese scivola velocemente al di là del contratto, la partita riguarda il paese. Coup de théâtre in chiusura con le note di “Bella ciao”. © RIPRODUZIONE RISERVATA C.Cas.
CORRIERE DELLA SERA sabato 31 gennaio 2015
 
Contratto, la protesta dei bancari «Paghiamo le colpe dei manager» - Camusso: pronti altri scioperi. L’Abi: richieste inconciliabili con i conti
MILANO Bisogna tornare al rinnovo del contratto dell’aprile ‘90 con Carlo Donat Cattin ministro del Lavoro per trovare un’altra mobilitazione dei bancari come quella vista ieri in giro per l’Italia. Allora si arrivò a poco meno di cento ore di sciopero. A oggi le giornate perse sono «soltanto» due. Ma non è detto che le tensioni finiscano qui. Anzi. Lo hanno ripetuto ieri dal palco della manifestazione milanese sia Susanna Camusso per la Cgil che Lando Mario Sileoni per la Fabi: «O la vertenza si sblocca nelle prossime due settimane o ci saranno nuove mobilitazioni».
Il sindacato è soddisfatto della risposta dei bancari allo sciopero di ieri: secondo le stime delle sigle della categoria il 90% dei bancari ha incrociato le braccia e il 95% degli sportelli è rimasto chiuso. Trentamila le persone in piazza di cui 7.000 a Milano. Anche qui si parla di valutazioni degli organizzatori, per la Questura davanti a piazza della Scala c’erano tremila persone. Ma per una categoria poco avvezza a cortei e slogan è comunque una novità.
 Dal canto suo l’Abi non arretra. Con un comunicato ieri ha sottolineato sì «la volontà di arrivare ad un rinnovo del contratto». Ma nello stesso tempo ha ricordato che la scadenza del 31 marzo oltre la quale il contratto sarà disapplicato resta «chiara e netta». La risposta del corteo sono stati i manifesti con fotomontaggi che immortalavano banchieri come Carlo Messina, Alessandro Profumo e Federico Ghizzoni nei panni dei pirati dei Caraibi.
 Ad aiutare lo sciopero di ieri è arrivata la paura per le conseguenze sull’occupazione del decreto che trasforma le principali banche popolari in spa. Secondo Assopopolari, ai 12 mila esuberi stimati nel settore da qui al 2020 potrebbero aggiungersene altri 20 mila. Un motivo sufficiente da solo a far entrare in allerta la categoria. Ma non è solo questo. Ormai la vertenza dei bancari è assurta a ultima barricata. Se il contratto nazionale non venisse firmato per una categoria a cui appartiene la nobiltà del lavoro dipendente perché mai dovrebbe tenere in altri settori? E così ieri in piazza al fianco dei bancari sono scese anche Cgil, Cisl e Uil.
 Altro aspetto rilevante: qualche grande gruppo mediterebbe di concludere accordi aziendali in sostituzione o anticipazione del contratto nazionale. Tra questi Unicredit. Parliamo di realtà in cui le relazioni industriali funzionano e i sindacati sono abituati a negoziare su tutto. Difficile comunque che fughe in avanti si consumino prima del 31 marzo, data del redde rationem , oltre la quale il contratto della categoria sarà disapplicato.
 Da dove può ripartire la trattativa? «Abi ha voluto contarci, adesso aspettiamo una convocazione», va a muso duro Massimo Masi, segretario generale della Uilca.
 Solo un bluff per tenere alta la posta? «Negli ultimi 18 giorni ho partecipato a 12 assemblee nei luoghi di lavoro. Abbiamo fatto votare tutti sulla disponibilità a continuare la mobilitazione anche con altri scioperi se necessario. E il sì è stato plebiscitario», racconta lungo il corteo Marino Perrotta, segretario organizzativo della Fiba Cisl di Monza-Brianza e Lecco.
 Se è vero che i bancari hanno posato penna e mouse per imbracciare bandiere e megafoni, resta il fatto che le banche tengono il punto delle loro istanze. Lo registra tra le righe del suo discorso dal palco improvvisato di piazza della Scala anche il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni: «Alessandro Profumo, a capo delle relazioni sindacali per l’Abi, sembra avere una sorta di delega del no.
 Solo no e sempre no, su tutto». Ma, nonostante la distanza delle posizioni, le diplomazie delle due parti hanno già cominciato a lavorare. E qualcosa potrebbe muoversi già settimana prossima. Ri. Que. @rquerze © RIPRODUZIONE RISERVATA
MF-MILANO FINANZA sabato 31 gennaio 2015
 
Bancari sciopero record
 
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AVVENIRE sabato 31 gennaio 2015
 
I bancari in piazza Ma l’Abi è decisa: «Nessun aumento» La trattativa sul contratto resta in stallo Camusso: il decreto - Qualcuno sapeva
 
PAOLO PITTALUGA
MILANO - n piazza della Scala a Milano, in 7mila mila - secondo la Fabi - indossano una maglietta con scritto «io non sono un banchiere». In- fatti sono bancari, gli impiegati di banca che si sono ritrovati, a Milano come a Ravenna, Roma e Palermo, per aderire allo sciopero indetto per il rinnovo del contratto le cui trattative vivono una delicata fase di stallo. Un'astensione astensione dal lavoro che secondo la Federazione autonoma bancari d'Italia Italia (Fabi), condivisa anche dalle altre sigle sindacali del settore, ha avuto un'adesione adesione del 90%. Al di là del solito rimbalzo di cifre di lavoratori che hanno incrociato le braccia, sportelli chiusi quasi ovunque lungo lo Stivale ma bancomat perfettamente funzionanti: immagine che fotografa l'evoluzione evoluzione del settore, dove c'è è sempre meno bisogno della tradizionale agenzia. La querelle non è solo su posti in gioco e sugli stipendi. Il «non sono un banchiere» nasce dalle polemiche sugli emulamenti dei top manager. Così Susanna Camusso dal palco milanese sostiene che gli Ad delle banche guadagnano in media 3,7 7 milioni di euro all'anno anno - dato che l’Abi smentisce indicando invece 703 mila euro -. Inoltre, rimarca che se «il sistema bancario non torna a dare credito, da questa crisi non ne usciremo più». Il se- gretario, poi punta il dito sulla riforma delle popolari chiedendo «dove sta scritto che una spa funziona meglio di una popolare?». Non è, ha sentenziato, «la forma societaria che de- termina la qualità dell'impresa impresa» e chiosa: «Non è un bello spettacolo che subito dopo il decreto» sulle popolari «si scopra che c'è è chi lo sapeva» in anticipo «e ha speculato su questo». I banchieri, peraltro, ribadiscono che le prospettive del settore sono legate «alle oggettive condizioni economiche, finanziarie e normative» in cui operano le banche e chiedono un «nuovo modo di fare banca» razionalizzando e semplificando per recuperare «lo svantaggio nei confronti dei concorrenti europei» precisando «che ulteriori aumenti dei costi del lavoro non sono sostenibili». Osservazioni rimandate al mittente dal segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni che accusa l’Abi di «comportarsi come Ponzio Pilato», «la vandosene le mani», una politica «del no» che produrrà nuovi scioperi se entro due settimane le banche non cambieranno radicalmente atteggiamento». «Non si riforma il sistema tagliando il costo del lavoro o riducendo di più il personale senza un progetto vero di riforma, capace di riattivare un circuito virtuoso tra finanza, raccolta dei risparmi ed economia reale», ha osservato il segretario generale della Cisl Annamaria Furlan, invitando l’Abi a non fare «o- recchie da mercante» e a riaprire «subito il dialogo con i sindacati, nell'interesse interesse non solo delle banche, ma anche delle famiglie, dei risparmiatori e del sistema produttivo». «Ci aspettiamo che adesso si riaprano le trattative e che si possa iniziare a trattare seriamente con la controparte», ha tuonato da Ravenna Giuliano Xausa, segretario nazionale Fabi. E risposte adeguate per i 300mila mila lavoratori del settore le ha chieste, sempre da Ravenna, il segretario generale di Ugl Credito, Fabio Verelli. Emilio Contrasto, segretario generale Unisin ha invitato l’Abi a «cambiare atteggiamento andando verso un contratto che salvaguardi i livelli occupazionali, normativi e economici». © RIPRODUZIONE RISERVATA
CORRIERE DELL'UMBRIA/VITERBO/MAREMMA/DI SIENA sabato 31 gennaio 2015
 
