Amburgo- NOG20, la testimonianza dei compagni italiani di Berlin Migrant Strikers

12 / 7 / 2017

In quanto collettivo BMS avete subito un’azione repressiva a ridosso dell’ultima giornata di mobilitazione della piattaforma "No G20", potete raccontarci quello che avete vissuto in prima persona, sulla vostra pelle?

Eravamo nel blocco anticapitalista, dove stavano tutti i compagni e le realtà internazionali. Il corteo era finito e, come sapete, era stato tranquillo. Ci stavamo rilassando alla fine del corteo in un parco e abbiamo visto la polizia iniziare ad accerchiare alcuni gruppi che stavano lì come noi, a riposare a termine della manifestazione.

Abbiamo deciso di andare via tutti assieme ma l’unica via che potevamo prendere per uscire dal parco era piena di camionette e di poliziotti che pattugliavano. Appena siamo passati accanto ad uno dei mezzi parcheggiati siamo stati fermati da un reparto di polizia di Amburgo. Ci hanno fermato perché avevano notizie di italiani che in serata avrebbero avuto in programma di effettuare dei riots per le strade della città. Eravamo una decina e con noi si trovava anche Eleonora Forenza, europarlamentare della Sinistra europea. Ci hanno accerchiato e hanno immediatamente iniziato a perquisirci. Eleonora ha esibito il tesserino da europarlamentare, ma non è servito - la polizia l’ha perfino irrisa non credendo fosse realmente una parlamentare europea. Siamo stati perquisiti, ci hanno requisito i documenti e ci hanno tenuti bloccati per oltre un’ora. Noi abbiamo cercato di attirare l’attenzione su quello che stava accadendo, siamo riusciti a parlare con una giornalista di una radio tedesca e con un avvocato del legal team ma a quel punto la polizia ha deciso di schierare un reparto in antisommossa a dividerci dal resto dei passanti per evitare che potessimo interagire. 

Le perquisizioni sono continuate in maniera approfondita. Abbiamo tentato di chiamare il console ad Amburgo senza però riuscire a comunicare direttamente con lui se non dopo diverso tempo. Ci hanno impedito di usare i telefoni, di documentare ciò che stava succedendo, ci intimavano di non parlare italiano e ci hanno comunicato che eravamo in arresto senza dircene il motivo. Quindi ci hanno portato in un centro temporaneo - creato appositamente per il summit - senza nemmeno permettere ad alcuni di andare al bagno. Noi abbiamo cercato di mantenere un clima tra noi di forza e solidarietà. Siamo quindi arrivati a un enorme hangar, prima centro d’accoglienza per rifugiati, con all’interno una miriade di container 2x6m. Qui siamo stati nuovamente perquisiti, alcuni sono stati fatti spogliare integralmente e sono state controllate anche le zone genitali.  Hanno cercato di farci firmare una dichiarazione su quello che possedevamo, ma ci siamo rifiutati tutti. Hanno iniziato a interrogarci, a fare domande su chi eravamo, sulle magliette politiche che alcuni di noi indossavano, etc.. poi ci hanno portato in questi container chiusi, senza finestre, con delle sbarre. ad alcuni sono stati tolti gli occhiali e addirittura una protesi dentaria. 

Ci trovavamo ì, quindi, separati dentro questi container asettici, bianchi, senza letti, e senza sapere ancora il motivo per il quale eravamo stati arrestati. Ci sentivamo pacchi di Amazon spostati da un magazzino all’altro, avevamo una coperta a testa, si dormiva per terra, per andare al bagno bisognava chiamare la polizia tramite un pulsante ed aspettare a volte anche 15/20 minuti, e si veniva scortati ai servizi - uno ad uno. Sempre controllati a vista. Per il bere era lo stesso. Anche il mangiare è stato molto difficile da ottenere. Per alcuni che erano stati messi in isolamento, ancora di più. Eravamo moltissimi arrestati stranieri, spagnoli italiani e francesi.  

Come inserite questo dato - la provenienza dei tanti arrestati - nel quadro dell'atteggiamento tenuto dalle forze dell’ordine nei confronti degli attivisti e delle attiviste stranieri durante tutte le giornate del vertice? Tra il venerdì notte e il sabato mattina, il sabato pomeriggio e poi la sera, si è potuta vedere una vera e propria “caccia allo straniero” su cui poter scaricare le responsabilità di quanto successo nei giorni precedenti.

E' assolutamente così. Dopo tre giorni in cui la polizia ha fallito nella gestione dell’ordine pubblico - dove le azioni messe in campo dai movimenti hanno avuto successo, sia quella al porto che quella alla zona rossa - ha in qualche modo dovuto dimostrare di riprendere il controllo e l’ha fatto praticando arresti a termine di una manifestazione pacifica. Mantenendo l’attenzione sugli stranieri, chiamati da loro “turisti del riot”, e chiedendo anche l’aiuto delle varie polizie a livello internazionale per dimostrare che il problema era esterno e non interno; che erano organizzazioni e persone venute da fuori ad aver effettuato i blocchi e le azioni, e non le realtà tedesche e amburghesi. Cosa evidentemente pretestuosa. Noi stessi siamo venuti da Berlino, non dall'Italia. E' stato il tentativo di giustificare - attraverso un gran numero di arresti “internazionali” - la teoria del riot venuto da fuori. La criminalizzazione degli attivisti internazionali è come stanno trattando la questione i media main stream del paese, in Germania e ad Amburgo.

La situazione di forte repressione sui movimenti che si è data, ci dite, è stata una risposta ai movimenti. Un tentativo di ritrovare l’ordine all’interno di una situazione che evidentemente ha ecceduto tutti gli apparati repressivi e di controllo del conflitto messi in campo dalla polizia e dalle autorità tedesche. Secondo voi, come possiamo valutare le giornate di Amburgo, anche a fronte dello sviluppo repressivo? Possiamo parlare di conquiste, di vittorie? Che effetti si sono prodotti a seguito di queste giornate?

Sicuramente possiamo definire le giornate di questo contro-vertice un successo. Sono stati portati in campo contenuti politici attraverso azioni che hanno ottenuto il loro scopo. Noi abbiamo bloccato il porto di Amburgo per alcune ore, e riprenderà la sua piena funzionalità solo domani. Questo ci permette di mettere in evidenza tutti i rapporti sussistenti tra il cambiamento di fase che sta vivendo il capitalismo oggi e il settore della logistica come settore centrale in cui il capitalismo si riorganizza. Dall’altra parte sono state bloccate le vie d’accesso al centro, alla zona rossa, sono state bloccate le delegazioni, alcuni incontri sono stati cancellati. è stata mostrata una capacità del movimento, sia a livello locale che transnazionale, di portare in campo contenuti politici nonostante la repressione assurda, e controproducente, messa in atto dalla polizia - dal divieto dei campeggi a quello delle piazze. Secondo noi, la prospettiva sul medio lungo periodo è buona, da qui a ottobre saremo impegnati a rilanciare la piattaforma del Transnational Social Strike che si terrà a Berlino, in cui parleremo nuovamente di logistica, di Amazon, di Gig Economy e nuove forme di economia. 

Per noi Amburgo è stata una tappa di un percorso che dura da mesi, che non si ferma qui ma che procede ed è inizio di qualcosa di nuovo. Speriamo che a livello tedesco e transnazionale queste giornate di successo, in cui la repressione stessa è dimostrazione del successo delle manifestazioni, rilancino la mobilitazione per noi e per tutto il movimento.