Mancano gli aggettivi per descrivere l’abiezione di chi riesce a pensare e a compiere un gesto così devastante
Brindisi,
19 maggio 2012, ore 7,42: la prima volta di un attentato davanti ad una
scuola ha lasciato attonito un intero Paese. La democrazia italiana,
perennemente in bilico, doveva subire anche questo sfregio. Vigliacchi,
assassini, depravati. Mancano gli aggettivi per descrivere l’abiezione
di chi riesce a pensare e a compiere un gesto così devastante. Sono
inadeguate le parole per dire l’orrore del gesto e il dolore della
famiglia di Melissa, la studentessa sedicenne uccisa dall’esplosione.
Pochi minuti più tardi, e all’Istituto ‘Francesca Morvillo Falcone’
sarebbe stata una carneficina nel piazzale gremito di studentesse.
Ragazze anche le cinque ferite gravemente, e per fortuna in pericolo di
vita. Accanto alla macabra simbologia di un ignobile atto criminale si
aggiunge un elemento, quello di genere, che entra con forza
nell’inquietante scenario. In primis c’è la concomitanza con
l’anniversario della strage mafiosa di Capaci e poi c’è la scelta di una
scuola, luogo deputato alla costruzione del futuro poiché accoglie e
coltiva le giovani menti. Ma non è una qualsiasi, bensì un istituto
impegnato contro la mafia, a partire dalla donna cui è intestata,
Francesca Morvillo Falcone, della quale ha onorato la memoria anche
vincendo un premio con uno spot sulla legalità. Non basta ancora: è una
scuola dove si forma al lavoro, dove si insegnano mestieri che possono
dare libertà in una terra di disoccupazione e che prova a reinventare un
tessuto economico. Contro le mafie e l’illegalità c’è di più e di molto
concreto, in quella terra: l’utilizzo delle terre confiscate alla
malavita organizzata e restituite alla produzione e alla vita. Un
attentato vile che, altra concomitanza simbolicamente significativa, si
consuma nel giorno in cui per Brindisi (e per Mesagne, il paese di
Melissa) transitava la carovana di Libera, l’associazione contro le
mafie. Libera, che lavora soprattutto nelle scuole perché ripone nei
giovani la speranza di costruire un futuro nella legalità, perché le
mafie “temono più la cultura che la giustizia”, come ha ricordato Don
Luigi Ciotti. Eccolo l’altro simbolo da colpire: la scuola, l’educazione
e la cultura come barriere all’avanzare dell’ignoranza che invece è
l’indispensabile brodo di coltura dell’illegalità. L’unica reazione
possibile a questa strategia della paura è chiedere più democrazia e più
diritti, soprattutto per le donne. Perché non sfugge che il bersaglio a
Brindisi è stato anche il femminile, quale ulteriore segno autoritario e
di barbarie. Questo tradimento della convivenza civile ha scelto nuove
modalità per manifestarsi e nuove devono essere le possibili
interpretazioni. E quella di genere deve entrare nel novero di questi
sguardi per non perdere di vista, davvero, nessuna possibilità di
trovare i colpevoli e i loro veri obiettivi. Da donne, mentre
abbracciamo sua madre, invochiamo tutte insieme giustizia nel nome di
Melissa. Perché come donne respingiamo il tentativo di spezzare, insieme
alla sua giovane vita, le nostre speranze di un futuro buono, di cui
autoritarismo e violenza sono nemici.
(04 Giugno 2012)
(04 Giugno 2012)