Nell'anno della
ricorrenza dei 50 anni dalla tragedia del Vajont, il Comitato Bellunese
Acqua Bene Comune, dopo anni di attività a difesa dei nostri corsi
d'acqua dalla loro privatizzazione a scopi produttivi, forte di alcune
importanti vittorie e della partecipazione popolare ma allo stesso tempo
stanco della continua e ostinata indifferenza della politica locale
rispetto a questo tema, decide di portare il suo messaggio più in alto.
Coadiuvato dall'avvocato che ha redatto la memoria vittoriosa per il
ricorso in valle del Mis insieme ad
alcuni esperti del settore ambientale a livello europeo, ha
commissionato uno studio comparato sulla situazione di alcune domande di
derivazione in provincia, evidenziando come le direttive europee
vengano puntualmente violate. L'obbiettivo è di sottoporre questo studio
in un ricorso alla commissione europea, per fare rispettare le regole che ci
sono, per dire basta ai clientelismi a danno dei beni comuni, per
fermare lo sfruttamento insostenibile dei nostri fiumi.
GIOVEDI' 28 MARZO ORE 20:30
SALA ELISEO "BIANCHI" DAL PONT
VIALE FANTUZZI 11 - BELLUNO
INTERVERRANNO:
ANDREA ZANONI (parlamentare europeo) - AVV. MATTEO CERUTI (avvocato specialista in diritto dell'ambiente) - DOTT. MARCO STEVANIN (consulente in campo ambientale) - LUCIA RUFFATO (comitato bellunese acqua bene comune)
APPELLO PUBBLICO
UN RICORSO EUROPEO IN DIFESA DEI NOSTRI FIUMI
Il Comitato Bellunese Acqua Bene Comune assieme ad una rete provinciale
di 50 tra associazioni e movimenti in data 25 Aprile del 2009 ha
promosso una raccolta firme attraverso la quale si richiedeva un
moratoria in riferimento all’iperbolica richiesta di nuove concessioni
di derivazioni a scopo idroelettrico che si andrebbero a sommare al già
cospicuo e mal regolamentato sfruttamento idroelettrico nel territorio
bellunese. Oltre le più rosee aspettative, 9000 cittadini bellunesi
avevano sottoscritto la proposta.
Grazie a quell’iniziativa, il comitato ha preso coscienza della ampia condivisione attorno a queste essenziali rivendicazioni.
Successivamente si è dato vita a un percorso partecipativo che in
questi anni ha contribuito a far conoscere “la questione dei fiumi nel
bellunese” anche al di fuori della nostra provincia.
Oggi è
noto che il bacino della Piave ha il 90 per cento delle acque
artificializzate e a fianco della poca acqua libera, si sviluppa una
rete di oltre 200 chilometri di tubature e condotte che attraversano le
nostre valli.
Sul restante 10 per cento dei corsi d’acqua
ancora inalterati, pendono oltre 130 richieste di nuove concessioni (e
il numero continua a crescere). Nel caso fossero approvate, il loro
contributo energetico sarebbe insignificante rispetto al totale della
produzione nazionale che dipende quasi unicamente dai grandi impianti,
mentre l’impatto ambientale e paesaggistico sarebbe enorme, in un
contesto dove gli ecosistemi fluviali sono già profondamente
compromessi. Questa recente esplosione di domande è la conseguenza di un
mercato energetico sostanzialmente drogato, che grazie agli incentivi
pubblici, ha reso conveniente la produzione idroelettrica in siti
altrimenti non idonei e poco produttivi.
Inoltre, circa il 50
per cento di queste richieste, ricadono in zone di alto interesse
naturalistico, come le zone Sic/Zps di Rete Natura 2000. Queste zone di
interesse comunitario sono incastonate nelle Alpi decretate, a loro
volta, di grande interesse strategico dall’Europa. Per la protezione
dell’arco alpino esiste una convenzione (Convenzione delle Alpi), la cui
presidenza è attualmente in mano al Governo Italiano che ne ha,
recentemente, ratificato tutti i protocolli. Per dare ancora più senso a
questi riferimenti, va sottolineato che i nostri territori ricadono nel
Bene Seriale e Naturale Dolomiti UNESCO e che i “gioielli di corte”
ritenuti patrimonio dell’umanità sono Paesaggio e Geologia. L’acqua
evidentemente regola questo patrimonio.
