Al Rivolta di Marghera per costruire l'alternativa

23 / 1 / 2011

Un'altra società, che consente di scegliere democraticamente cosa fare e come farlo, dando a tutti la possibilità di vivere e partecipare.

Utopia? Beh, l'alternativa in atto è la governance di Marchionne, ossia – come spiega Giorgio Cremaschi - “un modello che non delinea solo un sistema di lavoro o di relazioni industriali, ma un modello di società profondamente autoritario”. In cui i supermanager che si autoregalano compensi favolosi e stock option possono ricordare che “è finita l'epoca del rimorso”, e quindi non si vergognano più delle disegualianze abissali che creano. In cui la democrazia sparisce – gli operai non possono eleggere i propri rappresentanti – perché “nell'economia di mercato non è previsto il voto” (ammissione dello stesso Marchionne in una sua intervista a Repubblica).

L'incubo presente e in marcia verso il prossimo futuro costringe perciò a vedere ogni momento di “resistenza” - operai, studenti, ricercatori, ambientalisti, antinuclearisti, difensori dei beni comuni, ecc – come parte di un unico grande movimento che va prendendo atto della necessità di un rovesciamento radicale dei meccanismi fondanti questa economia, questa società, queste istituzioni politiche. “Epoche come queste venivano chiamate ricoluzionarie in senso tecnico; perché non si può mettere d'accordo con una controparte che non vuole più trattare con noi, e quindi bisogna batterli e mandarli via”. Altrimenti ci si tiene l'incubo autoritario implicito dell'idea di governance, mutuato direttamente dalla gestione di impresa.
Il nuovo arriva da movimenti di studenti che non vogliono più “ripiegare nel solo ambito della scuola o dell'università”, hanno “colto il nesso tra la riforma Gelmini e il modello Fiat”; che vedono “la questione generazionale come una questione sociale generale”. E che quindi saranno il 28 in piazza con la Fiom perché “la nostra lotta è la stessa”.

Anche l'idea di “reddito di cittadinanza” esce dall'angolo dell'”estraneità ai problemi del lavoro”, perché “non si può pensare che invece chi lavora deve farlo magari per 50 ore alla settimana”. E quindi diventa uno dei cardini di un nuovo, possibile, welfare direttamente legato alla condizione lavorativa.
E così la questione ambientale è rivisitata come problema sociale generale, direttamente connessa con "quale produzione", con quali energie rinnovabili. Proprio mentre il ritorno al nucleare viene sponsorizzato come parte integrante di un modello centralizzato e militarizzato, autoritario in senso stretto e sottratto alla sovranità popolare.
“Uniti contro la crisi” lascia Marghera con l'intento di moltiplicare questa modalità di confronto aperto e “pragmatico” in tutta Italia. “Bisogna costruire gli strumenti per dare continuità alla mobilitazione, istituzioni di movimento, consigli; è la lezione del dopo Genova, dell'arretramento che è seguito a quella stagione”. Senza fermarsi un attimo, tenendo insieme “pensiero e iniziativa”. E con un ringraziamento particolare, caldo come un abbraccio, per il lavoro che il manifesto ha fatto su questo meeting. Insomma, per la sua “utilità sociale”. Un grazie che dovrebbe illuminare anche la via per trarci fuori dalla nostra crisi “aziendale”.

***************************************************************************************************

Due giorni di workshop per tessere altro filo alla rete intracciata da Uniti contro la crisi, il cartello costituito dopo la manifestazione Fiom del 16 ottobre scorso da sindacalisti e attivisti di movimento. Sabato 22 e domenica 23, al centro sociale Rivolta di Marghera. «L'arroganza dei poteri forti pone con urgenza la questione dell'elaborazione collettiva di un programma sociale condiviso attorno al quale disegnare un'alternativa possibile a ciò che ci è imposto dall'alto con violenza e ricatto», scrivono gli organizzatori. Di qui l'esigenza di «una nuova elaborazione politica», che sia alla base di una nuova idea di società. I workshop tematici si svolgeranno sabato, mentre domenica sarà l'assemblea plenaria a trarre le fila della discussione.

Tre, gli spazi seminariali. Il primo: «Democrazia e saperi come bene comune: verso gli stati generali della conoscenza», perchè i conflitti sociali degli ultimi mesi indicano come studenti, precari della scuola e dell'università, lavoratori della cultura e dello spettacolo, «sono diventati protagonisti di una battaglia che pone la condivisione del sapere , la sua socializzazione, al cuore dei processi di liberazione di tutti e di ciascuno». Il secondo workshop si occuperà di democrazia e beni comuni «tra crisi e cologica e riconversione produttiva, per un nuovo modello di sviluppo». Infine, democrazia e welfare, «salario, reddito, redistribuzione della ricchezza». La giornata di sabato sarà conclusa, alla sera, da un forum a cui partecipano, oltre al manifesto, Global, Alternative pter il socialismo, Carta, Liberazione, Alfabeta, Micromega e Radio Popolare Roma. Domenica invece, assemblea plenaria conclusiva.