Il CUG, non solo Pari Opportunità

Utente: Persepolis
22 / 3 / 2012

Intervista a Graziella Rivitti e Gilda Gallerati, del CUG del Ministero dello Sviluppo Economico
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Graziella Rivitti e Gilda Gallerati, del CUG del Ministero dello Sviluppo Economico, rispondono ad alcune domande di ‘noidonne’, in occasione del recente convegno che hanno organizzato a Roma.

Partiamo dal CUG, ci spiegate che cos’è e che funzioni ha?
Con la recente normativai CUG hanno assunto, unificandole, le funzioni precedentemente assegnate ai comitati per le pari opportunità e ai comitati preventivi del mobbing. I comitati sono formati da rappresentanti dell'amministrazione e dei sindacati.Il ruolo dei comitati è quello di vigilare sulle forme di tutela dei lavoratori e delle lavoratrici, garantendo l'eliminazione di qualunque forma di violenza morale o psicologica e di discriminazione, ma anche favorendo l'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, attraverso la realizzazione di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunità e benessere organizzativo.

Qual è la norma che prevede il CUG?
Il Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni è previsto dall’art. 21 della legge 4 novembre 2010 n. 183 e regolamentato dalle ‘Linee Guida sulle modalità di funzionamento dei Comitati Unici di Garanzia’ emanate con Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del 4 marzo 2011 del Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’innovazione di concerto con il Ministro per le pari opportunità, recante ‘Linee guida sulle modalità di funzionamento dei Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni’.

L'incontro del 7 marzo è stato da voi organizzato e si è svolto nell'ambito del mese diiniziative 'L'Europa è per le donne' ospitate nella sede romana del Parlamento Europeo. Con il titolo 'Donne per la comunicazione' e i numerosi interventi su una gamma di argomenti intorno all'immagine della donna, quale è stata la filosofia che vi ha guidato nella progettazione dell’incontro?
La filosofia è stata quella di percorrere, attraverso storie collettive ed esperienze personali, le presenze femminili nell'arco di tempo vissuto da 5 generazioni, dalle prime impiegate del settore postale, fino alle giornaliste ed artiste-performer contemporanee, per mostrare le donne come soggetto attivo e le donne come rappresentazionedell’immaginario maschile e collettivo.Abbiamo visto e commentato le immagini che contribuiscono alla creazione dello stereotipo della figura femminile ed abbiamo cercato di capire in che modo i media possano determinare la costruzione di modelli femminili che non ci appartengono per diritto di nascita.In particolare si è analizzato il tema della comunicazione femminile declinato nelle forme di espressione sia artistica che informativa la cui penetrazione culturale incide nella rappresentazione dell'immagine della donna nella società reale contribuendo alla creazione degli stereotipi.

Qual è la vostra opinione sull'immagine della donna, oggi, in Italia?Da tempo abbiamo assunto una posizione decisamente critica ed è per questo che abbiamo fortemente sostenuto la campagna dell'Appello Donne e media, prima avviata sul web e finita con la proposta di 13 emendamenti al contratto di servizio Rai che sono stati recepiti in toto. Tuttavia è necessario redigere un codice di autoregolamentazione per una migliore rappresentazione dell'immagine femminile (determinante linee guida per il sistema dei media nel suo complesso) su tutti i media, come già altri paesi europei hanno fatto. Quindi con istituzione di un organismo che vigili sul rispetto dei principi espressi nel codice, che dia sanzioni e conferisca premi. Solo così si potrà dare avvio ad una vera rivoluzione culturale, che ha bisogno di tempo e tante risorse.

Perché, secondo voi, continua ad esserci una divaricazione così forte tra cosa le donne italiane sono e come, invece, sono rappresentate?
In Italia nonostante l’impegno della società civile, delle associazioni che promuovono i diritti delle donne e la parità di genere, mirate a sensibilizzare e contrastare comportamenti umilianti e offensivi nei confronti delle donne, la cultura dominante è ancora rappresentativa di un modello che nell’immaginario collettivo e non solo maschile, vede la donna in posizione subordinata, soggetto di tutela e oggetto di desiderio, che si declina nella valenza commerciale che utilizza il corpo della donne per vendere ogni tipo di prodotto e dove la parola economia è subordinata ad una limitata capacità creativa.
(19 Marzo 2012)