Rimbalza sui giornali da alcuni giorni la notizia della notifica di svariati anni di reclusione per 12 attivisti che, a vario titolo, parteciparono alla giornata di mobilitazione del 3 marzo 2012 organizzata dal movimento No Tav. Riprendiamo da notav.info, chiedendo la libertà per Nicoletta, Dana, Francesca, Stella, Mattia, Maurizio, Aurelio, Fabiola, Michele, Mattia, Paolo, Massimo.
Ricordiamo i fatti. A seguito di una partecipatissima assemblea
in piazza del mercato a Bussoleno, il 3 marzo 2012, si decise di dividersi in
due gruppi: uno si mosse in corteo a Bussoleno, un altro si diresse ad
Avigliana per contestare le dichiarazioni provocatorie dell’allora premier
Monti e liberare i caselli di una delle autostrade più care d’Italia, la Torino
Bardonecchia, che dal lunedì della stessa settimana fino al giovedì era già
stata occupata in maniera permanente dal movimento.
Erano giorni di intensa
mobilitazione: Luca Abbà pochi giorni prima era stato fatto
cadere dal traliccio e lottava tra la vita e morte. Le mobilitazioni
coinvolsero migliaia di persone in tutta la valle, scontri ed occupazioni si
susseguivano per lanciare al paese intero un messaggio di determinazione contro
il sistema del Tav e le forze dell’ordine che con violenza continuavano ad
imporre la loro presenza.
In questo procedimento giunto
oramai a conclusione la società concessionaria dell’autostrada A32 la Sitaf (da
sempre parte attiva nei lavori per la Torino-Lione), si era costituita parte
civile chiedendo un risarcimento di 25.ooo euro per mancati pedaggi e danno di
immagine, poiché secondo loro le mobilitazioni del Movimento No Tav avrebbero
fatto crollare in quei giorni il “turismo” in Val di Susa.
Ipocrita affermazione, già sappiamo, nel momento in cui è chiaro a tutti che il
vero nemico del turismo in Val di Susa sarebbe l’avvio del cantiere definitivo
della Torino- Lione, con le sue ricadute concrete, l’inquinamento e la
militarizzazione del territorio.Di questo processo non dimenticheremo le domande ai testimoni sui toni e le
posture dei soggetti processati, i riconoscimenti non effettuati o errati da
parte del personale di polizia (con in mano annotazioni, foto e di fronte al
video) sollecitati e suggeriti dal pm e, nell’incapacità di farli, rinviati
all’udienza successiva, il tentativo di ricondurre un clima nella realtà
disteso (tutti gli automobilisti citati come testimoni dall’accusa si sono dichiarati
tranquilli e per nulla minacciati) ad una dimensione di pericolo e violenza.
Non dimenticheremo, soprattutto, come secondo la polizia la caduta di
Luca dal traliccio sia stato un evento “romanzato” dal movimento No Tav,
trattandosi semplicemente di un gesto sconsiderato da parte dell’attivista (il
poliziotto rocciatore, sempre secondo loro, non seguiva Luca mettendolo in
pericolo, ma lo voleva solamente invitare a scendere).
Il 9 marzo 2017, 5 anni dopo i fatti, il pm con l’elmetto Rinaudo chiese circa 40 anni di carcere complessivi, con pene dai 3 ai 4 anni che il tribunale poi trasformò in 1 o 2 anni a seconda dei casi, per reati talmente irrilevanti (blocco del traffico, violenza privata ma soprattutto il famigerato concorso) da sembrare sin dal primo grado una chiara condanna politica, in continuità con gli intenti persecutori più volte avvallati e palesati dai giudici torinesi.
Oggi i vari gradi di processo sono giunti al termine e con il ricorso respinto da parte della Cassazione inizia un conto alla rovescia prima che le misure diventino esecutive (c’è possibilità entro 30 giorni di fare richiesta di misure alternative, poi si attenderà l’udienza del tribunale di sorveglianza ecc…). A diversi No Tav, è bene sottolinearlo, oltre a questa condanna hanno sospeso precedenti condizionali, facendo aumentare il periodo di reclusione ben oltre i due anni. Per altri invece è la prima condanna in assoluto e dovrà essere scontata poiché i giudici hanno ritenuto non meritassero la sospensione della pena con la condizionale (il blocco stradale evidentemente è un reato che indispone per la sue efferatezza, sic!)
Tornando a noi, nonostante il
tribunale di Torino, insieme alla procura e la questura, cerchi di riscrivere
la storia di quegli anni a colpi di sentenze e regalando anni di carcere come
se fossero noccioline, chiara è la percezione di vendetta da parte
di uno Stato che non si rassegna al fatto che esista, ancora oggi, un popolo
indomabile e sordo alla sua retorica e alle sue bugie.
Come scrivemmo anni fa proprio a commento di un’udienza di questo processo, noi
e i tantissimi No Tav di tutta Italia siamo invece l’esempio e la memoria vivente di
quei giorni in cui la Val di Susa rimase bloccata per giorni interi, in cui da
Bussoleno a Palermo, passando per decine città d’Italia, migliaia di persone
scesero in piazza con blocchi e cortei, arrivando addirittura a scontrarsi con
la polizia a difesa di stazioni ed istituzioni, e denunciando a gran voce
l’ingiustizia subita dagli abitanti della valle.
Noi in quei giorni non denunciammo nessun tradimento di Monti e del governo
tecnico, poiché le carte erano state svelate da tempo, bensì agimmo una
rottura, insanabile, con un sistema che aveva quasi ucciso Luca e che con
immenso sdegno aveva continuato a muovere le ruspe a pochi metri dal suo corpo
gravemente ferito. Oggi Luca sempre per colpa di questo tribunale sta scontando
un’assurda pena di un anno in regime di semilibertà, facendo dentro e fuori dal
carcere.
In attesa di ulteriori indicazioni su come intenderemo muoverci nei prossimi
mesi a sostegno dei condannati No Tav, non possiamo che rimarcare la distanza
etica, morale e politica tra chi pratica una giusta resistenza e chi invece
prova a riprodurre un sistema di sfruttamento. La storia, lo sappiamo, ci darà
ragione.
Solidarietà ai coraggiosi della Valsusa ed un ringraziamento ai numerosi No Tav
da tutta Italia che ci stanno inviando attestati di solidarietà.
Libertà per Nicoletta, Dana, Francesca, Stella, Mattia, Maurizio, Aurelio,
Fabiola, Michele, Mattia, Paolo, Massimo!
Libertà per la Val di Susa!