Aronne Armanini, un candidato “estraneo alla politica” con “amici” inquietanti

18 / 1 / 2020

Aronne Armanini è stato introdotto alla corsa per la poltrona di sindaco di Trento come un candidato “estraneo alla politica”, ma il fatto che nel 1974 sia stato processato come aderente all’organizzazione neofascista “Ordine Nuovo” ha gettato su di lui una luce inquietante.

Armanini a quel processo venne assolto assieme agli altri 119 imputati, ma le sue stesse parole pronunciate oggi “sono stato coinvolto perché ero amico di alcuni degli imputati” segnalano la sua vicinanza a persone che non erano solo neofascisti, ma terroristi coinvolti nelle peggiori stragi che abbiano insanguinato la storia repubblicana. Proprio la logica delle “amicizie” ci restituisce un “filo nero” che dal terrorismo neofascista arriva fino alla Lega salvinista di oggi e ci restituisce l’immagine di una nuova classe dirigente che sta emergendo al suo interno.   

Un dossier dell’Osservatorio contro i fascismi del Trentino Alto Adige/Sudtirol svela chi è in realtà il probabile candidato Sindaco di Trento sponsorizzato dalla Lega.

Il 3 maggio 2020 si avvicina sempre di più, e la corsa dei vari partiti alle candidature per il Primo Cittadino di Trento entra nel vivo. Nel 2019 abbiamo sentito numerosi rumours su nomi “papabili”, tra cui gli impresentabili Devid Moranduzzo, che però non si sentiva ancora pronto, e Daniele Demattè, il vigilante di Trento che fa video sul “degrado”, o almeno ciò che a lui sembra degrado.

Da Mirko Bistesti, segretario-assessore della Lega e delfino di Salvini, verso la fine dell’anno esce invece il nome sul quale sembra compattarsi tutto il centrodestra: si tratta di Aronne Armanini, professore ordinario di Idraulica a Trento dal 1986 (ora Professore Emerito), ex prorettore dell’Università di Trento. Un volto in apparenza della società “civile”, che commenta «se la scelta di un candidato sindaco cade su una persona non legata alla politica fa bene alla stessa politica». Ma è davvero così estraneo alla politica? Anche se non ha mai avuto incarichi istituzionali è emersa dalla stampa la sua vicinanza ad ambienti legati al terrorismo neofascista che tra anni Sessanta e Settanta ha insanguinato questo paese.

Gli “amici” del professor Armanini

Il 7 maggio 1973, in una nota trasmessa al Ministero dell’Interno Direzione Generale della Pubblica Sicurezza si riferisce che Enzo Decanio (militare di leva noto per le sue frequentazione nella galassia dell’estremismo neofascista), da poco trasferitosi a Padova, ha fondato una sezione del movimento politico Ordine Nuovo e «viene indicato unitamente a Fachini Massimiliano, Merlo Arrigo, Armanini Aronne e Casalini Gianni come esponenti di rilievo» della medesima organizzazione.

Il documento è reso pubblico nell’udienza del 22 aprile 2010 del tribunale di Brescia, al processo per la strage che insanguinò la città nel 1974. Nel numero del giornale “L’Unità” del 7 novembre 1974 è elencato tra i 119 imputati al processo tenuto a Roma per ricostruzione del Partito fascista, ancora una volta il nome di Armanini è associato a quello di Fachini.

Armanini dice di essere stato uno «studente attivo», in quanto «partecipavo alle assemblee e mi opponevo a chi le università le occupava», ma si smarca dalle accuse di essere un militante neofascista, dichiarando di non aver mai avuto una tessera e che il suo nome è finito nelle carte solo per la sua amicizia con due imputati. 

Il problema è che non stiamo parlando di “ragazzi di estrema destra un po' maneschi” o di “neri che si menavano con i rossi”, stiamo parlando di individui coinvolti in alcuni dei processi sulle più sanguinose stragi che hanno insanguinato questo paese. 