Sciopero bancari Altissimo il consenso alla protesta, soddisfatto il segretario generale della Fabi. Camusso: "La mobilitazione continua" Sileoni: "Abbiamo raggiunto il 90% delle adesioni
 Pienamente soddisfatto dell'altissima altissima partecipazione allo sciopero dei bancari, il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, sottolinea: "Abbiamo raggiunto il 90 per cento delle adesioni. Gli sportelli sono chiusi in tutta Italia". In effetti la protesta contro la disdetta del contratto nazionale annunciata dall’Abi a partire dal primo aprile 2015, è stata largamente condivisa dai bancari. Lo sciopero di ieri potrebbe essere solo il primo di un lunga seria se l'Associazione Associazione bancaria italiana non scenderà a patti con i sindacati, preservando il contratto nazionale dei dipendenti del settore e non privilegiando invece la nuova contrattazione di secondo livello, quella aziendale. Dal primo aprile l’Abi intende infatti disapplicare i contratti collettivi della categoria. Decisa Susanna Camusso: "Qualche dato: il presidente della Banca centrale europea guadagna 600mila mila euro l'anno anno, i banchieri italiani 3 milioni e 700mila mila. Che altro dire? Le categorie continueranno con la mobilitazione e gli scioperi".
LA STAMPA (NAZIONALE) sabato 31 gennaio 2015
 
SCIOPERO, ADERISCE IL 90%. CAMUSSO (CGIL) E SILEONI (FABI): CHIEDEREMO AIUTO AL GOVERNO - Bancari, 30 mila in piazza "Senza accordo nuove lotte" - L'Abi Abi: sì al dialogo ma altri aumenti del costo del lavoro sono insostenibili
FRANCESCO SPINI
MILANO - Sportelli chiusi, scontro aperto. I bancari si schierano in massa contro i banchieri e minacciano nuove lotte. Le adesioni al secondo sciopero della categoria del credito in poco più di un anno arrivano al 90% (il 96% delle agenzie è rimasto sbarrato) e ai quattro cortei di Milano, Roma, Palermo e Ravenna partecipano circa 30 mila persone. Colletti bianchi con fischietti e bandiere gridano «vergogna!» all’Abi che ha disdettato il contratto e, nella trattativa sul rinnovo, vuol cancellare scatti di anzianità e Tfr. In 8 mila a Milano La più partecipata - a sfilare sono stati quasi 8 mila, secondo gli organizzatori - è la manifestazione di Milano guidata, in un'inedita inedita accoppiata, dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e dal leader della Fabi, Lando Maria Sileoni. Nel comizio finale in Piazza della Scala, Sileoni minaccia di coinvolgere nella vicenda Palazzo Chigi ma solo con l'accordo accordo di tutte le forze sindacali. Camusso dice di sì: «Se l’Abi continua così bisogna decidere come coinvolgere il governo e noi come Cgil, Cisl e Uil lo faremo, senza divisioni. Siamo in piazza, siamo tanti e ci torneremo perché il contratto è il nostro obiettivo». Con l'associazione associazione dei banchieri è scontro aperto. «Non vi bastano i regali fatti dal governo? Volete ogni volta di più?», chiede il leader della Cgil che durante il corteo riapre la polemica con l’Abi sui compensi dei banchieri, che «si sono arricchiti» mentre i lavoratori sono in difficoltà.
50 mila esuberi» Dal podio milanese Sileoni ricorda i «68 mila posti di lavoro persi negli ultimi 15 anni» e si dice certo che lo scopo dei banchieri sia quello, in fin dei conti di sfoltire ulteriormente il personale. «Mentre nelle trattative dicono di difendere l'occupazione occupazione, nei corridoi con un sorrisetto ci dicono che gli esuberi sono 50 mila...». C'è è chi ha già un piano B. «Unicredit - afferma Sileoni - sta alla finestra, sono pronti a farsi il proprio contratto aziendale di gruppo». Lo scontro rischia di proseguire: «La politica del no produrrà nuovi scioperi, se entro due settimane le banche non cambieranno atteggiamento». Anche dalle altre manifestazioni arrivano appelli all'Abi Abi. Annamaria Furlan (Cisl) chiede di «riaprire il dialogo» anche per il bene di «famiglie, risparmiatori e dell'intero intero sistema produttivo» e Carmelo Barbagallo (Uil) preannuncia «lotte crescenti». Dall’Abi rispondono che in una situazione di «forte pressione sui ricavi, ulteriori aumenti» del costo del lavoro «non sono sostenibili». Se rimarcano la «volontà di arrivare ad un rinnovo del contratto» che «possa conciliare le esigenze di recupero di redditività e produttività del settore, con le esigenze occupazionali e di tutela dei salari dall'inflazione inflazione», ricordano che il tempo stringe. Si deve chiudere entro il 31 marzo, perchè «un confronto eccessivamente prolungato ad ogni costo», dicono i banchieri, non è più giustificabile.
CORRIERE DELL'UMBRIA sabato 31 gennaio 2015
 
