InfoAut Bnl - La nostra banca, il “mondo di mezzo” e quello “di sopra”

"Ma a rileggere le carte giudiziarie quello che colpisce di più è proprio quanto «Mafia capitale» sia e si comporti da impresa." Il Sole24ore, 7 dicembre 2014

Utente: Radisol
15 / 12 / 2014

A quanto pare anni di denunce della "casta" e di interpretazione della corruzione come deviazione etico-morale della politica non hanno dato grandi risultati. Perché? Perché le radici della corruzione non sono etico-morali bensì materiali: sono quegli stessi processi di trasformazione dell'economia, della politica e dei partiti, che sottendono alla polemica contro la casta, ad aver generato le basi su cui alligna corruzione e malaffare. 

Gli eventi di Roma non sono altro che la riproduzione, in sedicesimo e alla "de noantri", di quanto avviene con "stile" e su una scala maggiore ad un livello più alto. Chi denuncia i legami e gli intrecci tra imprenditori, politici, e burocrati pubblici a livello romano dovrebbe tenere conto che è a partire dal livello nazionale e sovra-nazionale che la politica e la burocrazia sono oggi direttamente integrate con i poteri economici privati. Senza contare Berlusconi sul cui conflitto d'interesse è quasi superfluo dilungarsi, gli ultimi governi della Repubblica sono stati diretti da uomini come Monti, Letta e Renzi e infarciti di uomini e donne i cui legami con il mondo delle grandi imprese e delle banche e con il capitale europeo e transnazionale sono arcinoti. Bilderberg, Aspen Institute, Trilaterale, ecc. sono sedi di incontro meno caserecce di quelle romane ma il principio di integrazione tra i livelli della società civile e politica è lo stesso. 

Le conseguenze sono forse legali ma di certo più devastanti, come provano le politiche di austerity europee e i vantaggi, a danno della collettività, acquisiti dalle banche e dalle multinazionali con il processo di integrazione europeo. Tra questi effetti c'è anche la trasformazione della politica e dei partiti, che da tempo non sono più organismi con una vera vita democratica interna. E per quale ragione dovrebbe averla? I parlamenti nazionali e i partiti stessi sono stati espropriati in buona parte della rappresentanza formale degli interessi della società e del processo decisionale. Le linee di politica economica, di politica estera e le architetture istituzionali vengono discusse e decise dai politici di vertice riuniti a livello sovrannazionale, che poi tornano nelle rispettive sedi nazionali e con il "ce lo chiede l'Europa" impongono le loro scelte a parlamenti e lavoratori. In questo contesto, il ruolo dei "corpi intermedi" rappresentanti delle varie componenti della società, a partire dai sindacati, non può più essere quello di prima, su questo Renzi è stato chiaro. 

E allora, se le cose stanno certamente come diciamo sopra, la domanda è spontanea : “Come mai in questa vicenda sembrano finora essere assenti proprio le banche, oltre a quei palazzinari che notoriamente rappresentano il ganglio vitale e principale dell’economia romana ? 

E perché ci si occupa, pur formulando accuse gravissime, solo di alcuni aspetti invece secondari ? Tipo le emergenze relative a nomadi e migranti, la gestione di alcuni parchi cittadini e, in misura minima alcuni aspetti di secondo piano legati ai problemi della cosiddetta “emergenza abitativa” ? 

Con questo non volgiamo minimamente sminuire la gravità di quanto ci viene rappresentato, il vergognoso regime “bipartisan” degli affari criminali venuti alla luce, la fascio/mafia alleata alla Lega Coop di stretta osservanza Pd. 

Ciononostante, come dicevamo, ci pare manchi qualcosa. Anzi manca proprio molto. 

Cominciamo proprio dalla fascio/mafia. Che a Roma esista non c’è dubbio. 

Pressochè tutti gli omicidi e le “gambizzazioni” di malavita avvenuti a Roma negli ultimi anni hanno riguardato personaggi con alle spalle storie di estrema destra. Ma il bello è che anche gli assassini ed i feritori di questi personaggi, le poche volte che sono stati individuati, sono risultati regolarmente altrettanto legati a precedenti personali dello stesso identico tipo. Così come è spessissimo capitato che personaggi dello stesso genere ed origine sono stati pizzicati con notevoli quantitativi di droga, di diamanti e/o con sofisticate armi da guerra, in un caso addirittura con una notevole quantità di materiale radioattivo. 

Ma, in tutto questo, almeno fino ad un paio di anni fa ma con conseguenze pratiche anche in tempi recentissimi ( vedi omicidio di Fanella, il “cassiere” della fascio/mafia), il personaggio-chiave non è Carminati, al quale non sono state peraltro trovate armi, bensì tale Gennaro Mokbel. 