Fachini, Casalini e Merlo facevano parte della cellula di Ordine Nuovo gravitante intorno alla libreria “Ezzelino” di Padova di Franco Freda, una delle figure di spicco del Terrorismo Nero italiano. Fu in quell’ambiente che vennero preparati i numerosi attentati dinamitardi che prepararono la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 (17 vittime). Fachini venne indicato come esecutore materiale proprio di quella strage da parte di alcuni pentiti, ma non venne condannato in primo grado, venne invece rimandato a giudizio nel processo di Catanzaro relativo alla pista nera bis, assolto in Corte di Assise ed in appello. La sentenza divenne definitiva per la mancanza del ricorso in Cassazione da parte della Procura generale[1]. 

Nel 2005 una sentenza della Cassazione stabilirà definitivamente la responsabilità di Freda in merito alla strage di Piazza Fontana, organizzata da «un gruppo eversivo costituito a Padova nell’ambito di Ordine Nuovo, capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura» (entrambi non perseguibili perché già processati e assolti per lo stesso reato in precedenti processi).

Ritroviamo il nome di Fachini nei processi per la strage della stazione di Bologna (85 vittime), ma dopo una prima condanna venne anche in questo caso assolto in appello. La sua unica condanna, a cinque anni di reclusione, fu per associazione sovversiva e costituzione di banda armata. Morì nel 2000 in un incidente stradale. Ma il suo nome continua a comparire nei processi come quello di uno dei docenti della “Scuola di terrorismo” di Ordine Nuovo; secondo il pentito Gianluigi Napoli sarebbe stato lui ad addestrare all’uso degli esplosivi Gilberto Cavallini, accusato di essere uno degli autori della strage di Bologna. Fachini sarebbe stato “un esperto dinamitardo e rifornitore di armi ed esplosivi ai vari gruppi terroristici”.

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Tratto da “L’Unità” del 7 novembre 1974 (pag. 5)

Casalini e Merlo vennero entrambe sentiti come testimoni al processo di Brescia del 2010. Casalini, che diventò anche informatore del Sid (Servizio informazioni difesa) si è auto accusato di aver messo alcune bombe sui treni quattro mesi prima di Piazza Fontana, è stato più volte interrogato e chiamato a deporre nelle indagini e nei processi inerenti le stragi di Piazza Fontana a Milano e Piazza della Loggia a Brescia.

Colpisce che Armanini parli del proprio rapporto con soggetti del genere con grande nonchalance, dicendo “ero semplicemente amico degli imputati”. Evidentemente nella sua visione del mondo è “normale” avere amici che si dilettano di traffico d’armi, esplosivi, stragi e neonazismo.

Ordine Nuovo

Nel 1956 un’ottantina di quadri del MSI (Movimento Sociale Italiano) capitanati da Pino Rauti uscirono dal partito neofascista giudicandolo “troppo moderato” e fondarono il Centro Studi Ordine Nuovo.

Non stiamo parlando di un “gruppuscolo di esaltati”, bensì di una struttura ramificata che godeva di importanti protezioni e contatti a livello internazionale e all’interno degli apparati dello stato. Fin dai primi anni Sessanta il Centro Studi Ordine Nuovo ha contatti organici con i terroristi dell’OAS (Organization de l’armee secrete), che con i suoi attentati in Francia e Algeria cercò di fermare il processo di decolonizzazione. Altri legami vennero stretti con le polizie segrete del Portogallo di Salazar, della Spagna di Franco e della Grecia del regime dei colonnelli. L’Italia era in quel momento l’unica liberal-democrazia del Mediterraneo e i regimi fascisti circostanti erano considerati dagli ordinovisti sia dei modelli, sia degli utili alleati. 

A livello nazionale Rauti e gli altri vertici dell’organizzazione sono in contatto con il capo di Stato Maggiore Gen. Aloja ed in seguito con il Sifar (Servizio informazioni forze armate). Nel contesto della guerra fredda militari e civili vicini all’estrema destra diffidano sia delle istituzioni repubblicane che di una parte degli apparati dello stato (considerati troppo propensi alla “convivenza” con il nemico comunista) ed organizzano reti clandestine formate da cellule armate e addestrate alla guerra controrivoluzionaria. Proprio a questo tema viene dedicato nel 1964 un convegno, svoltosi all’Hotel Parco dei principi a Roma nel 1965, ed organizzato dall’Istituto Pollio (emanazione ufficiosa dello stato maggiore dell’esercito), al quale vi parteciparono anche alcuni esponenti di Ordine Nuovo. All’iniziativa siedono fianco a fianco ex-repubblichini, neofascisti, generali delle Forze Armate, vertici del Sifar, giornalisti ed esponenti di Confindustria.

