26 marzo - Una risposta in comune

23 / 3 / 2011

È possibile che un movimento pacifista degno erede della seconda superpotenza mondiale di un tempo dica qualcosa di netto su quanto sta accadendo a una notte di scafo dalle coste italiane? È possibile che un movimento antirazzista che ha fatto della battaglia contro i centri di detenzione per migranti esternalizzati nel deserto libico il cardine della sua opposizione al regime di Gheddafi scenda in campo senza allinearsi alla politica dei bombardieri franco-anglo-italiani?
Sabato prossimo è prevista a Roma una manifestazione importante, una di quelle che possono decidere una stagione politica. L'ha convocata il Forum italiano dei movimenti per l'acqua, per sensibilizzare l'opinione pubblica su una campagna referendaria che rischiava di spegnersi nel silenzio mediatico. Lo tsunami atomico giapponese l'ha poi inevitabilmente arricchita di un altro contenuto fondamentale: la battaglia contro la riapertura della stagione nucleare in Italia. Anche qui, c'è in ballo un referendum che il governo sta provando a far saltare perché ha capito che andrebbe incontro a una disfatta. Le due campagne (per l'acqua pubblica e contro il nucleare) si legano quasi naturalmente, e basterebbe questo per fare della giornata del 26 un appuntamento decisivo.
Senonché, in questa primavera densa di stravolgimenti internazionali, è esplosa in maniera dirompente e improvvisa la guerra di Libia, appendice insanguinata della breve stagione dei gelsomini che ci ha entusiasmato con le manifestazioni libertarie di Tunisi e la democrazia autorganizzata di piazza Tahrir. Non si può tacere, non si può stare con Gheddafi e nemmeno con la presunta civiltà imposta a suon di Tomahawk all'uranio impoverito. Il movimento pacifista italiano è obbligato a riflettere su una vicenda che ci coinvolge molto da vicino, per i trascorsi coloniali del nostro Paese e per tutto ciò che ci lega all'altra sponda del Mediterraneo. Non si può lasciare l'opposizione alla guerra alle argomentazioni di bassa lega che circolano pure negli ambienti di governo.
Il manifesto si candida a essere parte attiva nella discussione, a promuoverla e ospitarla sulle sue pagine, conscio che una risposta disarmata va elaborata collettivamente. Ma bisogna andare in piazza subito, e la prima occasione utile è la manifestazione di sabato prossimo a Roma. Rispettandone i contenuti e l'impostazione iniziale, e semmai colorandola d'arcobaleno. Magari scopriremo che tutti insieme si possono vincere i referendum e perfino provare ad aiutare la mai nata primavera libica senza prenderla a cannonate.