Il concorso per comici, imitatori, cabarettisti, attori e gente comune, che si esibiranno recitando un capoverso della poesia di Beckett 'Peggio tutta' tradotta in latino e imitando papa Ratzinger.

Peggiotutta

la performance ideata dall'artista Mauro Folci, il 5 novembre alle h. 19, a Roma presso il MLAC Museo Laboratorio di Arte Contemporanea della Sapienza

Utente: ondina
29 / 10 / 2009

Il concorso Peggio tutta ha chiesto ai concorrenti: comici e imitatori, cabarettisti, attori e gente comune, di esibirsi recitando un capoverso a scelta della poesia di Beckett 'Peggio tutta' tradotta in latino, imitando papa Ratzinger. La performance al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea de La Sapienza consiste nella gara dei sei finalisti selezionati da una giuria che ha valutato le proposte pervenute a partire da luglio, quando il concorso è stato ufficialmente bandito con la pubblicazione in rete. I partecipanti hanno presentato il loro progetto in formato video oppure con una descrizione scritta dettagliata della loro performance nel sito dedicato al concorso ( www.peggiotutta.it).

La scelta dell’Università de La Sapienza quale sede della serata finale del concorso, non è casuale, ma si riferisce all’episodio dello scorso anno, quando il Papa rinunciò a parlare all’Università in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, a causa delle contestazioni di alcuni professori e studenti che cercavano di difendere la laicità dell’istruzione universitaria. La questione della caduta dei valori e della perdita della fede è cara al pontefice, che avrebbe voluto riproporla anche in occasione del suo intervento alla Sapienza. Successivamente, in occasione della «messa crismale» il Pontefice insistendo nella sua interpretazione in senso nichilista del nostro tempo, ha accusato Nietzche di essere il responsabile della perdita dei valori, indicandolo esplicitamente come il filosofo del male. Solo una lettura superficiale dell’opera di Nietzche può giungere a questo tipo di conclusioni, che confondono l’analisi del nichilismo con la sua causa. Sia il Papa che Nietzche infatti sono concordi nel considerare la società attuale come desacralizzata. In Così parlò Zarathustra troviamo la conferma di questa convergenza nel brano dedicato all’incontro tra i due ( A riposo, parte IV): “ Che cosa sa oggi tutto il mondo? chiese Zarathustra. Forse, che il vecchio Dio, cui un tempo tutto il mondo ha creduto, non vive più?”. “L’hai detto, rispose il vecchio mestamente. E io ho servito questo vecchio Dio fino alla sua ultima ora. Ora però sono a riposo senza padrone, eppure non libero e nemmeno ho più un’ora di gioia, se non nei ricordi”.

Se Ratzinger ritiene che i solidi valori della fede e dell’obbedienza possano riscattarci dalla malattia nichilista, Nietsche invece nella sua analisi genealogica del pensiero occidentale rileva che i valori del Cristianesimo sono la causa principale della decadenza. Pur nella frammentarietà della sua esposizione, il filosofo lascia spazio ad un pensiero positivo, che si è soliti denominare come nichilismo attivo per contrapporlo al nichilismo passivo che è quello che si rifugia nel ricordo. È nota la triplice metamorfosi dello spirito descritta nello Zarathustra: come lo spirito diventa cammello (o asino), e l’asino diventa leone, e infine il leone fanciullo. Questa metamorfosi condensa l’analisi nietscheana: solo dopo che l’asino, portatore del peso di tutti i valori cristiani, si è trasformato nel leone che invece li critica e li calpesta, allora può emergere il fanciullo, ossia il super-uomo, che rappresenterebbe una nuova multiforme rivalutazione dell’esistenza, libera da ogni pretesa di verità assoluta, capace di danzare sull’assenza di fondamento e che fa del gioco, del dono e della creatività i suoi nuovi valori. Nietzsche “paziente, diagnostico e terapeuta del nichilismo” non ci propone altro che di accettare il rischio e la fatica di dare un senso al caos del mondo svuotato dalle antiche certezze. Se nella performance peggiotutta Nietsche è sostituito da Beckett è perché i suoi personaggi esplorano in profondità il non senso dell’esistenza. Non c’è in Beckett un super-uomo, e neppure una prospettiva di superamento della malattia radicale umana, piuttosto troviamo figure emblematiche in cui la soggettività si svuota attraverso una pratica decostruttiva, fino al limite massimo espresso in Film, dove addirittura il personaggio tenta di annullare definitivamente la percezione di se stesso.  Tutti i personaggi di Beckett sono all’insegna dell’esaurimento: si esaurisce la parola, si esaurisce la voce, si esauriscono le immagini ed i gesti, e questo percorso è un tentativo di trasportarci verso la dimensione pre-individuale e pre-linguistica dove la potenza dell’animale umano si manifesta in tutta la sua apertura, e cioè nell’im-potenza. La condizione che ci prospettano i personaggi beckettiani è quella dove l’annullamento di ogni determinazione, di ogni bisogno, preferenza o scopo si fa paradossalmente preludio alla massima potenza. Il cortocircuito tra Papa ratzinger e Beckett  si gioca proprio su questa questione, tra il determinismo espresso dalla religione di cui è capo, secondo cui tutto è determinato compresa la fine, e l’indeterminatezza o genericità del carattere umano che invece può generare ogni possibile.

marta roberti