CREDITO - Partiti diversi pullman e molte auto private per raggiungere la manifestazione in Emilia Romagna - BANCARI IN PIAZZA, L'UMBRIA
PERUGIA - Cè chi cautamente parla dell' 80 per cento, chi si spinge al 90 con la quasi totalità degli sportelli chiusi. I bancari sono scesi in piazza, sotto le bandiere di tutte le sigle sindacali per il rinnovo del contratto nazionale. Ed anche dall'Umbria Umbria quasi duecento manifestanti guidati dai propri rappresentanti hanno raggiunto Ravenna, dove si è svolto unO O dei cortei di protesta. Altre manifestazioni erano in programma a Roma, Milano e Palermo. Tanti lunghi serpentoni con manifesti e bandiere delle otto sigle sindacali (Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Unisin) hanno riempito le vie delle quattro città coinvolte. Tutto nasce dalla rottura delle trattive con l'Abi Abi, l'Associazione Associazione bancaria italiana, avvenuta lo scorso 25 novembre. A parlare di adesione al 90 per cento è stato in prima battuta il segretario nazionale della Fabi, Lando Sileoni, in corteo a Milano al fianco del leader della Cgil Susanna Camusso. "In piazza della Scala c'erano erano 7mila mila persone, arrivate su 130 pullman - ha detto il sindacalista - . Abbiamo la sensazione che l’Abi non esista. Unicredit - ha detto il sindacalista - spinge per avere un contratto aziendale di gruppo". Commenti positivi sono arrivati anche dal presidente regionale dell'Unisin Unisin Fabrizio Gosti: "Siamo andati a manifestare nella città dove c'è è la Cassa di risparmio di Ravenna guidata dall'attuale attuale presidente dell'Associazione Associazione bancaria italiana". A Ravenna secondo le stime dei manifestanti c'erano erano circa 3mila mila bancari. "Siamo scesi in piazza, passando davanti alla casa del presidente dell’Abi perché vogliamo banche al servizio delle famiglie e delle imprese - aggiunge - , che sostengano l'economia economia reale e favoriscono lo sviluppo del Paese. Siamo scesi in piazza - continua ancora - contro una gestione spesso autoreferenziale, in cui nessuno degli artefici degli errori che hanno portato il sistema bancario lontano dal paese, è mai stato chiamato a rispondere delle proprie responsabilità". I cortei sono stati anche colorati, vivaci e comunque attenti al rispetto alle richieste poste al centro della protesta che i sindacalisti, avvertono, "potrebbe non essere l'ultima ultima". La stessa leader della Cgil Susanna Camusso ha mandato un aut aut all’Abi affinché "cambi atteggiamento se non vuole che vengano indette altre manifestazioni". Manifestazioni alle quali anche l'Umbria Umbria vuole essere presente visto l'interesse interesse e l'adesione adesione manifestate ieri e già nell'assemblea assemblea generale delle sigle sindacali che si era svolta la settimana scorsa a Terni quando il comparto, che nel Cuore verde, raccoglie circa 4mila mila addetti, ha fatto sentire la sua voce. B Mar.Ros
IL GIORNALE sabato 31 gennaio 2015
 
SUSANNA CAMUSSO (CGIL) IN PIAZZA PER IL CONTRATTO DEI BANCARI – Sileoni Fabi: Abi come Pilato
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PLUS sabato 31 gennaio 2015
 
LA VERA POSTA IN GIOCO CON LO SCIOPERO
Dopo lo sciopero dei 310mila dipendenti delle banche associate all’Abi che ieri, 30 gennaio, sono scesi in piazza unitariamente contro la disdetta del contratto nazionale di categoria che sarà disapplicato dal primo aprile, lunedì 2 marzo saranno i 37mila dipendenti delle Bcc ad astenersi dal lavoro. I sindacati hanno rotto con Federcasse «dopo aver ripetutamente tentato di recuperare le condizioni minimali per la ripresa di costruttivo confronto» e dopo aver «registrato l’insussistenza di novità per procedere alla fase negoziale per il rinnovo del contratto nazionale di categoria». Intanto Assopopolari, l’associazione delle banche popolari italiane, ha ammonito che con il decreto “investment compact” che impone alle prime dieci banche la trasformazione in Spa entro 18 mesi si rischia di cancellare altri 20mila posti di lavoro e di causare una contrazione del Pil di 3 punti percentuali. Per i sindacati, dopo l’uscita anticipata di 68mila lavoratori accompagnati alla pensione negli ultimi 15 anni dal Fondo di solidarietà di settore, e dato che le principali banche hanno già attivato gli scivoli fino al 2020 e oltre, non ci sarebbe assolutamente modo di gestire una massa così imponente di nuovi esuberi.
 Appare insomma chiaro che DirCredito, Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Uilca, Ugl Credito, Sinfub e Unisin stanno giocando una partita dalle conseguenze pesanti per tutto il comparto. In caso di disapplicazione del contratto nazionale, oltre a conseguenze rilevanti sul fronte dell’area contrattuale, scatterebbe in sostanza un “rompete le righe” che metterebbe in mano ai singoli gruppi e istituti la possibilità di definire la contrattazione su base aziendale. Ne risulterebbe innanzitutto una ricaduta immediata, con la divergenza nelle prassi da banca a banca, ma anche l’avvio di un meccanismo che potrebbe portare, di fatto, alla perdita di peso “politico” delle organizzazioni nazionali, sia sul fronte sindacale che su quello della stessa Abi. Un rischio sicuramente ben presente nelle riflessioni degli attori della contrattazione. nicola.borzi@ilsole24ore. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LA REPUBBLICA sabato 31 gennaio 2015
 
MILANO. Circa 30 mila manifestanti in quattro città e la chiusura di oltre il 95% degli sportelli -- fonte sindacale
Hanno decretato il grande successo dello sciopero nazionale dei bancari, indetto dalle otto sigle di categoria. Sul piatto, il rinnovo del contratto. «Se l’Abi continua così bisognerà coinvolgere il governo -- ha detto Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, nel corso del comizio a Milano -- e noi come Cgil, Cisl e Uil lo faremo, senza divisioni: siamo in piazza, siamo in tanti e torneremo, perché il contratto è il nostro obiettivo». Manifestazioni si sono tenute in quattro città: Ravenna, Roma e Palermo, oltre che Milano. «Se nelle prossime due settimane l’Abi non cambia atteggiamento, unitariamente proclameremo un ulteriore sciopero della categoria», ha detto nel corso del suo intervento a Ravenna Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil. «Abbiamo la sensazione che l’Abi non esista -- ha dichiarato Lando Sileoni, segretario generale della Fabi -- si comporta come Ponzio Pilato, non affronta i problemi e se ne lava le mani. Unicredit -- ha detto ancora -- spinge per avere un contratto aziendale di gruppo». La «frantumazione aziendale non è la risposta», gli ha fatto eco la Camusso, mentre secondo Massimo Masi, segretario generale Uilca, «il grande successo dello sciopero dei bancari dimostra, ancora una volta, che il disegno dell’Abi di destrutturare il contratto è fallito». Dal canto suo l'Associazione Associazione delle banche italiane con un comunicato ha precisato che «in questa situazione di forte pressione sui ricavi, ulteriori aumenti del costo del lavoro, specie con inflazione e tassi prossimi allo zero, non sono sostenibili per il settore». Da parte sua l'Associazione Associazione di Palazzo Altieri si è detta pronta a riaprire il tavolo delle trattative, purché il confronto sia breve.« Ladatadel31marzo 31 marzo—ha scritto l’Abi in una nota -- indica una scadenza chiara e netta, oltre la quale è prevista inevitabilmente la disapplicazione del contratto» Inoltre l’Abi è tornata a correggere la Camusso sul guadagno medio dei banchieri italiani, che non è di 3,7 7 milioni di euro l'anno anno ma, per i soli ad, in media 703 mila euro. Secondo Megale quei dati «riguardavano i primi cinque grandi gruppi». «Il nostro lavoro non è come un derivato bancario abbiamo diritto al rispetto anche se abbiamo appreso che questo governo» non lo fa, ha detto ancora la Camusso, che è tornata a criticare il decreto sulle popolari («Credo che per il bene del paese sia bene cambiare quel decreto»). (vi. p.)
GIORNALE DELL'UMBRIA sabato 31 gennaio 2015
 
