A Roma la Piazza non è più del Popolo

Ieri a Roma migliaia di manifestanti da tutta Italia. Il centro invaso dalla protesta.

15 / 12 / 2010

La polizia reagisce con la violenza. Manganelli e lacrimogeni ad altezza d’uomo segnano la giornata

La tensione si respirava nell’aria sin dalle prime ore della mattinata. Migliaia di manifestanti arrivati da tutta Italia nel giorno in cui si decidevano le sorti del governo affollavano le strade della Capitale, che li aspettava blindata. La mobilitazione è partita dal basso. Non c’era un percorso concordato né una coalizione di forze politiche. A coordinare le masse, a guidare il corteo che si è snodato ieri per strade di Roma è stato un sentimento comune. Il malcontento. E la rabbia. Per una politica autoreferenziale e un governo che non rappresenta altri che se stesso.

È tempo di cambiare.

Lo hanno gridato in tanti ieri per le strade di Roma: studenti provenienti da tutto il Paese, messi alle strette da una riforma che distrugge l’istruzione, precari costretti a elemosinare per ottenere un lavoro, operai senza diritti, immigrati respinti dalla deriva securitaria e tutti quei cittadini che da Terzigno a l’Aquila lottano ogni giorno per difendere il loro territorio dalla speculazione.

Il primo impatto con le forze dell’ordine è avvenuto all’altezza di piazza Venezia, i palazzi istituzionali erano zona rossa per i manifestanti, circondati com’erano da un cordone di blindati e camionette. Il corteo però si è presto ricompattato e tra i fumi dei lacrimogeni e il fragore delle molotov è andato avanti, attraversando il lungo Tevere fino a confluire a Piazza del popolo, dove la rinnovata fiducia al governo era diventata ormai una realtà. Slogan, urla di disapprovazione e cori: in un batter d’occhio la tensione è tornata alta. I manifestanti premevano per raggiungere Montecitorio attraverso via del Corso, il cui accesso però era impedito dalle forze di polizia. Poi è arrivato l’ordine di sgomberare la piazza. È stata questione di pochi secondi. Caschi e manganelli alla mano, gli agenti della celere hanno fatto irruzione nella piazza gremita di gente, mentre da due auto blu date alle fiamme si levavano colonne di fumo. I manifestanti, giovani e meno giovani, studenti, operai e precari, fuggivano dove potevano, cercando di sottrarsi alla violenza delle forze dell’ordine, che non si è placata neanche dopo lo sgombero della piazza. Prima: «Faccia a terra e non ti muovere». Poi, pur essendo già stati immobilizzati, manganelli e calci in faccia. La foga degli agenti non si è arrestata neanche davanti a una coppia di giovani studenti che rimasti chiusi nella piazza, si abbracciavano implorando pietà. Le botte sono arrivate anche per loro.

Ancora una volta il dissenso è stato ripagato con la violenza. Scene che ricordano quelle di Genova. Blindati in ogni dove, strade chiuse, barricate e cassonetti dati alle fiamme.

L’Italia dei lavoratori, degli studenti, della gente comune è stanca.

E ieri forse per la prima volta si è resa conto della sua forza.

Nonostante le cariche, i manifestanti non si disperdevano. I lacrimogeni, tirati ad altezza uomo, non sortivano alcun effetto.

Avanti e ancora avanti. Il malcontento è rimasto in piazza come il desiderio di cambiare.