Nel novembre 1969, di fronte all’avanzata del movimento operaio e studentesco, l’MSI (ora guidato da Giorgio Almirante, già capo-redattore de “La difesa della razza” e fucilatore di partigiani) radicalizza le proprie posizioni e si pone come punto di riferimento per quei settori imprenditoriali spaventati dalla conflittualità sociale. In questo contesto Rauti decide il rientro del Centro Studi Ordine Nuovo nell’MSI, nelle liste del quale diverrà senatore. Ma non tutti gli aderenti accettano questa decisione, alcuni, guidati dall’ex repubblichino Clemente Graziani, decidono di dar vita ad “Una formazione politica rivoluzionaria ed extraparlamentare”: il Movimento Politico Ordine Nuovo. Graziani ne diviene il segretario. 

Il movimento avvia dei corsi di formazione quadri, che erano a tutti gli effetti corsi di formazione ideologica della durata di due mesi, dove si studiavano ideologia, tecniche di guerra e propaganda. Tra i testi di studio vi era il Mein Kampf di Adolf Hitler.

Il Movimento Politico Ordine Nuovo era realmente distinto a Rauti e agli altri ex-ordinovisti entrati nell’MSI? Oppure ordinovisti “parlamentari” ed “extraparlamentari” continuavano a coordinarsi e ad agire di concerto? Non vi è alcuna certezza in merito, di certo l’MSI non ebbe mai nei confronti dell’estrema destra eversiva e terroristica una politica di totale chiusura o di condanna. Di certo esponenti di entrambe i tronconi degli ordinovisti, tra cui lo stesso Rauti, continuarono ad operare nel campo del traffico di armi tramite la società “Mondial Import-Export”, che curava gli acquisti di armamenti pesanti e leggeri per conto di regimi all’epoca esplicitamente razzisti quali il Sud Africa e la Rodhesia. Questi traffici richiedevano per forza di cose stretti contatti con gli apparati di sicurezza dello stato. Come scrivono Aldo Giannulli ed Elia Rosati nel libro Storia di Ordine Nuovo (Milano-Udine: Mimesis edizioni, 2017), il traffico d’armi e i contatti (anche a livelli altissimi) con i servizi segreti e l’esercito sono la costante della storia di Ordine Nuovo in tutte le sue sfumature.

A Padova gli ordinovisti hanno stretti contatti con Franco Freda, che non era a pieno titolo un militante dell’organizzazione, ma è l’intellettuale di riferimento di buona parte del neofascismo veneto. Proprio il gruppo padovano è autore di diversi attentati sino alla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Il 21 novembre 1973 trenta dirigenti del movimento vengono condannati per ricostituzione del Partito Nazionale Fascista e venne decretato dal Ministro degli Interni Paolo Emilio Taviani lo scioglimento dell’organizzazione che era diventata il punto di riferimento più noto ed importante dell’estrema destra del periodo. Il processo si conclude con trenta condanne, dai sei mesi di reclusione fino ai cinque anni. 

La messa fuorilegge portò sostanzialmente alla fine dell’organizzazione. I dirigenti come Graziani e Massagrande fuggirono all’estero, alcuni militanti guidati da Pierluigi Concutelli si riunirono sotto il nome di Ordine Nero e compirono diversi attentati, tra cui nel 1976 l’uccisione del giudice Vittorio Occorsio, che era stato PM al processo del 1973 contro Ordine Nuovo e che stava indagando sulla P2.

Si è già detto di Massimiliano Fachini e del suo ruolo, ma egli non è l’unico ordinovista coinvolto nelle stragi di quegli anni. Il responsabile dell’organizzazione per il Triveneto, Carlo Maria Maggi è stato condannato in via definitiva come mandante della strage di Piazza della Loggia a Brescia nel 1974 (8 vittime). Come esecutore materiale della strage è stato condannato un altro ordinovista, Maurizio Tremonte. Erano aderenti ad Ordine Nuovo anche Vincenzo Vinciguerra e Carlo Cicuttini, autori della strage di Peteano nel 1972 (in cui morirono 3 carabinieri).