I bancari protestano per il contratto Sono scesi in piazza a Milano, Palermo, Ravenna e Roma
ROMA - Con la crisi i banchieri hanno continuato ad «arricchirsi», lasciando «in difficoltà» i bancari, in lotta per rinnovare il contratto di lavoro. Con questo leit motiv si è svolta a Milano e in altre tre grandi città italiane (Palermo, Roma e Ravenna) il corteo dei bancari in sciopero per il rinnovo del contratto nazionale. Le parole del segretario della Cgil Susanna Camusso si uniscono a quelle del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui l'adesione adesione allo sciopero dei bancari per il rinnovo del contratto nazionale «è altissima, at- torno al 90%». La posizione del segretario della Cgil, mentre sfila per le vie di Milano, è netta: «Se l’Abi non cambia linea sul rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei bancari continueremo gli scioperi». Nel capoluogo lombardo i manifestanti sono alcune migliaia e hanno marciato sulle note dei 99 Posse e dei Fratelli di Soledad. Molte le bandiere dei sindacati, dalla Fisac Cgil, alla Fabi e alla Uilca. L'hashtag hashtag della manifestazione dei bancari, a distanza di 15 mesi dall'ultimo ultimo sciopero del settore, è #sonobancario. Dal 1 gennaio 2015 sono circa 309mila mila i dipendenti delle banche italiane si trovano senza contratto nazionale: le sigle sono sul piede di guerra dopo la decisione dell'associazione associazione delle banche (Abi) «di dare disdetta unilaterale e successiva disapplicazione dei contratti collettivi di lavoro dal primo aprile di quest'anno anno». In questi mesi la trattativa si è arenata e, se non verrà trovato un accordo, «dal primo aprile - ha spiegato qualche giorno fa il segretario generale della Fisac Agostino Megale - seguirà la disapplicazione del contratto con la conseguenza che verranno a mancare le regole essenziali e si creerà una dimensione assimilabile al «fai da te»
IL CITTADINO sabato 31 gennaio 2015
 
SCIOPERO n I "COLLETTI BIANCHI" LODIGIANI A MILANO IN CORTEO - «Serrata in 4 filiali su 5» - I bancari sulle barricate Colombo della Fabi: - «Abi vuole smantellare la contrattazione nazionale»; Santus (Cisl): - «Non firmiamo al buio»
80 per cento del personale che ha incrociato le braccia e quattro filiali su cinque rimaste chiuse: è il primo bilancio per il Lodigiano dello sciopero nazionale dei bancari promosso ieri da tutti i sindacati del comparto Abi, un'agitazione agitazione che ha visto a Milano un corteo di due chilometri guidato dal segretario generale della Cgil Susanna Camusso e dal leader della Federazione autonoma bancari italiani Lando Sileoni. La contestazione generale è per il rinnovo del contratto, «che Abi vorrebbe fare a costo zero, portandoci a firmare "al buio" con il pretesto della crisi - denuncia Giusy Santus, segretario provinciale dei bancari Cisl lodigiani -. Negli ultimi anni i top manager hanno continuato ad aumentarsi gli stipendi, in un quadro che ora nel comparto bancario vede i costi del personale superati da quelli delle sofferenze, della svalutazione dei crediti. Non è con tagli lineari che si va avanti, se si vuole cambiare bisogna ripensare il modo di fare banca». Luca Colombo, responsabile Fabi per i dipendenti di Intesa San Paolo della provincia di Lodi, aggiunge: «L'associazione associazione bancaria italiana propone il non riconoscimento di nuove anzianità, aumenti in busta di 50 euro in tre anni, calcolo del tfr solamente sulla voce principale dello stipendio. Ma soprattutto si vuole cancellare la contrattazione nazionale, lasciando spazio a quelle aziendali. Un gioco al ribasso che ci viene proposto da personaggi che guadagnano oltre 100mila mila euro al mese. Da un'Abi Abi in cui si sono fatti prestiti agli amici degli amici: le sofferenze vere sono arrivate da lì, non dai mutui concessi dalle filiali alle famiglie». Secondo Colombo, la tentazione delle grandi banche è di fare sempre più finanza, ricorrendo anche ai promotori a domicilio: «Sicuramente chi si occupa solo di investimenti, pure in derivati potenzialmente tossici, guadagna molto di più delle filiali. Ma attenzione: in America si stanno rendendo conto che bisogna tornare a fare banca, incassare e prestare denaro». La presenza della Camusso, e i suoi messaggi al governo, sono stati colti come un forte sostegno dall'intera intera categoria. Sileoni ha dato all’Abi un ultimatum di due settimane: «La politica del no, attuata fino a oggi, produrrà nuovi scioperi e nuove manifestazioni». Carlo Catena
IL FATTO QUOTIDIANO sabato 31 gennaio 2015
 
Senza contratto e in esubero, la grande rivolta dei bancari SCIOPERO CON ADESIONI DEL 90% - CONTRO LA DISDETTA UNILATERALE DELL'ABI
Milano -I bancari hanno sfilato ieri in corteo a Milano accompagnati dalla leader della Cgil, Susanna Camusso. Ma anche dalle note dei 99 Posse. A fare da colonna sonora alla protesta, grazie a un grosso camion dotato di sound system, sono state infatti anche alcune canzoni della band napoletana finita al centro delle polemiche la settimana scorsa per avere pubblicato una frase su Facebook dopo la giornata di violenza a Cremona, scontri tra antagonisti e forze dell'ordine ordine: "Onore a chi lotta. Più bastoni e meno tastiere". IERI GLI UNICI BASTONI erano quelli delle bandiere dei sindacati, dalla Fisac Cgil, alla Fabi e all'Uilca Uilca, che hanno sventolato fino a piazza della Scala, dove la segretaria di Cgil, Susanna Camusso, e il segretario di Fabi, Lando Maria Sileoni, hanno tenuto un comizio. "Se l’Abi continua così, bisognerà decidere come coinvolgere il governo. E noi lo faremo", ha detto la Camusso dal palco rilanciando lo slogan: "banchieri milionari e bancari in difficoltà" perché "basta un numero per rendere evidente come nella crisi ci sia chi ha continuato ad arricchirsi e chi a impoverirsi: il presidente della Bce, Mario Draghi, guadagna 600mila mila euro l'anno anno, i banchieri italiani in media 3,7 7 milioni di euro". L'obiettivo obiettivo dello sciopero è quello di contrastare la decisione unilaterale dell'Abi Abi, l'associazione associazione dei banchieri, di disdire e disapplicare a partire dal primo aprile i contratti collettivi di lavoro: un provvedimento senza precedenti in nessun altro settore, attaccano i sindacati ricordando che dei 416 contratti in vigore nel privato e nel pubblico, solo quello dei bancari è stato disdetto. In particolare, viene ritenuto insufficiente l'adattamento adattamento salariale del +1,85 85 per cento a fronte dei 68mila mila tagli al personale fatto negli ultimi quindici anni. Più in generale, lo sciopero mira dunque a difendere il contratto nazionale come elemento centrale della contrattazione. Lo sciopero è stato nazionale, con manifestazioni anche a Roma, Ravenna e Palermo. I primi numeri sono stati forniti dal segretario della Fabi, Sileoni: "Il 95 per cento degli sportelli chiusi in tutta Italia e un'adesione adesione allo sciopero del 90 per cento. Hanno sfilato nei cortei circa 25mila mila persone, solo in piazza della Scala a Milano ci sono 7mila mila persone, sono partiti circa 130 pullman", ha detto il sindacalista citando Unicredit "che spinge per avere un contratto aziendale di gruppo". Ma nel mirino c'è è soprattutto Alessandro Profumo che non è solo il presidente del Monte dei Paschi ma anche responsabile delle relazioni sindacali dell'Abi Abi. L'associazione associazione bancaria ieri ha contestato i numeri della Camusso sugli stipendi dei banchieri che "non corrispondono all'evidenza evidenza dei dati". Ma soprattutto ha ribadito in un comunicato che nello scenario in cui operano le banche italiane aumenti del costo del lavoro non sono sostenibili. "le prospettive del settore restano legate alle oggettive condizioni economiche, finanziarie e normative in cui si trovano a operare le banche in Italia. Questo scenario impone come obiettivo principale la stabilità del settore". L'obiettivo obiettivo per tutte le banche è tagliare i costi fissi che gli istituti si trovano a sostenere dopo la follia italiana delle filiali aumentate del 33 per cento fra il 1997 e il 2011 fino ad arrivare a 54 sportelli per ogni 100.000 000 abitanti. Una sovracapacità che ha sottovalutato le aspettative di aumento dei servizi online. Con il risultato che oggi le banche stanno chiudendo gli sportelli in perdita, cancellando contratti d'affitto affitto o vendendo quelli ancora di proprietà. Il problema è che insieme alle filiali spariscono gli impiegati. Abi e sindacati danno i numeri. Secondo la Confindustria delle banche, i dipendenti nel 2007 erano 344.688 688, nel 2013 sono diventati 320mila mila con un saldo negativo di circa 25mila mila persone. Idem per gli sportelli che nel 2007 erano 32.818 818 e nel 2013 sono diventati 31.942 942 dopo 876 chiusure. Il bollettino di guerra della Fabi parte dal 2000: negli ultimi quattordici anni gli esuberi nelle banche italiane sono stati circa 48mila mila, a cui se ne aggiungeranno altri 19.800 800 da smaltire entro il 2020. Il totale è di circa 68mila mila bancari mandati prepensionati in venti anni. LA LOTTA, DUNQUE, va avanti: "La politica del no, attuata fino a oggi, produrrà nuovi scioperi e nuove manifestazioni, se entro due settimane le banche non cambieranno radicalmente atteggiamento", promette Sileoni. Cam. Con.
MESSAGGERO VENETO (PORDENONE) sabato 31 gennaio 2015
 
