Su
questa rotta, ormai è chiaro, lavorano varie mafie alimentate
dall’impossibilità di attraversare legalmente i confini e dalla paura
dei respingimenti. Ai migranti non resta altra scelta che pagare
migliaia e migliaia di euro (di solito racimolati nel corso di anni),
quando possono, per affidarsi ai contrabbandieri ed evitare così di
viaggiare dentro i cassoni coibentati dei tir con il rischio di morire
soffocati, oppure legati sotto i camion, con i pericoli che, come
racconta la terribile storia di Zaher Rezai,
un simile viaggio comporta. Questa volta la composizione, il numero, le
modalità di arrivo di questo gruppo di migranti, ha costretto la
polizia di frontiera a rendere pubblico questo arrivo. Nove macchine
con altrettanti nuclei familiari, infatti, avevano cercato la mattina
del 21 giugno di sbarcare dal traghetto muniti di documenti falsi. Un
viaggio preparato nei minimi dettagli dai passeurs. Un viaggio che si è
interrotto al porto.
Pubblichiamo il comunicato stampa dell’associazione Razzismo Stop di Venezia presente sul sito www.meltingpot.org, che in questi giorni ha seguito l’intera vicenda.
La nave della Minoans partita il
pomeriggio del 22 giugno alle 17:00 da Venezia porta via con sé parte
di una storia piena di ombre, che non si dipaneranno certo quando
attraccherà sulle banchine del porto di Igoumenitsa.
50 dei 59
profughi curdi arrivati la mattina precedente al porto, tra i quali la
maggior parte erano donne e bambini sotto i dieci anni sono infatti
stati reimbarcati su questo mezzo diretto verso la Grecia. Il numero di
questi migranti e la loro composizione aveva impedito alla polizia di
frontiera di procedere con i rimpatri informali che quasi sempre mette
in atto in violazione di moltissime norme interne e internazionali.
Nel
pomeriggio del 21, inoltre, un presidio di associazioni, la comunità
curda di Venezia, i centri sociali, avevano attirato l’attenzione sulla
questione, preoccupati che anche stavolta tutti i migranti fossero
respinti verso la Repubblica ellenica. Solo a tarda sera, dopo molte
ore di attesa, l’assessore Luana Zanella è riuscita a entrare al porto
insieme ad alcuni rappresentanti della comunità curda per accertarsi
della situazione in cui versavano le persone. Da quel momento in poi si
sono susseguite numerose informazioni confuse, la più accreditata delle
quali diceva che tutti i 59 sarebbero stati portati in questura per
ricevere un foglio di via ed essere lasciati a piede libero sul
territorio con l’obbligo di abbandonarlo entro alcuni giorni. La
mattina del 22, invece, sono state avviate, da parte del Cir, che
agisce sempre e solo su chiamata della polizia di frontiera, pratiche
di accertamento rispetto alla volontà di questi profughi di chiedere
asilo politico. Due famiglie hanno inoltrato l’istanza, le altre hanno
continuato a dichiarare di volere raggiungere la Germania dove avevano
i loro congiunti. Alla fine, chi non ha chiesto asilo è stato
reimbarcato con una procedura dubbia, che non si capisce bene a quale
testo di legge faccia riferimento. Certamente, vista l’attenzione
mediatica, questi migranti sono stati più fortunati di altri, e questa
volta un minimo di procedure sono state rispettate. Questa, si potrebbe
dire, è una sorta di eccezione che conferma la regola. Resta il fatto
che le famiglie curde e i loro bambini sono ritornati nell’inferno
della Grecia, da cui ogni giorni partono voli carichi di deportati diretti verso la Turchia.
Per questo motivo rimane una forte preoccupazione per la sorte di
queste persone che, questo è sicuro, cercheranno se possibile di
ritentare la sorte affidandosi nuovamente alla mafie che li avevano
fatti arrivare fino a Venezia. Il sistema dell’asilo in Europa e le
leggi italiane, nei fatti, continuano ad alimentare la clandestinità e
soprattutto le tasche dei contabbandieri di persone, rimasti l’unico
mezzo possibile per cercare di attraversare i confini in cerca della
vita che si vorrebbe poter scegliere. Queste preoccupazioni hanno
espresso oggi centri sociali e associazioni che, insieme al Consigliere
comunale Beppe Caccia, hanno fatto ingresso in porto per sincerarsi
delle condizioni di questo respingimento e delle famiglie che invece
sono rimaste in Italia.
L’articolo 19
della Carta dei diritti umani dell’Unione europea, siglata a Nizza nel
2000, recita: "nessuno può essere allontanato, espulso o estradato
verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto
alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani
e degradanti".
La Grecia non è uno Stato terzo sicuro,
almeno nei fatti e nelle esperienze di chi lo attraversa e di chi vi
viene respinto. Di queste 59 persone almeno si è conosciuta la storia.
Di tutte le altre respinte quasi ogni giorno, invece, non si saprà ai
nulla, a meno che non muoiano. L’estate è appena iniziata. è
indispensabile, come le associazioni veneziane della rete
tuttiidirittiumanipe-rtutti chiedono a gran voce, che dentro il porto, a
tutela dei diritti dei richiedenti asilo e dei migranti, operino anche
osservatori terzi e indipendenti, membri delle associazioni e del
Comune che possano monitorare, con costanza e non una tantum, quel che
avviene in questa zona di frontiera quando le telecamere si spengono.
Razzismo Stop