Dopo Matrix, V per Vendetta. Dopo V per Vendetta, Roma Città Aperta. E niente supercazzole: quello che è successo il 14 Dicembre non è un piano e nemmeno un'impronta obbligata sul futuro: è una prospettiva dell'hic et nunc, una polemica di dignità.

14/12 : "Usa la Forza", dicevano i maestri Yoda e Monicelli..

16 / 12 / 2010

Nella democrazia di mercato,  il 14 Dicembre è crollata una prospettiva: quella che ci vede acquiescenti, officianti, ossequiosi.

L'Europa brucia, una soglia è stata passata, e noi ci sentiamo addosso questo passaggio. Tre generazioni non sono più disposte a fare da pile umane connesse ad una grid perfetta (beh, poi..).

Matrix l'abbiamo visto anche noi, e ci siamo procurati per tempo la pillola rossa. E poiché non crediamo nel copyright, la riproduciamo liberamente. Questa è la nostra Forza.

Non solo, ma poiché la cultura vera non è una costante e sublime ricapitolazione, ma un eretico, ironico, pervicace e bastardo (s)mash-up, dentro a Matrix ci innestiamo Alice nel paese delle meraviglie, e follow the white rabbit diventa il nostro corri con il bianconiglio ribelle che fracassa l'orologio del comando e sfugge all'arbitrio della regina di cuori.

Signori, è l'ora giusta.

È l'ora giusta perché, si sa, dopo Matrix c'è V per vendetta: "if you feel as we feel, if you see what we see, if you would seek we would seek, join us and together we shall give them a fourteenth of December that shall never, ever be forgot."

Abbiamo avuto pazienza, molta pazienza, come si conviene ed è giusto sul teatro della democrazia. Ma quando essa diviene invece lo strumento dell'imposizione feroce e il comando si srotola nell'osceno, ebbene essa è anche lo spazio del tumulto.

Ci pare che non sia per colpa nostra. Prima abbiamo tentato di tutto. E, comunque, il tumulto non è cosa che qualcuno decida: è cosa che accade, per accumulazione, perché "il populo desidera non essere comandato ne' oppresso da grandi".

È un fatto soggettivo, la pazienza, non c'è dubbio. Molti l'hanno persa, e sembra loro di averne avuta abbastanza.

Del resto, quando vengono bruciati sui mercati finanziari centinaia di miliardi che non erano mai esistiti nella realtà e si chiede a noi tutti di rimettere al loro posto dei miliardi veri, pagati con le nostre vite che di austeritygià ne hanno abbastanza, come si potrebbe averne ancora?

Chi non è d'accordo, sarebbe così cortese da voler proporre un orizzonte possibile, una linea d'ombra che la dignità proprio non può passare? O non ne esiste forse nessuno? Dovremmo veramente essere disposti a tutto?

Ci si dice “non più”. Bene: come si fa se continuiamo ad essere invece costretti a tutto?

Il collegato lavoro è abbastanza? Quando le scuole e le università saranno, passo dopo passo, finalmente privatizzate – come vuole l'impegno Europeo nel WTO – sarà abbastanza? Quando l'acqua e ogni bene comune sarà finalmente e totalmente privatizzati sarà abbastanza? Il 38% di spesa pubblica per la sanità re-diretto verso i privati è abbastanza? La prossima “manovra correttiva” sarà abbastanza? Altre risate al prossimo terremoto saranno abbastanza?

Quando lo sarà? How many roads must a man walk down, How many years can some people exist before they're allowed to be free? How many times must a man look up, before he can see the sky?

Noi non siamo disposti a to be blowin' in the wind.Vogliamo saperlo prima di firmare, scusate se questa è maleducazione.

Altrimenti, we can't get no satisfaction, 'cause we try and try and try and try.. e la gente come noi non molla mai.

L'Europa brucia, ma non siamo stati noi ad appiccare il fuoco. Solo dei pazzi lo farebbero, invece di godersi la vita. E noi non siamo pazzi. Noi no.

Noi siamo quelli che vorrebbero tanto godersi la vita e basta, e che tutte e tutti potessero farlo, con pace e giustizia, con dignità e autonomia, potendo guardare in alto, per immaginare il proprio futuro, invece che rimestare in basso per cercare di inventarselo, di strapparlo.

Senza dover comprare sé stessi pezzetto per pezzetto, ogni giorno, o restare senza.

Ci sono altri cui invece piace comandare, determinare, costringere, ingabbiare, fare profitto ad ogni costo. Si inventano narrazioni nelle quali c'è una sola via, senza alternativa (TINA, per gli amici). Per provarlo distruggono tutto ciò che è diverso, tutto ciò che è altro. Impediscono ogni evasione.

Possono farlo perché hanno gli eserciti, le bombe, i fucili, i manganelli, i blindati. Hanno i parlamenti, che ratificano e recepiscono direttive e comandi che provengono sempre da altri luoghi.. la commissione europea, il wto, l'fmi, la banca mondiale, la supercazzola (amici loro).