Bancari, corteo amaro: «Ci hanno lasciati soli» In trecento hanno sfilato per le vie del centro provenienti da tutta la regione Filiali chiuse e disagi. I sindacati: «Non c'era era nemmeno un amministratore
Bancari in piazza ieri mattina a Pordenone in occasione della giornata di sciopero generale indetto dalla categoria: in città in 300 persone (provenienti anche dalle province di Udine e Trieste) hanno manifestato, unico caso in regione, per far valere i propri diritti ossia sostenere il mantenimento della categoria, respingere l'arroganza arroganza dei banchieri e garantire più credito e meno finanza. Alle 9.30 30 è partita la sfilata da sotto la loggia del municipio, edificio dal quale non s'è è affacciato nemmeno un amministratore. E questo ha fortemente rammaricato i sindacati. «Ci aspettavamo dal sindaco o da qualche assessore la solidarietà per un'istituzione istituzione nazionale - hanno affermato le parti sociali -. In altre circostanze la loro solidarietà è stata data. Non è che una categoria è diversa da un'altra altra». I bancari sono scesi in piazza, caso più unico che raro, dopo che l'Abi Abi, l'associazione associazione dei banchieri, ha disdettato e minacciato la disapplicazione del contratto generale. Un atto di forza che secondo i sindacati si basa soltanto su una logica di taglio dei costi, togliendo a un'intera intera categoria lavorativa il diritto di avere un contratto generale e depauperando la professionalità del bancario. La manifestazione, dopo aver percorso corso Vittorio Emanuele, è approdata in piazza Cavour dove c'è è stato il presidio e la distribuzione dei volantini esplicativi delle motivazioni dello sciopero. «Scioperiamo perché - so- stengono i bancari - vogliamo garantire il mantenimento della categoria, il che significa tranquillità sul lavoro per dare un migliore servizio ai clienti, vogliamo inoltre respingere l'arroganza arroganza e l'egoismo egoismo dei banchieri nonchè essere più vicini ai veri bisogni della gente». Quello che i bancari vogliono ottenere con la manifestazione di piazza (a livello nazionale le proteste sono state organizzate a Roma, Milano, Palermo e Ravenna) è la riapertura di un dialogo con l'Abi Abi. «Ci aspettiamo che i banchieri abbiano un rigurgito di buon senso, prendano atto di questa dimostrazione corale e siano disposti a iniziare un dialogo, contemplando anche la nostra proposta di un nuovo modello di banca basato sulla valorizzazione delle risorse professionali - dicono le forze sociali aderenti allo sciopero, ovvero Fiba, Dircredito, Fabi, Uilca, Ugl, Fisac, Sinfub e Unità sindacale altrimenti siamo pronti a scendere nuovamente in piazza, perché questa è una situazione in- sostenibile». Di fatto, dal primo aprile, se le cose non dovessero cambiare, il contratto di categoria cessa la sua efficacia. Aldilà della presenza alla manifestazione, l'adesione adesione allo sciopero ha riguardato - secondo i dati dei sindacati - circa il 90 per cento della forza lavoro negli istituti di credito, costringendo numerose filiali all'impossibilità impossibilità di aprire. Laura Venerus ©RIPRODUZIONE RISERVATA
GIORNALE DI BRESCIA sabato 31 gennaio 2015
 
Sciopero dei bancari: adesione vicina al 90% Camusso: ora l’Abi cambi Sulle popolari il leader della Cgil chiede al Governo di modificare il decreto «per il bene del Paese»
MILANO Adesione altissima, attorno al 90%, allo sciopero nazionale dei lavoratori del settore bancario proclamato per protestare contro la disdetta del contratto nazionale annunciata dall’Abi a partire dal primo aprile. Successo anche dei cortei indetti in quattro città: solo su Milano in piazza sono scese oltre 7 mila persone. «Se l’Abi continua così bisogna decidere come coinvolgere il governo e noi come Cgil, Cisl e Uil lo faremo, senza divisioni - ha detto il segretario Susanna Camusso, nel corso del comizio conclusivo della manifestazione di Milano -. Siamo in piazza, siamo tanti e ci torneremo perchè il contratto è il nostro obiettivo». Così il per lo sciopero nazionale dei bancari. «All’Abi dico: non vi bastano i regali che vi ha fatto il governo?», Ha aggiunto. «Il nostro lavoro non è come un derivato bancario - ha detto ancora Camusso - abbiamo diritto al rispetto anche se abbiamo preso atto che il governo non ci rispetta». Il comizio, in piazza della scala, si è chiuso sulle note di «bella ciao». Quanto poi all'allarme allarme lanciato dal segretario generale della Fabi, lando maria sileoni, sul rischio che Unicredit decida di uscire dall’Abi per avere un contratto aziendale di gruppo, Camusso ha notato: «credo che uno dei grandi problemi dei lavoratori italiani sia l'uguaglianza uguaglianza dei diritti collettivi e la frantumazione aziendale non è la risposta. è però segno - ha concluso che la rappresentanza delle controparti ha grandi difficoltà». Ieri ad intervenire è stata anche il leader della Cisl, Annamaria Furlan. «L’Abi non faccia orecchie da mercante e riapra subito il dialogo con i sindacati, nell'interesse interesse non solo delle banche ma anche delle famiglie, dei risparmiatori e dell'intero intero sistema produttivo del Paese». La manifestazione di ieri è stata anche l'occasione occasione per criticare il recente decreto del Governo sulle Popolari. «Penso che per il bene del paese sia bene cambiare quel decreto», ha detto la Camusso, a margine della manifestazione. «Peraltro - ha proseguito sono molto perplessa sul fatto che lo strumento del decreto sia legittimo in questo caso». Da più fronti infatti sono arrivate critiche al Governo che ha varato la misura con un decreto legge lasciando intendere il motivo d'urgenza urgenza del provvedimento». E ancora: «Non è un bello spettacolo che subito dopo il decreto per le popolari si scopra che c'era era già chi lo sapeva e ci abbia speculato sopra». Per Barbagallo della Uil: «Quella è stata un'operazione operazione che può permettere agli amici internazionali di Renzi di acquistarsi delle banche con un 5%».
IL FATTO QUOTIDIANO sabato 31 gennaio 2015
 
