Aprire spazi di libertà - Una nota sul 9 marzo a Padova

11 / 3 / 2019

Il comunicato del Centro Sociale Pedro dopo la mobilitazione di sabato 9 marzo contro il movimento prolife e la conseguente militarizzazione della città.

Sabato 9 marzo tante persone sono scese in piazza, rispondendo all’appello di Non Una di Meno - Padova, per contrastare la marcia No 194, espressione del più becero fondamentalismo cattolico. 

Il corteo ha rivendicato molto più della difesa della legge 194, parlando di autodeterminazione femminile, di liberazione da ogni forma di patriarcato, di emancipazione dai vincoli di genere che regolano i rapporti di classe, di antifascismo e antirazzismo. Rivendicazioni che hanno ampiamente trovato spazio anche il giorno prima, nelle migliaia di piazze che animavano lo sciopero globale transfemminista.

Una piazza composita, quella di sabato, che segna ancora una volta la reattività del corpo sociale cittadino nei confronti di chi si fa portatore di ideologie reazionarie. Una piazza giovane, determinata e radicale nei contenuti, che è riuscita a rompere le prescrizioni della Questura, nonostante un apparato repressivo abnorme. Una piazza che ben si inserisce nella vitalità politica e sociale che stiamo vivendo a Padova.

Ha fatto da contraltare la gestione folle e irresponsabile della Questura, che per ore ha bloccato la città rendendola ostaggio di non oltre 60 estremisti religiosi, quasi tutti provenienti da fuori.

Cinquanta agenti in assetto antisommossa hanno bloccato un corteo - con una testa composta da sole donne che camminavano con le mani alzate - che voleva avanzare per rivendicare l'agibilità politica e materiale della città. L’atteggiamento della Questura, già nei giorni precedenti, era mirato a costruire ad arte un clima di tensione e terrore in città. Artificio che si coglie anche nella scelta di far sfilare il corteo a pochi passi da un noto negozio legato all’estrema destra. 

Qui non si tratta di incompetenza o malafede, o quantomeno non c’è solo questo. Qui ci troviamo di fronte a provocazioni mirate, a un ufficio istituzionale che accetta supinamente ogni diktat proveniente dal Ministro Salvini, o ne interpreta zelantemente la volontà. Diktat che vengono trasformati nel tentativo di negare agibilità pubblica a chiunque lotti per la libertà e i diritti. Una prova di forza agita anche contro l’amministrazione comunale, che ci auspichiamo produca i suoi effetti sul piano istituzionale.

In generale crediamo sia necessario aprire in città una riflessione collettiva su come arginare questa deriva autoritaria, che non si fermi solo al dato contingente, ma che sappia porsi a tutela delle tante mobilitazioni sociali di questa fase.

Il nostro impegno quotidiano sarà quello di continuare ad aprire dal basso spazi di libertà, di contrastare in ogni modo l’agibilità dell’estrema destra, di fermare sul nascere qualsiasi velleità di imporre in città una gestione poliziesca.