Quello stesso Gennaro Mokbel che è stato poi “incastrato” non certo per storiacce di “malavita de strada” o per qualche pur ricco appaltuccio col Comune di Roma ma per due precisi scandali di tipo “imprenditoriale”, riguardanti due colossi dell’economia italiana come FastWeb e Finmeccanica. 

Questo signor Mokbel rientra solo di sguincio nella inchiesta “Mafia Capitale”, per un presunto tentativo di estorsione ai danni di un imprenditore stretto sodale di Carminati, estorsione peraltro sventata proprio grazie all’intervento “autorevole” del Carminati medesimo. Ma non c’è dubbio che sia stato lui, almeno fino al suo arresto, lo “snodo vero” tra la stessa fascio/mafia ed il cosiddetto “mondo di sopra”. 

Perché se Carminati si serviva dell’ex bancario, prima truffatore e poi omicida, Buzzi per agganciare a suon di tangenti e larvate minacce qualche ras locale della politica romana e laziale, Mokbel invece aveva addirittura costruito in provetta, con l’ausilio delle cosche calabresi, l’elezione, nelle file del PdL, di un proprio rappresentante politico di fiducia, il senatore Di Girolamo, eletto proprio in Calabria. 

E qui comincia ad entrarci in qualche modo pure la Bnl. Perché questo senatore Di Girolamo, guarda caso proprio con la complicità di un funzionario Bnl arrivato solo da pochi mesi da Unicredit/Banca di Roma ( e sparito solo qualche mese dopo, tanto da far pensare che in Bnl ci era venuto appositamente ) e con noti precedenti di estrema destra proprio in quel giro nazi-skin capeggiato a suo tempo da Mokbel, e per di più calabrese di origine, è riuscito a truffare alla Bnl di Roma la non modica cifra di due milioni di euro, cifra frutto di un affidamento “farlocco” al senatore e poi scomparsa nel nulla. Ma, per chi ha seguito a suo tempo la pubblicazione delle intercettazioni tra Mokbel e Di Girolamo, appare evidente che il senatore era del tutto “subordinato” al fascio/mafioso per cui c’è seriamente da domandarsi chi sia stato veramente il beneficiario di quei due milioni di euro o almeno di gran parte di questi. 

Ma certo due milioni di euro sono “robetta” rispetto ai circa 180 di un'altra vicenda. 

Ovviamente avere un senatore costruito in provetta e quindi direttamente ai propri ordini era per Mokbel e per i suoi contatti calabri un dato importante ma, in quanto tale, non bastevole. E allora di aggancio pesante, anche sempre grazie alle sue referenze calabresi, Mokbel ne aveva costruito un altro, quello con l’ex ministro dell’Interno Scajola, quello della famosa casa compratagli a sua insaputa dai palazzinari della cosiddetta P3 e quello a vario titolo spesso implicato, lui che pure è da decenni - dai tempi della Democrazia Cristiana - il ras politico di Imperia e dintorni, proprio con certi ambienti di Calabria. 

E qui c’entra invece direttamente la nostra casa madre, Bnp Paribas. 

Com’è e come non è, capita che Bnp Paribas Italia, per precipuo interessamento in questo senso proprio dello Scajola, accordi una serie di prestiti, finanziamenti, affidamenti vari ad una serie di aziende, soprattutto del ramo turistico, situate proprio in Liguria e soprattutto nella provincia di Imperia ma che hanno regolarmente proprietari ed intestatari provenienti invece dal Sud, soprattutto, guarda caso, calabresi ma in questo caso anche campani e laziali. 

Stavolta a fare precipitare gli eventi è un intervento della magistratura che, accertato il dato che si tratta di capitali mafiosi ( e guarda caso, nelle cronache locali si parlerà di ndrangheta, del clan campano dei casalesi ma anche della fascio/mafia romana di Gennaro Mokbel), sequestra alcune di questa aziende ma immediatamente dopo chiudono anche tutte quelle non formalmente sequestrate, al punto da far pensare che l’intervento imprevisto della magistratura abbia solo anticipato un più generale “prendi i soldi e scappa” che era già stato programmato sin dall’inizio. Risultato : Bnp Paribas mette prontamente “a sofferenze”, con una velocità quantomeno inconsueta secondo i canoni bancari classici, la modica cifra di circa 180 milioni di euro ! C’è poi, a latere di questa incredibile vicenda, anche il licenziamento in tronco di un dirigente Bnp Paribas, inviato come una sorta di “ispettore” sul posto a seguito dei primissimi sequestri della magistratura, che aveva in un rapporto ben preciso anche segnalate possibili responsabilità almeno oggettive interne alla banca e situate anche ai massimi vertici sia di Bnp Paribas Italia che della stessa Bnl. 

Dopo questo, pensate ancora che la fascio/mafia romana, con i suo addentellati con alcune delle mafie tradizionali del Meridione, sia solo questione degli appaltucci di Carminati e Buzzi col Comune di Roma ? E soprattutto pensate ancora che tutto questo non c’entri nulla col nostro ambiente di lavoro ? 