In sostanza, in molte delle stragi di civili inermi che hanno insanguinato questo paese, da Piazza Fontana nel 1969 alla stazione di Bologna nel 1980, compaiono persone collegate ad Ordine Nuovo e il gruppo padovano dell’organizzazione, in particolare Fachini ha un ruolo centrale.

Il processo del 1974

Nel 1974 vengono imputati altri 119 militanti del movimento per la violazione della Legge Scelba in merito alla proibizione di ricostruzione del Partito fascista, il PM, come l’anno precedente, era sempre Vittorio Occorsio, che pagherà con la vita il suo contrasto al terrorismo neofascista. Il nome di Armanini compare in questa occasione accanto a quello di Fachini.

Gli imputati vennero tutti assolti e non si può pertanto dire che Armanini abbia commesso alcun reato, ma ancora una volta vale la pena di analizzare quali fossero le sue “amicizie” e che tipo di ambiente frequentasse.

Ecco come il corrispondente de “L’Unità” Paolo Gambescia racconta il processo e l’atteggiamento degli imputati.

“Al nome di Clemente Graziani, capo di «Ordine Nuovo», applauso prolungato. Il tribunale fa finta di niente e sembra non ricordare che vi sono norme penali che vietano qualsiasi manifestazione d’assenso o di dissenso in aula e che soprattutto vietano l’apologia e le manifestazioni fasciste”.

Un attimo i loro camerati che assistono al dibattimento mettono in atto una vera e propria aggressione ai danni di una giornalista.

“La giornalista tedesca Birgitte Kraatz della televisione tedesca era entrata in aula con due giovani, un operatore e il tecnico del suono. Come se si fossero passati la voce, una cinquantina di energumeni urlanti le si sono fatti addosso. La ragazza è stata aggredita con frasi oscene, mentre gli uomini venivano presi a calci. 

Il presidente Volpari ha tentato una reazione ma a quel punto non ha ottenuto molto e carabinieri ed agenti presenti non hanno trovato di meglio che «impacchettare» giornalista e collaboratori e trasportarli fuori di palazzo di giustizia: un provvedimento incredibile che ha avuto il logico effetto di confortare ed esaltare ì fascisti già imbaldanziti perché fino ad allora ogni loro indegna manifestazione era stata tollerata”.

Tale padre…

Che l’ideologia neofascista sia di casa nella famiglia Armanini ce lo dimostra anche il figlio, Alfredo Armanini che nel 2009 è candidato nelle liste di Fiamma Tricolore assieme ad Emilio Giuliana. Nel 2011, a 28 anni, assieme ad altri compari di Veneto Fronte Skinhead aggrediscono fuori da un locale in centro a Trento due giovani veronesi, insultandoli con epiteti come: «Palestinese di m…» ed «ebreo figlio di p…», dimostrando anche scarsa conoscenza storico-politica, solo perché uno dei ragazzi indossava una kefiah.

Non sappiamo come si sia conclusa la vicenda giudiziaria. Ma in ogni caso per sua fortuna il professor Armanini non sta in una casa popolare, altrimenti una eventuale condanna del figlio, grazie al nuovo regolamento voluto dai suoi referenti nel centrodestra trentino, potrebbe fargli perdere il tetto sopra la testa (leggi qui  l’articolo sulla revoca delle case ITEA alle famiglie dei condannati).

La scalata neofascista al potere in Trentino

Dunque ricapitoliamo: non emerge nulla di penalmente rilevante nei trascorsi di Aronne Armanini. Al processo del 1974 venne assolto assieme a tutti gli altri imputati.

Egli afferma di non essere mai stato iscritto ad Ordine Nuovo, ma di essere semplicemente stato amico con alcuni degli imputati. Non c’è nessun motivo di non credergli.

Il problema è che i suoi “amici”, ovvero quelli accanto a cui compare nelle informative della polizia e sulla stampa, non erano semplici “ragazzi di estrema destra”, ma individui coinvolti nei retroscena di alcune delle stragi più sanguinose della storia repubblicana e parte di un’organizzazione terroristica con inquietanti legami a livello nazionale e internazionale.