Senza contratto e in esubero, la grande rivolta dei bancari SCIOPERO CON ADESIONI DEL 90% CONTRO LA DISDETTA UNILATERALE DELL'ABI
Milano -I bancari hanno sfilato ieri in corteo a Milano accompagnati dalla leader della Cgil, Susanna Camusso. Ma anche dalle note dei 99 Posse. A fare da colonna sonora alla protesta, grazie a un grosso camion dotato di sound system, sono state infatti anche alcune canzoni della band napoletana finita al centro delle polemiche la settimana scorsa per avere pubblicato una frase su Facebook dopo la giornata di violenza a Cremona, scontri tra antagonisti e forze dell'ordine ordine: "Onore a chi lotta. Più bastoni e meno tastiere". IERI GLI UNICI BASTONI erano quelli delle bandiere dei sindacati, dalla Fisac Cgil, alla Fabi e all'Uilca Uilca, che hanno sventolato fino a piazza della Scala, dove la segretaria di Cgil, Susanna Camusso, e il segretario di Fabi, Lando Maria Sileoni, hanno tenuto un comizio. "Se l’Abi continua così, bisognerà decidere come coinvolgere il governo. E noi lo faremo", ha detto la Camusso dal palco rilanciando lo slogan: "banchieri milionari e bancari in difficoltà" perché "basta un numero per rendere evidente come nella crisi ci sia chi ha continuato ad arricchirsi e chi a impoverirsi: il presidente della Bce, Mario Draghi, guadagna 600mila mila euro l'anno anno, i banchieri italiani in media 3,7 7 milioni di euro". L'obiettivo obiettivo dello sciopero è quello di contrastare la decisione unilaterale dell'Abi Abi, l'associazione associazione dei banchieri, di disdire e disapplicare a partire dal primo aprile i contratti collettivi di lavoro: un provvedimento senza precedenti in nessun altro settore, attaccano i sindacati ricordando che dei 416 contratti in vigore nel privato e nel pubblico, solo quello dei bancari è stato disdetto. In particolare, viene ritenuto insufficiente l'adattamento adattamento salariale del +1,85 85 per cento a fronte dei 68mila mila tagli al personale fatto negli ultimi quindici anni. Più in generale, lo sciopero mira dunque a difendere il contratto nazionale come elemento centrale della contrattazione. Lo sciopero è stato nazionale, con manifestazioni anche a Roma, Ravenna e Palermo. I primi numeri sono stati forniti dal segretario della Fabi, Sileoni: "Il 95 per cento degli sportelli chiusi in tutta Italia e un'adesione adesione allo sciopero del 90 per cento. Hanno sfilato nei cortei circa 25mila mila persone, solo in piazza della Scala a Milano ci sono 7mila mila persone, sono partiti circa 130 pullman", ha detto il sindacalista citando Unicredit "che spinge per avere un contratto aziendale di gruppo". Ma nel mirino c'è è soprattutto Alessandro Profumo che non è solo il presidente del Monte dei Paschi ma anche responsabile delle relazioni sindacali dell'Abi Abi. L'associazione associazione bancaria ieri ha contestato i numeri della Camusso sugli stipendi dei banchieri che "non corrispondono all'evidenza evidenza dei dati". Ma soprattutto ha ribadito in un comunicato che nello scenario in cui operano le banche italiane aumenti del costo del lavoro non sono sostenibili. "le prospettive del settore restano legate alle oggettive condizioni economiche, finanziarie e normative in cui si trovano a operare le banche in Italia. Questo scenario impone come obiettivo principale la stabilità del settore". L'obiettivo obiettivo per tutte le banche è tagliare i costi fissi che gli istituti si trovano a sostenere dopo la follia italiana delle filiali aumentate del 33 per cento fra il 1997 e il 2011 fino ad arrivare a 54 sportelli per ogni 100.000 000 abitanti. Una sovracapacità che ha sottovalutato le aspettative di aumento dei servizi online. Con il risultato che oggi le banche stanno chiudendo gli sportelli in perdita, cancellando contratti d'affitto affitto o vendendo quelli ancora di proprietà. Il problema è che insieme alle filiali spariscono gli impiegati. Abi e sindacati danno i numeri. Secondo la Confindustria delle banche, i dipendenti nel 2007 erano 344.688 688, nel 2013 sono diventati 320mila mila con un saldo negativo di circa 25mila mila persone. Idem per gli sportelli che nel 2007 erano 32.818 818 e nel 2013 sono diventati 31.942 942 dopo 876 chiusure. Il bollettino di guerra della Fabi parte dal 2000: negli ultimi quattordici anni gli esuberi nelle banche italiane sono stati circa 48mila mila, a cui se ne aggiungeranno altri 19.800 800 da smaltire entro il 2020. Il totale è di circa 68mila mila bancari mandati prepensionati in venti anni. LA LOTTA, DUNQUE, va avanti: "La politica del no, attuata fino a oggi, produrrà nuovi scioperi e nuove manifestazioni, se entro due settimane le banche non cambieranno radicalmente atteggiamento", promette Sileoni. Cam. Con.
L'ECO DI BERGAMO sabato 31 gennaio 2015
 