Ci sarebbe infatti da interrogarsi sull’arrivo in Bnl, subito dopo l’acquisto da parte di Bnp Paribas, a “colonizzare” pressoché totalmente l’allora Area Territoriale Lazio-Sardegna, di una serie di incredibili personaggi provenienti da Unicredit e precipuamente dalla vecchia Banca di Roma . Personaggi arrivati in massa al seguito dell’allora Direttore del Personale, anche lui proveniente dagli stessi lidi. 


Pur senza generalizzare, chi ha avuto a che fare per lavoro con questi personaggi non ha potuto fare a meno di notare che provengono pressoché tutti da certo “generone romano” con connotazioni ed atteggiamenti malandrineschi e spesso e volentieri anche politicamente fascistoidi. Quelli che erano infatti i tratti distintivi della “corte dei miracoli” dell’antico boss della Banca di Roma Geronzi, trapiantata in massa in Bnl dopo che avevano di fatto provocato il sostanziale fallimento della Banca di Roma. 

E si potrebbe anche parlare di una certa palestra extra-lusso in Zona Ludovisi, ora chiusa, che sembra essere stata in passato luogo d’incontro tra il “mondo di mezzo” della fascio/mafia romana e certi ambienti più “pariolini” di potere sia politico che economico. Palestra cui erano usi recarsi pressoché tutti i giorni, spesso durante il normale orario di lavoro, anche molti personaggi di quel “generone bancario” di cui parlavamo prima, magari portandosi dietro pure, per estremo senso di arroganza del potere, anche qualche proprio sottoposto particolarmente “fedele” e “lecchino”, al punto da lasciare sguarniti per intere giornate, essendo spesso assenti tutti quelli con “poteri di firma”, uffici importanti. 

E si potrebbe anche citare il dato ormai endemico, in questo caso non solo romano, di certi appalti di pulizia, facchinaggio e manutenzione degli immobili Bnl dato a ditte mai in regola con il pagamento degli stipendi e dei contributi ai propri dipendenti, a volte anche facenti parte di quel verminaio della cosiddetta finta “cooperazione sociale” che era anche quello di Buzzi e c. e, almeno in un caso, anche “carenti” dal punto di vista della certificazione antimafia, al punto di aver perso, a causa di questo, importanti appalti pubblici ma non quelli con l’universo BNL. 

E di come, episodio certamente minore ma in sé estremamente significativo, qualche palazzo e qualche struttura Bnl siano stati incredibilmente utilizzati, soltanto poco più di due anni or sono, nei normali orari di lavoro, per mettere in piedi la famosa “mega-truffa” ai danni di un migliaio di giovani disoccupati e precari, operazione truffaldina capeggiata anche in questo caso da una “stilista”, con atelier in Via Ludovisi, anch’essa notoriamente legata al giro di certa fascisteria “maneggiona” romana e laziale, alla quale era stato permesso, nell’ambito di Telethon, anche di organizzare sfilate di moda nel salone Bnl di Via Bissolati 2. 

Naturalmente tutto questo non è detto che abbia necessariamente rilevanza di tipo penale “interna” alla Bnl ed al gruppo Bnp Paribas. 

E, al di là della eventuale, ma in alcuni casi anche accertata, cosiddetta “infedeltà” di qualche funzionario o dirigente più o meno importante, la Bnl ed il gruppo Bnp Paribas nel caso ne escono, da un punto di vista giuridico/istituzionale, comunque formalmente come ipotetiche “parti lese”. 

Ma in ogni caso, questo a dimostrare, come dicevamo all’inizio, coi fatti che è il neo-liberismo, non più produttivo ma tutto finanziario e banco/centrico, imperante nella Ue ed in tutto il mondo occidentale ad essere oggettivamente in se “criminogeno”. Quando, come segnala significativamente anche la vicenda della mega/multa Usa e dei sospetti di insider trading su alcuni dirigenti francesi di Bnp Paribas, l’unico valore è il “massimo profitto” raggiunto ad ogni costo ed utilizzando qualsiasi genere di interlocutore, poi è normale, in un paese con tare ataviche come il nostro, incontrare fatalmente anche le mafie, quelle tradizionali e quelle relativamente “nuove” come quella di cui stiamo parlando. 

Ma al di là di questa oggettiva, ma non per questo meno grave, “fatalità di sistema” più complessiva e riguardante tutti gli ambienti in cui girano molti soldi, quindi ovviamente per primo l’ambiente bancario più in generale, sembrerebbe però che da queste mafie, nello specifico della nostra banca e del nostro gruppo, ci siamo spessi fatti “ledere” con estrema facilità, a volte anche con un qualche oggettivo compiacimento. 

15 Dicembre 2014

InfoAut_BNL Redazione