Una fortezza
come il CIE è intollerabile.
Dieci anni di denunce, inchieste,
attivismo, interrogazioni, rapporti di ogni tipo hanno reso evidente,
se potevano esserci dubbi, che si tratta di un luogo di tortura e
ingiustizia oltre ogni immaginazione.
Un luogo di totale
assenza di diritti che non è possibile tollerare in alcun modo.
Ora
il CIE di Gradisca subisce una battuta di arresto, grazie
all'ennesima rivolta dei migranti che ne hanno messo in ginocchio la
capacità operativa bruciandolo e distruggendolo dall'interno.
Il
CIE è ingestibile ora – o, meglio, lo sono i migranti che si
ribellano alla privazione della libertà – e Prefettura e Viminale
hanno optato per svuotarlo, spostando o espellendo i migranti
rimasti.
È un segno importante, la vittoria dei conflitti
materiali contro la Bossi-Fini, la clandestinità e i suoi apparati
praticati in primo luogo da coloro che ne sono vittime.
Chi sta
fuori del CIE ma dentro un'idea di mondo aperto e globale, dove i
diritti e la libertà degli esseri umani non possono dipendere dalla
casualità della nascita, non può e non vuole essere da meno.
Non
è chiaro se il CIE, come pare probabile, subirà in realtà un
riammodernamento e una (impossibile) “umanizzazione”: questa
ipotesi non deve avere il minimo spazio e deve invece affermarsi
senza alcuna riserva la decisione per cui il CIE non riapra mai
più.
Come per tutti i CIE e la Bossi-Fini c'è una sola opzione
possibile: chiusura e cancellazione.
È il
momento in cui le posizioni espresse da tutte le istituzioni locali,
dalla Regione al Comune di Gradisca, devono divenire realtà
concreta.
A Trieste, nel 1998 fu chiuso il primo CPT in
seguito a una mobilitazione ampia, determinata e radicale.
Il 16
Novembre, troviamoci tutti alle ore 14.30 in piazza a Gradisca per
partire in corteo verso il CIE e chiudere definitivamente anche questo, perché
non c'è alternativa possibile.
Rete FVG contro i CIE
Leggi e sottoscrivi l'appello "16 novembre. No grandi opere - Tutti a Gradisca! Chiudere definitivamente il CIE" da MeltingPot.org