Banche, quando lo sciopero fa il pieno Per i sindacati, in provincia chiuse 95 filiali su cento. Adesione massiccia: 90 %, in linea coi dati nazionali Anche 500 bergamaschi nel corteo dei diecimila che ha sfilato a Milano: «Rivogliamo la nostra dignità»
GIUSEPPE ARRIGHETTI
Hanno sfilato sotto i templi del capitalismo e della finanza italiana a cui chiedono il rinnovo del contratto e una nuova dignità. Sono i diecimila bancari del Nord Italia che ieri a Milano (in contemporanea ai colleghi che hanno manifestato a Ravenna, Roma e Palermo, altri 1 1 mila in tutto) hanno partecipato allo sciopero proclamato dalle loro organizzazioni sindacali di per protestare contro il mancato rinnovo del contratto scaduto a fine giugno e per denunciare l'impoverimento impoverimento economico e sociale a cui è andato incontro un lavoro che oggi «non è più quello di una volta» come sottolinea Mina Nava, segretario della FisacCgil Cgil di Bergamo: «Eravamo una categoria privilegiata, diciamo pure che eravamo in cima alla piramide dei lavoratori dipendenti, ma oggi non possiamo non scendere in piazza per protestare contro chi ha voluto impoverire la nostra categoria». Almeno cinquecento i lavoratori bergamaschi che hanno raggiunto Milano e, secondo il conteggio dei sindacati, in Bergamasca ieri sono rimaste chiuse 95 filiali su cento grazie a un'astensione astensione dal lavoro che ha interessato il 90 % degli addetti, in linea con i numeri nazionali, ma ben superiori a quelli registrati durante l'ultimo ultimo sciopero della categoria, risalente al 31 ottobre 2013. Paolo Citterio, del direttivo Fabi Bergamo, evidenzia: «La partecipazione allo sciopero è stata superiore alle aspettative e questo è un vero e proprio schiaffo per Abi». Dopo le due proroghe della seconda metà del 2014 è tempo di arrivare a un nuovo contratto «che restituisca la dignità professionale a questi lavoratori». Oggi un ragazzo neoassunto in banca firma un contratto di inserimento lavorativo che prevede una riduzione dello stipendio del 18 % e a fine mese arriva a 1.200 200 euro per quattro anni consecutivi. «Questi sono numeri reali - sottolinea Andrea Battistini, responsabile Fiba- Cisl per il gruppo Ubi - e oggi siamo in piazza per ricordare ai cittadini che c'è è una bella differenza tra bancario e banchiere: è tra questi ultimi che vanno cercati i privilegi». Proprio Fiba- Cisl l'anno anno scorso aveva raccolto in Bergamasca 8 mila firme per una nuova legge su iniziativa popolare che contenesse gli stipendi, i premi e i bonus milionari dei top manager «perché una redistribuzione della ricchezza è necessaria e perché la nostra categoria è arrabbiata, perché stiamo perdendo tutti i diritti e le tutele che avevamo conquistato in decenni di lotte e rivendicazioni». A chi gli fa notare che sembra il linguaggio tipico dei metalmeccanici, lui risponde: «Ma è proprio così, c'è è un drammatico riallineamento retributivo verso il basso». Mentre sfilavano nella capitale economica d'Italia Italia, diversi bancari sono stati avvicinati da persone che hanno solidarizzato con loro, ma che hanno anche commentato amaramente: «Se scioperate voi, vuoldire che siamo messi proprio male ...». Partito da via Olona, proprio sotto la sede dell'associazione associazione bancaria italiana, il corteo ha sfilato in piazza Duomo, è passato da piazza Cordusio ed è arrivato fino in piazza della Scala dove era stato allestito il palco per gli interventi. Da qui Susanna Camusso, leader della Cgil ha tuonato: «Se l’Abi non cambia idea, continueremo la mobilitazione e gli scioperi». «Puntiamo - aggiunge a questo proposito Mina Nava -, alla rimozione delle pregiudiziali: se Abi non accetta questa condizione, siamo pronti a nuove forme di protesta perché siamo - conclude minacciosamente il segretario della Fisac bergamasca - sul piede di guerra».
LA STAMPA (ED CUNEO) sabato 31 gennaio 2015
 
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO L' 80 per cento dei bancari ha aderito allo sciopero
LORENZO BORATTO
CUNEO - Quasi tutte le filiali degli istituti di credito chiuse ieri nella Granda per l'altissima altissima adesione allo sciopero nazionale dei bancari. Oltre il 90 per cento delle filiali chiuse (sono poco meno di 500 nella Granda, incluse la banche di credito cooperativo che protesteranno il 2 marzo); oltre l' 80 per cento i dipendenti che hanno incrociato le braccia (sono 2600 nel Cuneese). I dati sull'adesione adesione sono stati diffusi dai sindacati. Ieri all'alba alba un pullman è partito da Cuneo per la manifestazione nazionale a Milano dove c'era era anche la segretaria generale Cgil Susanna Camusso. Presenti decine di cuneesi arrivati nel capoluogo lombardo anche con mezzi propri e in treno. «Persi migliaia di posti» C'erano erano i rappresentanti dei sindacati provinciali Fabi (Luca Bertinotti, Marco Landra e Antonio Botta), Fiba Cisl (Francesco Gazzola, Luca Mellano, Vilma Marrone, Massimo Dotta), Fisac Cgil (Marco Del Brocco e Tommaso Bergesio) e Uilca (Giovanni Ventura). Spiegano: «Nel Cuneese ci sono state trenta assemblee di preparazione. Una grande partecipazione perché c'è è estrema consapevolezza del momento difficile del settore e del Paese. Lo sciopero è stato proclamato da tutte le sigle dopo la rottura a fine novembre, da parte dell'Abi Abi, sul contratto nazionale». Per i sindacati «è una disdetta senza precedenti in nessun altro settore: dei 416 contratti in vigore nel privato e nel pubblico, solo quello dei bancari è per ora disdettato. Ma i lavoratori chiedono certezze sul mantenimento del contratto nazionale e delle tutele collettive vigenti. Il settore in 15 anni ha perso 68 mila posti di lavoro, migliaia anche in provincia di Cuneo». Bancomat Una possibile conseguenza dello sciopero di ieri potrebbe essere la carenza di contanti nei bancomat: in genere i distributori di denaro vengono caricati il venerdì, ieri questa operazione non è stata fatta nella maggior parte delle filiali.
LA REPUBBLICA (MILANO) sabato 31 gennaio 2015
 
La rabbia dei bancari in 10mila mila per il contratto
QUASI 10 mila bancari ieri hanno sfilato da via Olona a piazza del Duomo per protestare contro la decisione unilaterale dell’Abi di disdettare e disapplicare i contratti collettivi di lavoro, a partire da aprile. Le trattative si sono interrotte il 25 novembre e ieri i bancari hanno scioperato in tutta Italia. Con la crisi i banchieri italiani hanno continuato ad «arricchirsi», i bancari a impoverirsi, ha detto la segretaria della Cgil Susanna Camusso, che ha sfilato a Milano: «Il presidente della Bce guadagna seicentomila euro l'anno anno, i banchieri italiani 3,7 7 milioni». L’Abi ha replicato che la media per i manager è di 245mila mila euro. Secondo la Fabi l'adesione adesione allo sciopero è stata del 90 per cento, con il 95 per cento degli sportelli creditizi chiusi.
LA STAMPA (NOVARA) sabato 31 gennaio 2015
 
Banche chiuse per sciopero Adesione altissima
L’adesione è stata altissima. Secondo la Fiba Cisl, quasi l' 80% dei bancari novaresi e del Vco hanno aderito allo sciopero organizzato ieri dai sindacati. «E' un grosso risultato - rimarca Antonello Bacchetta, Fiba Cisl -. Di solito questo settore non si muove, ma l'occasione occasione era fondamentale. Non avevamo solo motivazioni legate al contratto di lavoro che Abi (Associazione bancaria italiana, ndr) vorrebbe disdettare in anticipo. Chiediamo un modello di banca più vicino alle necessità del Paese». Giovedì le sigle sindacali Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil e Uilca avevano allestito un gazebo in piazza Cavour a Novara per spiegare le ragioni del dissenso. Ieri gli sportelli erano chiusi e molti rappresentanti del sindacato novarese hanno partecipato alla manifestazione a Milano. Sul tavolo della protesta, anche il decreto legge che impone la trasformazione di dieci banche popolari in spa. Gli istituti coinvolti hanno già manifestato le loro perplessità, rimarcate da Assopopolari. La novità coinvolge anche il Banco popolare. «Era necessario? Non credo - dice Bacchetta -. In passato, esperienze del genere non hanno funzionato. La riforma allontana questi istituti, come la Bpn, dal territorio». Soddisfatto dell'adesione adesione allo sciopero anche Aldo Sebastiani, Fisac Cgil Novara e Vco: «Siamo in linea con i numeri dell'astensione astensione dal lavoro del 31 ottobre 2013. La questione contrattuale riguarda tutti, dai nuovi addetti ai meno giovani». [F.M]
MF - MILANO FINANZA SICILIA sabato 31 gennaio 2015
 
