Ricominciamo da quattro

Alfonso Mandia

14 / 6 / 2011

Dopo una giornata in giro per lavoro senza sapere niente, con un fascione del comitato dell’acqua pubblica in bella vista dietro al parabrezza, che non ho voluto tirar via fino a quando non ho saputo della vittoria, arrivo a piazza della Bocca della verità, dove i comitati han deciso di festeggiare, in crisi d’astinenza da notizie sull’andamento del referendum. Aggancio una giornalista che ha appena finito di registrare un’intervista ad un arzillo vecchietto avvolto da una bandiera no nuke a mo’ di mantello, ce l’abbiamo fatta?, eccome, cinquantasette per cento, il referendum è nostro, la lega è incazzata nera, glie l’abbiamo data bella forte, la scoppola. Resisto alla tentazione di abbracciarla e baciarla, non mi par d’uopo, data la nostra scarsa conoscenza e il mio aspetto non proprio da bravo ragazzo, così mi butto in mezzo alla folla, la piazza è già quasi piena, dal palco una militante dà le cifre quasi definitive ma ancora parziali, gli interventi si susseguono uno via l’altro, a nessuno pare vero che si sia rialzata la testa così, all’impronta, tutti insieme, ventisette milioni di italiani resistenti in un paese affogato nell’egoismo, nel razzismo, nell’ignoranza, nell’abbrutimento quotidiano e collettivo che sembrava destinato ad andare a fondo peggio del Titanic, un cinquantasette per cento di teste pensanti che ha inchiodato l’asticella dei “no” per tutti e quattro i quesiti a quota novanta per cento, decimale più decimale meno. Si respira aria di festa come non succedeva da tempo immemore, è una splendida giornata di sole, ci si abbraccia, e i noncipossocredere van via come l’acqua che ci siamo ripresi, appunto. Con il cinquantasette per cento in tasca ci si può permettere lo sbraco preventivo, tanto per riscaldarsi e prepararsi al grande festeggiamento che tutti indistintamente sentiamo di meritarci. Alle sei e dieci la ragazza, con un sorriso che sarebbe da incorniciare per poter dire “io c’ero” urla a pieni polmoni il dato definitivo. Cinquantasette per cento di votanti e novantotto per cento di “no” su tutti e quattro i quesiti, e la piazza esplode, letteralmente. Parte “Bella ciao” dei Modena City Ramblers ed è uno tzunami di gente che batte le mani, balla, urla di gioia ed alza il pugno, finalmente, abbiamo vinto, ce l’abbiamo fatta contro gli speculatori, il silenzio tombale dei media, il boicottaggio di governo e partiti, la sfiga, Berlusconi, Minzolini e il caro benzina, abbiamo vinto contro tutto e tutti, ognuno facendo la sua parte, nel piccolo o nel grande non importa, conta soltanto essere qui a godersi quella che potrebbe davvero essere la nostra piazza Tahrir. E già che ci siamo dopo “We are the champions” dei queen un saluto ce lo fa anche Nino Manfredi, e le note di “Tanto pe’ canta’” dilagano, si espandono, si prendono la piazza e la città, mentre salgono sul palco gli eroi di “ipazzisietevoi.org”, che per un mese si sono rinchiusi in casa seguendo alla lettera il protocollo di emergenza nucleare e vengono salutati come astronauti appena rientrati da una missione su Giove, è bello rivedere il sole, urla uno di loro nel microfono, e giù applausi a non finire, la piazza li incorona eroi. Persino nella tana del Sultano, ad Arcore, il quorum ha toccato quota cinquantacinque per cento, una Caporetto, per i politicanti, un trionfo per il popolo.

L’ultima cosa che vedo prima di rimontare in sella al mio fido destriero quattro tempi è una ragazza con un cartello che dice “Berlusconi, t’abbiamo fatto un quorum così”.

Già,, gli abbiamo fatto un quorum così, e non soltanto a lui, ma anche alle insopportabili Marcegaglie, agli impresentabili Caltagironi, ai nostri squallidi e ipocriti politicanti e a tutti quelli che pensavano di far di noi carne da macello concedendoci la visione di qualche culo tondo e una manciata di telefonini ultimo modello. A tutti costoro abbiamo detto chiaro e forte che se pensano di poter mettere all’asta le nostre vite e il nostro futuro dovranno sputar sangue sette giorni a settimana sulle ventiquattr’ore, e ancor più chiaro e forte gli abbiamo detto che venderemo cara la pellaccia.

E quanto, cara, non lo posson neanche immaginare.