Luoghi dove stanno sempre loro, sotto forma di governi che dialogano con i tavoli tecnici a cui siedono i rappresentanti delle multinazionali e dei grandi operatori finanziari, così possono raccontarsi per bene quali editti occorre emanare a cascata nel grande regno della democrazia planetaria di mercato. Alcuni assumeranno forme di leggi democratiche, altri forma di bombe e pallottole.

Spesso si scambiano anche il posto, come quel tal Pascal Lamy che da commissario per il commercio della UE è diventato direttore del WTO. Guarda caso.

Hanno (producono) le leggi che permettono o addirittura incentivano tutte le crisi del mondo, salvo poi dispiacersi per il poco stile. Hanno quelle permettono a chi deve 800 milioni al fisco di pagarne 80 (perché è un vantaggio per tutti, si intende) ma che costringono i precari con la partita iva a pagare tutto subito anche se i committenti (lo stato, per esempio) non hanno pagato. Bizzarrie.

Hanno le leggi che dalla sera alla mattina fanno di ciò che è pubblico un patrimonio privato (le ferrovie, le municipalizzate, l'acqua..): sono centinaia d'anni che ci tormentano con queste appropiazioni originarie imposte con la violenza, ché altrimenti sarebbero dei poveracci.

Eccetera. Viene anche un po' di nausea a riscrivere queste cose per l'ennesima volta - un po' approssimativamente, anche, ce lo si perdonerà - a vedersele srotolare davanti come un boa constrictor che ti soffoca, insidioso, strisciante. E anche abbastanza vigliacco.

Si affida alle leggi che trasformano la tua vita privata in una clava pendente sulla tua testa, la istituiscono in un reato per il quale la sentenza informale è troppo spesso la morte, eseguita per la strada, nelle caserme o nei CPT.

Basta, che nausea.. tutta questa pace, questa giustizia. Tutta questa democrazia: ne parlano un sacco, quando scendiamo in piazza. Dove finisce gli altri giorni?

Nelle risate durante la notte del terremoto de L'Aquila e nella protezione civile che le ha santificate, “ma anche” nei rifiuti che il sud attira come una calamita(à).

Il capolavoro finale, la garniture d'eccezione: distruggere la scuola e le università, lentamente, come descriveva Calamandrei, per evitare che le nuove generazioni abbiano vita troppo facile nel mettere in fila i saperi necessari per capire che questo presente non è il migliore dei mondi possibili e non è nemmeno un fatto naturale. Per evitare che la cultura produca conflitto (visto il contorno, a cos'altro dovrebbe condurre?), è meglio procurarsi ignoranza (spesso sotto forma di redditizi saperi/addestramenti ultraspecialistici) , ché la sottomissione poi segue più facilmente.

Però, alla fine, noi siamo quelli che dovrebbero reagire con calma, dignità e classe, altrimenti - se spingiamo sui blindati che sbarrano la strada e poi li assaltiamo quando vogliono metterci sotto - siamo violenti e non democratici. È interessante. Per uno/a psichiatra, intendo, o per un/a criminologo/a.

Intanto io parlo al plurale, perché ero in piazza del popolo, e lì c'era un plurale maiestatis. È indifferente chi ha fatto cosa, c'era un idem sentire di migliaia di persone, ed un idem praticare, come non si vedeva da anni.

Il fatto è che noi reagiamo con classe da sempre. È la nostra prima opzione, perché noi abbiamo classe. Lo siamo addirittura. Lo nacquemmo. E, soprattutto, la scegliamo.

Noi reagiamo pure con calma. Chi vuole ignorare la mole impressionante di scritti, libri, pensiero che abbiamo collettivamente prodotto nei decenni, faccia pure. È ridicolo, ma faccia pure con la faccia che c'ha.

Noi reagiamo pure con dignità, quando facciamo il train-stopping per fermare i trasporti di guerra o quando invadiamo allegramente le basi militari in costruzione per piantarci alberi, quando occupiamo le università per reinventarcele con l'autoformazione, quando raccogliamo un milione e mezzo di firme per il referendum sull'acqua e quando, con qualche perplessità, non diamo fuoco a tutto se ci informano, con una battuta arrogante, che non avremo mai – m.a.i. – la pensione.

Noi reagiamo con dignità ogni mattina quando ci troviamo di fronte alla giungla della precarietà, totalmente legale e selvaggiamente violenta. Con molta dignità, anche quando qualcuno ci viene a dire che sostanzialmente è colpa nostra perché siamo stati “disposti a tutto”. Costretti, forse, disposti mai.

Siamo precari: ancora prima che nelle condizioni di vita lo siamo nelle prospettive autolimitate e nei desideri disciplinati. Abbiamo deciso di smettere e di respirare orizzonti.

Siamo precari nel nostro essere frammentati, separati, atomi isolati in competizione ringhiosa e collisionale, assediando la tavola da cui cadono pigramente frammenti discontinui di reddito, che, a causa del vizio di mangiare, siamo costretti a barattare con diritti e dignità.

Ad obbligarci a questo è un'intera costruzione sociale che ci avvolge come una tela di ragno, con una trama in cui l'unica razionalità è il mercato: truccato più che libero, ma comunque tale per cui la vendita e l'acquisto sono i principi regolatori di ogni fatto umano.