Può capitare a tutti di frequentare la gente sbagliata, ma ciò che colpisce è proprio la rimozione da parte di Armanini della gravità dei fatti cui è collegato il gruppo padovano di Ordine Nuovo e della libreria Ezzelino gestita da Freda.

“Perché mi tirarono in ballo? Ero uno studente, nel 1969 a Padova io avevo preso posizione in assemblea di facoltà contro le occupazioni. E a quel tempo quando non stavi da una parte stavi dall’altra”. 

“Stavi dall’altra” che vuol dire? Che stava con i neofascisti stragisti? Che li considerava quantomeno alleati? 

Il concetto del “se non stavi da una parte stavi dall’altra” suona giustificatorio non solo della propria condotta individuale, ma del neofascismo di allora in sé stesso.

Del resto il figlio di Armanini ha militato in anni assai recenti all’interno di organizzazioni della galassia fascista e razzista odierna come Fiamma Tricolore e ha commesso un’aggressione insieme a militanti del Veneto Fronte Skinhead . 

Quindi sappiamo che Armanini è stato assolto, possiamo anche credere in mancanza di prova alla sua affermazione di non essere stato iscritto ad Ordine Nuovo, ma non alla sua pretesa di essere “estraneo alla politica”. 

Aronne Armanini è una figura vicina all’estrema destra neofascista.

Guarda caso dopo che Bisesti l’ha proposto, il suo primo “sponsor” all’interno della politica provinciale è stato l’assessore Mattia Gottardi, proprio quello che si era scelto come Capo di gabinetto Marika Poletti, nota per il suo tatuaggio a forma di svastica e per le sue doti canore impiegate in omaggio al Terzo Reich.

Davide Moranduzzo, uno dei leghisti più in vista a livello comunale, si è subito affrettato ad annunciare che non intende candidarsi alla guida della città, spianando di fatto la strada ad Armanini.

Moranduzzo è anche lui una delle figure istituzionali più vicine all'estrema destra, tant’è che si è trovato “casualmente” a fianco dei picchiatori che hanno aggredito alcuni studenti durante le contestazioni alla conferenza tenuta da Fausto Biloslavo a Sociologia.

Ora a questo punto proviamo ad “unire i puntini”. Abbiamo un assessore che si era scelto come Capo di gabinetto una nota neonazista, un consigliere provinciale che “casualmente” si accompagna a picchiatori, e insieme favoriscono la candidatura a sindaco di un docente universitario con frequentazioni neofasciste da giovane e un figlio neofascista.

Dietro le quinte c’è il segretario della Lega trentina nonché assessore, Mirko Bisesti, che è legatissimo a Matteo Salvini e non disdegna i rapporti con esponenti dell’estrema destra europea come Marion Le Pen.

In definitiva stiamo assistendo anche in Trentino all’emergere, sotto la guida nazionale di Matteo Salvini, di una nuova “classe dirigente” all’interno del centro-destra e della Lega. Dapprima questi individui hanno egemonizzato il discorso pubblico del centro-destra rendendo mainstream parole d’ordine neofasciste e razziste. Gli slogan salvinisti “Prima gli italiani” e “Impedire la sostituzione etnica” provengono direttamente dal linguaggio di gruppi come Casa Pound, rimandano proprio a quanto teorizzato da Franco Freda a partire dagli anni ‘90 sullo “scontro di razze”. Lo stesso Freda nel novembre 2018 ha detto che “Salvini è il salvatore della razza bianca in Europa” : parola di stragista.

Ora si tratta di piazzare “le persone giuste al posto giusto” per rimpiazzare man mano gli esponenti della vecchia Lega, quella di Bossi e Maroni. A casa nostra, Maurizio Fugatti, che per molti addetti ai lavori ricalca un fare politico da democristiano, nella realtà dei fatti è accondiscendente e consapevole di queste manovre. L’estrema destra fascista, che non è affatto composta da “ignoranti di periferia” ma, come si è visto prendendo in esame la storia di Ordine Nuovo, da intellettuali ed esponenti della borghesia, fornisce un utile bacino di reclutamento anche a livello di professionisti disposti ad impegnarsi in politica in fondo sotto le stesse bandiere seguite in gioventù.

[1] Ringraziamo Paolo Morando per la correzione rispetto all’assoluzione di Massimiliano Fachini