Democrazia e beni comuni: tra crisi ecologica e riconversione produttiva per un nuovo modello di sviluppo

Rassegna completa dei materiali e conclusioni del workshop al Seminario/Meeting Uniti contro la crisi 22 e 23 gennaio 2011 Marghera.

22 / 1 / 2011

Anche di fronte all’esito del vertice di Cancun, le molteplici e spesso drammatiche forme, in cui si manifesta la crisi delle condizioni ambientali che hanno fin qui assicurato la sopravvivenza dei viventi sulla terra, non possono essere considerate un tema collaterale o addirittura marginale nella lettura dell’attacco capitalistico e della risposta sociale ad esso. La questione di una radicale conversione ecologica della produzione e dell’economia stessa è inscindibile da quelle della difesa dei diritti fondamentali e da quella della conquista di salari e redditi dignitosi per tutte e tutti. La pratica di una gestione democratica e partecipata dei beni comuni, naturali e artificiali che siano, non può che essere al centro di ogni valida proposta di alternativa sociale all’esistente e dell'apertura di vertenze territoriali per la riconversione.

LAVORI DEL WORKSHOP

CONCLUSIONI RIPORTARE NELLA PLENARIA

Ascolta le relazione curata da Ugo Mattei

Care compagne e cari compagni, c'era un vecchio broccardo latino, scusate se comincio in un modo un po' professorale, che diceva : theoria sine praxis, rota sine axis, praxis sine theoria, cecum in via, vale a dire: una teoria senza la pratica è come una ruota senza asse, pratica senza teoria, brancola nel buio.Ieri nella nostra mezza giornata, abbiamo interpretato, a mio modo di vedere, nel modo politicamente più consapevole questo broccardo.

Abbiamo avuto sulla nostra scrivania materiali provenienti da lotte reali porate avanti da compagne e da compagni del Dal Molin, di Chiaiano, dell'Aquila, di Taranto, di Marghera e dei colli euganei, tutte battaglie condotte da anni, ancor prima che la categoria concettuale del bene comune fosse elaborata.

Diversi compagni che sono intervenuti hanno detto che quando si è cominciato a parlare di Beni Comuni, si è accesa una specie di lampadina. Si è detto : “..ah, ma allora stavamo lottando per i Beni Comuni..” un po' come quel signore che parlava in prosa e non lo sapeva.

Ecco, la dimensione teorica delle battaglie che si declinano in questo paese è stata la grande assente nel ventennio del pensiero unico. Non si è stati capaci di declinare una proposta teorica alternativa che avesse gambe nella pratica, e questo è stato pagato ad un prezzo molto caro, in termini di egemonia.

In questi due giorni, credo che abbiamo percorso dei passi importanti per recuperare una dimensione egemonica ad un pensiero dell'alternativa che consenta, come è stato più volte detto, di uscire dalla crisi non da destra ma con una prospettiva ecologica. Da una crisi sistemica si può uscire soltanto con una riconversione ecologica e culturale dei nostri processi cognitivi.

I Beni Comuni, ieri, sono stati declinati in vario modo e si sono raggiunti alcuni punti fermi che credo facciano parte, ormai, del nostro patrimonio culturale e politico che potremmo spendere nelle molte battaglie concrete che ci attendono nei prossimi mesi.

Innanzi tutto i beni comuni non sono una categoria merceologica. E' stato detto molto chiaramente, è stato detto anche da Cremaschi stamattina ed è un punto estremamente importante.

Bisogna rompere il materialismo di vedere il bene comune come un oggetto materiale e tangibile perchè quello è il primo passo verso la mercificazione.

I beni comuni sono piuttosto delle pratiche, emergono nella lotta e sono tali in quanto riconosciuti tali nella lotta. Questo è molto importante. I beni comuni offrono, inoltre un linguaggio, comune, per l'appunto, che consente di ridurre a unità delle lotte fra loro apparentemente molto diverse ma accomunate da un aspetto unico: tante lotte diventano una battaglia unica, una battaglia unica che, non può essere declinata, condotta puramente in chiave di legalità, ma va declinata in chiave di giustizia sostanziale.

Questo è un punto di enorme sostanza teorica. Non possiamo riempirci la testa di categorie della legalità formale perchè la legalità formale è complice del saccheggio.

