Alla Mondadori la rabbia e la determinazione dei lavoratori

Verona - Picchetti irrapresentabili

di Sandro Chignola

16 / 6 / 2009

C'è qualcosa che resiste nel circuito infernale delle catene dei subappalti. L'illusione che il lavoro si faccia invisibile, residuale, che esso in qualche modo si anonimizzi ed evapori, è l'altro lato del mantra che lo definisce politicamente irrappresentabile, insignificante, perduto.

Capita allora, come accade in questi giorni a Verona, che un centinaio di lavoratori precari, finti soci della finta cooperazione, migranti di seconda generazione ed italiani, che lavorano in subappalto per il finissaggio dei libri della Mondadori, possa non prendere lo stipendio da mesi; che l'inizio della loro mobilitazione per il salario debba costituirsi in presa di parola dal basso, senza delega a nessuno, che l'interlocutore possa cedere e pagare buona parte degli arretrati con assegni scoperti mentre di nascosto mette in liquidazione la cooperativa per mezzo della quale, con altre, a rotazione, gestisce gli appalti di ditte importanti.

Può anche capitare che costui, finalmente inchiodato al proprio ruolo, lo si scopra essere uno dei candidati alla nuova giunta di presidenza di Confindustria a Verona. Che i picchetti che bloccano i magazzini e l'irruzione alla festa di inaugurazione di Confindustria da parte delle giovanissime lavoratrici in lotta non bastino a stanare il vero interlocutore di tutta questa vicenda: un capitalismo straccione, miserabile, fatto di pura rendita. Che agita lo spettro della crisi per trattare con i sindacati confederali, disposti a far caricare dalla polizia i picchetti dei lavoratori, piccole rendite di posizione e miserabili affari da giocatori di tre carte.

Capita tutto questo a Verona, nel giro di poche settimane. E ancora: un blocco dei cancelli della Mondadori (e non più del solo capannone della cooperativa che ne gestiva gli appalti) di un'intera giornata. Il blocco del traffico in uno degli incroci strategicamente più rilevanti della città. Un blocco duro. Inattraversabile. Del quale i protagonisti sono giovani donne e giovani migranti accanto a lavoratori più anziani e altrettanto determinati. Un blocco ruvido. In cui la rabbia di chi la crisi non la vuole pagare ammacca paraurti e cofani di spocchiosi veneti che tentano di attraversare il picchetto. Il conflitto non si preoccupa del consenso, oggi.

E ancora: una seconda giornata di lotta. Ancora un centinaio di lavoratori e di lavoratrici di fronte alla Mondadori. Il blocco della logistica e dei trasporti. Le cariche della polizia. E il blocco che si ricompatta e riprende un paio di ore dopo. Sinché un lavoratore non viene investito da un furgone determinatissimo nello sfondare. E che pagherà il conto. Capita infine che la RSU di Mondadori, contravvenendo agli ordini di scuderia e al cinismo dei suoi capi, costringa i confederali a firmare un documento di solidarietà con i lavoratori in lotta.

C'è qualcosa che resiste nel circuito infernale delle catene dei subappalti. Il materialissimo lavoro vivo di uomini e donne ipersfruttati, non pagati, non garantiti. Uomini e donne che per pagarsi la benzina per arrivare ai blocchi devono autotassarsi e non pagare l'affitto. Uomini e donne ai quali i padroni negano ogni trattativa e che urlano loro in faccia "noi la crisi non la paghiamo. Vogliamo i nostri soldi!" Resiste il lavoro vivo. E resistono la gioia e la rabbia. La lotta. Il protagonismo irriducibile di una presa di parola dal basso che i diritti li costruisce mentre li pratica e che si dà le proprie istituzioni come concrete forme di lotta. I lavoratori e le lavoratrici in lotta di Verona solo nell'ADL hanno trovato una sponda e un rilancio della propria mobilitazione. Sarà la costituzione di un nuovo sindacalismo sociale metropolitano del lavoro e del non lavoro il moltiplicatore di conflitto di cui c'è bisogno nel tempo della crisi.