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A PALERMO PER LO SCIOPERO DI CATEGORIA - La piazza dei bancari In mille dalla Sicilia e dalla Calabria. Nell'Isola Isola persi 12 mila posti di lavoro in quindici anni. La richiesta di un contratto
di Antonio Giordano U n migliaio di bancari provenienti dalla Sicilia e dalla Calabria in piazza a Palermo per chiedere il rinnovo del contratto nazionale disdettato in maniera unilaterale dall'Abi Abi. La piazza siciliana era una delle quattro (insieme a quelle di Ravenna, Milano e Roma) che ospitavano una manifestazione nazionale per lo sciopero indetto unitariamente da Fisac- Cgil, Fiba- Cisl, Uilca- Uil, Fabi, Dircredito, Sinfub, Ugl credito e Unisin. «I banchieri si sono incrementati i loro compensi negli ultimi anni di 600 milioni l'anno anno. Per un bancario ci vogliono circa 100 anni per guadagnare quello che loro guadagnano in un anno. Come tutti quei padroni che non sanno fare il loro mestiere e ricorrono o all'illegalità illegalità o perseguono il lavoro a basso costo e senza diritti», ha attaccato la segretaria nazionale della Fisac Cgil Elena Aiazzi, al comizio di Palermo. Uno sciopero riuscito anche a Palermo con più del 90% di banche chiuse «ben oltre lo sciopero del 31 ottobre 2013». «È la prima volta che i bancari a Palermo scendono in piazza in massa, in una grande iniziativa unitaria, per sconfiggere l'idea idea di lavoro del governo e degli imprenditori, che consiste nel volere scaricare la crisi sui lavoratori», ha detto il segretario della Cgil di Palermo Enzo Campo. Un appello rimbalzato da un Sud e da una Sicilia sempre più poveri dove il divario Pil pro capite con il Nord è tornato ai livelli di dieci anni fa, i consumi delle famiglie sono crollati quasi del 13%, gli investimenti industriali del 53%, i posti di lavoro sono scesi a 5,8 8 milioni e in quindici anni si sono persi 12 mila posti in banca. «I nostri governi», ha aggiunto la segretaria nazionale, «hanno considerato le banche solo come salotti dove intrecciare affari e politica e in grado di sfuggire agli infiniti controlli che affliggono le piccole imprese o i cittadini quando chiedono un muto. O semplici bancomat a sostegno dei partiti, delle istituzioni e delle grandi imprese». E ponendo l'accento accento sul Sud dove non arrivano le vere riforme che servirebbero anche nel resto del Paese, sulla giustizia, sul fisco, contro gli sprechi e gli abusi, contro la criminalità e la corruzione, la segretaria nazionale Elena Aiazzi ha puntato il dito sulla situazione del credito in Sicilia: «Una terra, la Sicilia, per quel che riguarda il credito, che è stata oggetto di continue acquisizioni e salvataggi, necessari non certo per responsabilità dei lavoratori. Terra appetibile per la tradizionale presenza del risparmio che però raramente si è trasformato in investimenti per la regione». Le nostre rivendicazioni di bancari si sposano con gli interessi collettivi del 99% degli italiani. Ma il rimanente 1%, i banchieri, hanno spinto per trasformarci da consulenti a venditori di prodotti. Oggi la gente ci guarda con diffidenza e ciò è avvenuto in presenza di un contratto. Cosa accadrà se il contratto sarà svuotato?», ha dichiarato Gino Ridulfo, segretario della Fisac Cgil di Palermo, «saremo trasformati in una macchina da guerra a servizio solo dei banchieri e non più del Paese? Un bancario privo di diritti e tutele, debole, così come lo vogliono i banchieri, è un lavoratore asservito alla pura logica del profitto e della vendita di prodotti finanziari e speculativo». (riproduzione riservata)
IL SECOLO XIX (GENOVA - ALTRE 4 PAGINE) sabato 31 gennaio 2015
 
Banche, lo sciopero chiude il 95% degli sportelli I sindacati: altre proteste se i banchieri non cambiano linea
NICOLA CAPODANNO
 bancari scendono in piazza per il rinnovo del contratto e la Camusso detta la linea: «Se l’Abi non cambia idea continueremo la mobilitazione e gli scioperi». A poco più di un anno dal primo sciopero che ha sancito la rottura delle relazioni tra banchieri e bancari - per oltre dodici anni senza scossoni - la tensione tra le parti si mantiene alta e la distanza dall'accordo accordo ancora netta. Da una parte, quindi, i sindacati che dicono "no" a nuovi tagli del costo del lavoro, in particolare sulle spalle dei giovani, e dall'altra altra l'associazione associazione di piazza del Gesù che ribadisce la necessità di cambiare il modello di "fare banca" alla luce della violenta caduta dei ricavi registrata in questi anni di forte crisi. Ma per sindacati e lavoratori la verità è un'altra altra: i banchieri hanno continuato ad arricchirsi anche in questi anni e chi sta pagando il conto sono loro. E per questo la risposta dei "colletti bianchi" allo sciopero e alle manifestazioni è stata «massiccia», come hanno ribadito in coro i rappresentanti che hanno promesso altre giornate a braccia incrociate se l’Abi non cambia il tiro. Tirando le somme sono scesi in piazza, secondo gli organizzatori, circa 30.000 000 bancari nelle città di Roma, Milano, Palermo e Ravenna (città di provenienza del presidente dell'Abi Abi, Antonio Patuelli), registrando complessivamente l'adesione adesione allo sciopero del 90% dei 300.000 000 lavoratori e il 95% degli sportelli chiusi. A guidare i bancari per le vie di Milano, città simbolo di banche e finanza, è stata dunque la leader della Cgil, Susanna Camusso, al fianco del segretario della Fabi, Lando Sileoni. Chiudendo il comizio la sindacalista ha tuonato: «Il nostro lavoro non è come un derivato bancario abbiamo diritto al rispetto anche se abbiamo preso atto che questo governo» non lo fa. «Siamo in piazza e siamo tanti, ci torneremo perché il contratto è il nostro obiettivo». Sulla stessa linea il segretario della Cisl, Annamaria Furlan: «L’Abi non faccia orecchie da mercante e riapra subito il dialogo coi sindacati, nell'interesse interesse non solo delle banche ma anche delle famiglie, dei risparmiatori e dell'intero intero sistema produttivo del Paese». A promettere altri scioperi è stato anche il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo: se l’Abi non rinnova il contratto «promettiamo lotte crescenti». © RIPRODUZIONE RISERVATA
IL MESSAGGERO (ALTRE 13 EDIZIONI) sabato 31 gennaio 2015
 
bancari in piazza: «Subito il contratto o altri scioperi - `Adesione del 90% La replica: ok al tavolo ma più produttività
ROMA Oltre il 90% di adesione, con il 95% di sportelli chiusi. Esultano i sindacati promotori dello sciopero dei bancari. Ieri hanno incrociato le braccia compatti per protestare contro la disdetta unilaterale da parte dell’Abi d