I beni comuni vanno affermati con battaglie di giustizia sostanziale e ieri mi fa puiacere che sia stata portata proprio quella di Pianura come un esempio.

Queste battaglie ci fanno dire molti NO, ci fanno dire: NO al saccheggio, ci fanno dire NO alla complicità fra proprietà privata e Stato che nel saccheggio e nella logica dello sfruttamento trova la sua vera sostanza. Però ci fanno dire anche molti SI, e questo è stato detto ieri ed è molto importante che venga ripetuto adesso. Prima bisogna dire i NO chiari, ma una volta detti i No chiari, o contemporaneamente a i NO chiari, occorre proporre dei SI. E questi SI li abbiamo, il nostro vocabolario e le nostre chiavi di lettura ci consegnano anche molti SI. Tutti prodotti da un'idea di trasformazione qualitativa del nostro modello di sviluppo. NO alla crescita, NO anche a una mera decrescita, andiamo verso la trasformazione qualitativa! La trasformazione qualitativa produrrà la riduzione dei consumi, la sobrietà ed il risparmio (e quindi se si vuole la decrescita quantitativa) come effetto spontaneo di una vita migliore. Oltre, naturalmente alla trasformazione qualitativa del modello di sviluppo occorre anche una riconversione culturale dei modi dominanti di vedere le cose. Bisogna rifiutare con una pratica militante attiva, di essere ridotti a meri consumatori e dobbiamo ricominciare a trasformarci in soggetti pienamente in possesso della nostra identità politica: siamo cittadini del mondo, non consumatori di merci globali!

I beni comuni lottano contro due obiettivi: lottano contro la proprietà privata perché vogliono la giustizia sostanziale e la democrazia e tanto la giustizia sostanziale quanto la democrazia trovano nel dominio il loro nemico. I beni comuni lottano inoltre contro le istituzioni della statualità perché i beni comuni sono istituzioni del decentramento, che generano soggettività e si nutrono di liberazione individuale. I beni comuni lottano contro la concentrazione del potere, quella concentrazione del potere tipica della società militarizzata e nucleare. Ieri è stato detto da tutti, insieme e in tutte le salse: nonostante le origini men che nobili, il referendum sul nucleare va vinto insieme a quelli sull’acqua, perchè lo sviluppo nucleare genera ancor più stato di polizia.

I beni comuni, per diventare egemonici devono anche essere declinati in un linguaggio accessibile e comprensibile, dobbiamo riuscire a parlare alle persone comuni e far capir loro che i beni comuni esistono e vanno difesi attivamente.

Ieri si è parlato di zia Titina: bisogna raccontare queste storie in un linguaggio comprensibile a zia Titina. Permettetemi di dire che per ManifestoLibri uscirà tra pochissimo, un libro che si chiama, appunto, "I beni comuni spiegati ai ragazzi", in cui, con dei bellissimi disegni di Luca Paulesu, raccontiamo ai ragazzi i beni comuni.

Altro punto che è emerso, molto importante, è che i beni comuni si declinano con prassi territoriale e localizzata ma non possono mai perdere di vista la dimensione globale, perché è nella salvezza di Gaia che noi troviamo la nostra legittimazione rivoluzionaria. Questo è un punto cruciale emerso ieri. Noi abbiamo una legittimazione forte perché siamo gli unici a declinare un pensiero che consenta a questa terra di andare avanti. Siamo contro il suicidio di massa prodotto dal capitalismo.

Allora, di fronte a questa situazione --- è stata discussa ad esempio l'idea di comune e quella  di comunità --- si è largamente concordato che il comune deve agire locale e pensare globale.

I beni comuni guardano ad un futuro “lontano”. Nelle  loro prime elaborazioni teoriche --- ieri si  sono state ricordate, per esempio, quella delle costituzioni ecuadoregne e boliviane, e ce ne sono state anche altre come quella da noi della Commisione Rodotà--- l'idea di sostenibilità, come possibilità di trasferire il pianeta, alle generazioni future è stato sempre messa al centro. Noi guardiamo lontano! non abbiamo orizzonti ridotti, come quelli di Marchionne, ai tre mesi della trimestrale di cassa. Non cerchiamo di vendere dei SUV che tutti presto si dovranno vergognare di guidare!. Vergognare! E si vergogneranno, perché già si dovrebbero vergognare adesso!