La crisi, che non è nostra ma degli architetti di questa trama, è la sostanza vischiosa che viene usata per incollarci definitivamente ad essa, per frenare con la violenza del ricatto ogni spinta centrifuga, ogni evasione. Abbiamo deciso di smettere e di essere Uniti Contro la Crisi.

Arriva un punto, alla fin fine (anzi, ad un nuovo inizio), che ci rendiamo conto che quello che nella storia abbiamo ottenuto è quello che ci siamo presi, sempre, alle volte tagliando teste, alle volte imponendo un'agenda politica a chi ne aveva una specularmente opposta, come oggi. Abbiamo finito con la costituzione, lo statuto dei lavoratori e i diritti di cittadinanza. Nessuno ce li ha regalati spontaneamente.

Si dirà che erano adatti a società fordiste e che oggi sono anacronistici. Ebbene, allora oggi ci prenderemo, per tutt@, qualche post-altro, adatto a società post-fordiste. Dov'è lo scandalo?

Oltretutto ci sta bene, di morire fordisti inchiodati alla croce dello stesso lavoro per tutta la vita non avevamo voglia.

Diciamo chiaro una cosa: a nessuno piace rischiare la propria testa e la propria libertà in una rivolta. Non ci piace perché dentro la testa abbiamo idee splendide e immagini del futuro, perché il nostro corpo ci serve per goderci la vita e condividere i giochi e la gioia, per fare l'amore e per vedere il mondo.

È molto meglio quando si riesce ad ottenere un'espansione dei diritti e a difendere dal mercato i beni comuni e la dignità usando altri strumenti. Ci mancherebbe.. per conquistarli è stata fatta, con i fucili, una Resistenza. Mica supercazzole.

Però, che diamine, non siamo sudditi e quando il potere viene usato in modo tanto violentemente oltraggioso come oggi abbiamo il diritto – e anche il dovere – di dire: adesso basta! Di dirlo, e di praticarlo. Non ci sembra uno scandalo.

Siamo gli stessi che hanno anche dimostrato pazientemente e pacificamente, che hanno prodotto documenti, riflessioni, assemblee, video, invenzioni. Non è un po' indegno pretendere adesso che le migliaia che erano in piazza il 14 dicembre e che non hanno accettato il divieto di arrivare ai palazzi del potere per assediarli con la propria indignazione, fossero stati sempre invisibili altrove, nascosti a covare oscuri rancori?

Siamo gli stessi. Non tutti, ma gli stessi.

Chi parla di “cento teppisti” probabilmente si riferisce a chi era dentro a Montecitorio. In questo caso sono d'accordo.

Il resto era una legittima rabbia che proprio non ha potuto essere repressa, non questa volta:

We declare our right on this earth to be a man, to be a human being, to be respected as a human being, to be given the rights of a human being in this society, on this earth, in this day, which we intend to bring into existence by any means necessary (Malcom X).

“Con ogni mezzo necessario” non significa con qualunque mezzo. Non significa che abbandoniamo la nostra intelligenza, la nostra creatività, la nostra cultura, l'amore per la vita e la democrazia. Non significa che siamo vittime di riflessi pavloviani né di coazioni a ripetere né che non impariamo nulla dal passato. Lo sappiamo che loro hanno gli eserciti nelle strade e i tribunali. Lo sappiamo che abbiamo bisogno di essere in tanti e sappiamo anche, però, che abbiamo bisogno di essere determinati e di abbandore il ricatto, di riconoscerne la violenza (questa si, vera).

Intanto significa che il 14 dicembre è crollata una prospettiva: quella che ci vede acquiescenti, officianti, ossequiosi. Il messaggio è semplice e diretto: la nostra vita non è a disposizione, non siamo disponibili all'oltraggio, non siamo disposti a cadere nel baratro, piuttosto lo saltiamo. E l'unica soluzione è imporre alla politica dei palazzi di riaprire gli spazi della democrazia e di irrompervi ricostruendo una legalità che riprenda qualche briciola dello spirito costituzionale: non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza dignità, non c'è dignità senza diritti né senza beni comuni.

Da oggi abbandoniamo la paura, la timidezza di “usare la Forza”. La nostra Forza non è militare: quello che è successo il 14 Dicembre non è un'impronta obbligata sul futuro. È una polemica di dignità.

 Non è detto che in ciò tutto sia lineare, non contradditorio, e neppure comodo ed educato. Ma non lo è nemmeno l'alternativa del “non c'è alternativa”.

Semplicemente, si deve riconoscere che arriva il momento – come scriveva Don Milani, che apposta citiamo (facendo uno (s)mash-up di cui alcuni si scandalizzeranno) perché diverso eppure così tanto simile che oggi con lui saremmo Uniti Contro la Crisi – arriva il momento in cui bisogna

avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni.

E questo non per instaurare fantasmagorici regimi di violenza generalizzata. Semplicemente per ritornare alla democrazia.

Perché, si sa, dopo Matrix e V per vendetta, c'è Roma città aperta.

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