Allora, sebbene noi guardiamo in prospettiva di lungo periodo e rifiutiamo la miopia avida dei capitalisti, sappiamo di avere scadenze molto vicine che dobbiamo interpretare nella nostra quotidianità. Fra queste la prossima grande manifestazione referendaria per l'acqua, la cui data verrà decisa al Forum il prossimo sabato, che vuole essere vista non soltanto come manifestazione per l'acqua, ma come una prima grande manifestazione che si muove verso una convergenza più ampia di tutte le lotte per i beni comuni.

A questa manifestazione tutti i partecipanti al seminario di ieri hanno dato entusiastica adesione. Avremo poi altre battaglie, naturalmente lo sciopero generale indetto dalla FIOM per il 28 gennaio, che ci vedrà tutti partecipanti entusiasti. Poi il continuo, quotidiano impegno per vincere i Referendum sull'acqua. Qui occorre assolutamente svolgere un'azione capillare! Dobbiamo tutti andare a prendere per mano le vecchiette che abitano vicino a casa nostra e portarle a votare, come facevano i militanti di Obama in Nevada nei giorni decisivi per l’elezione di chi è stato un perfetto candidato ed un pessimo presidente. Queste cose vanno fatte per raggiungere il quorum nella situazione di imbarazzo democratico creata dal silenzio dei media. Bisogna andare a prendere la gente fisicamente e portarla a votare! Bisogna organizzare delle squadre che facciano questo. Non dico certo con la violenza ma quantomeno con la persuasione insistete….

Altro punto, che possiamo fare subito, e che dovremmo fare subito è andare a firmare per la proposta di legge popolare per le Ricostruzioni e le emergenze elaborata dai compagni dell’Aquila, per la quale si può andare a firmare nella stanza dall'altra parte. Sto andando a conclusione.

I beni comuni si difendono con organizzazioni politiche e istituzionali nuove.

I beni comuni non possono essere abbandonati alle istituzioni della modernità e fra queste ci sono anche i partiti politici. Questo è un tema importantissimo che è emerso: non siamo disposti più a dare deleghe! I movimenti devono essere i principali interpreti dei beni comuni, da comprendere e difendersi in una dialettica democratica libera e spontanea. Le loro istituzioni di riferimento emerse nella discussione sono la  produzione e consumo critico, l’ azione diretta di occupazione e gestione del comune, il “tumulto” creativo di nuovo ordine, il referendum, le nuove istituzioni pubbliche partecipate che stiamo elaborando. Queste sono le nuove istituzioni della politica che devono essere utilizzate per la tutela del bene comune e dei beni comuni.

Queste istituzioni nuove sono contrarie tanto al verticismo burocratico tipico dei partiti e della degenerazione della rappresentanza delegata, quanto al potere carismatico del leader.  Infatti, tanto il verticismo burocratico, quanto il leaderismo salvifico concentrano il potere, mentre la rivoluzione deve passare attraverso la diffusione del potere fino alla sua sconfitta!. Questo è molto, molto importante: occorre diffondere il potere!

Infine, compagne e compagni, i beni comuni possono forse consentire, se lo sapremo fare, di trasformare tante rivolte sparse in una vera rivoluzione. Tante rivolte stanno risvegliando già la coscienza globale dal sonno in cui siamo piombati con l'illuminismo occidentale. Abbiamo creduto di essere illuminati, eravamo, invece, oscurati dal delirio di onnipotenza.

Occorre che ci svegliamo e occorre che svegliamo tutti! E’ stato detto: il capitalismo non è morto. Solo uniti possiamo sconfiggerlo e salvarci!

Marx era figlio del suo tempo, è stato detto anche questo al seminario di ieri, e in quanto figlio del suo tempo si era fidato delle istituzioni della modernità e si era fidato, in particolare dell'istituzione dello Stato. Aveva teorizzato la necessità un passaggio nel socialismo di stato. Le cose non sono andate come dovevano andare.

I beni comuni, la piena declinazione dal basso dei beni comuni, fatta di esperienza e di prassi, rifiuta la fase del socialismo di stato e tende direttamente alla società dei beni comuni.

Ieri in fondo abbiamo dimostrato quanto possa essere attuale oggi essere comunisti.

Playlist