Oggi, si continua a
vendere più acqua di quanta ve ne sia a disposizione, conteggiando, in
maniera scandalosa, i metri cubi di acqua non più disponibile dei bacini
di Pontesei e del Vajont.
La sete di denaro che fa venire
l’acqua è inesauribile e il fenomeno dello svuotamento estivo dei laghi
artificiali è lì a ricordarcelo ogni anno.
Il deflusso minimo
vitale concesso ai fiumi nelle procedure della regione Veneto è
anacronistico sul piano legislativo e per lo più calcolato sulle portate
rilevate negli anni sessanta del secolo scorso nonostante le condizioni
da allora siano evidentemente molto cambiate in quanto a piogge e
precipitazioni nevose e potenzialità di assorbimento dei suoli. Il tutto
mentre continuano a mancare i controlli sulla gestione dei rilasci e
sugli inderogabili obblighi di conservazione e miglioramento degli
ecosistemi fluviali così come previsto dalla Direttiva Europea sulle
Acque. Nel bellunese il risultato è ben visibile, con lunghi tratti di
molti torrenti sostanzialmente prosciugati e compromessi anche da
autorizzazioni cumulative di derivazioni che insistono sullo stesso
bacino fluviale. Nonostante la gravità della situazione, la politica
istituzionale è ancora ben lontana da dare risposte efficaci al problema
e molto spesso nasconde ancora la testa sotto la (Val) sabbia. In
questo senso la vicenda della Valle del Mis è emblematica. Era dal 2009
che il Comitato Acqua Bene Comune denunciava l’irregolarità e
l’illegittimità di quel progetto e c’è voluta, tre anni dopo, la
sentenza della Corte di Cassazione per ristabilire la verità e bloccare
lo scempio, a discapito di un territorio, Parco Nazionale e Patrimonio
dell’Umanità (la zona di intervento ricade nell’area cuore del Sistema 3
Dolomiti UNESCO), profondamente ferito dalle ruspe. Poche, se non
pochissime, sono state le voci dei politici bellunesi che si sono alzate
in sostegno di quella battaglia, a differenza dell’impegno di una
cittadinanza sempre più numerosa che dal 2009 accompagna e partecipa
alle iniziative del comitato.
I presidi, gli incontri pubblici,
le assemblee e le tre grandi manifestazioni provinciali, hanno visto la
partecipazione di migliaia di cittadine e di cittadini. Questa maturata
ed estesa sensibilità e coesione di comunità ci spingono ora a
rilanciare mettendo in campo “la madre di tutte le nostre iniziative”
nell’anno del cinquantesimo anniversario della strage del Vajont: un
ricorso europeo per chiedere lo STOP DELL’IPER SFRUTTAMENTO
IDROELETTRICO IN PROVINCIA DI BELLUNO, per denunciare le inadempienze
procedurali nelle concessioni, per chiedere l’applicazione delle
NORMATIVE EUROPEE CHE PREVEDONO LA CONSERVAZIONE E IL MIGLIORAMENTO
DELLA QUALITÀ DEI NOSTRI CORSI D’ACQUA IN LINEA con gli obbiettivi
istitutivi del riconoscimento DOLOMITI UNESCO e dell’individuazione dei
Siti comunitari della Rete Natura 2000.
Il ricorso europeo sarà
presentato in un incontro pubblico giovedi' 28 marzo , alle ore 20:30
in sala Eliseo “Bianchi” Dal Pont a Belluno (via fantuzzi 11).
Invitiamo, pertanto, tutti i cittadini e le cittadine, le associazioni, i
comitati, i movimenti, le amministrazioni comunali, le forze politiche,
a partecipare all’assemblea, ad aderire e sostenere il ricorso europeo,
con l’obbiettivo di costruire una grande coalizione in difesa di questo
territorio, con lo scopo di bloccare la mercificazione dell’ultima
acqua rimasta libera di scorrere nei nostri fiumi.
Comitato Bellunese Acqua Bene Comune
per aderire: [email protected]
Giovedì 28 marzo ore 20:30 - Presso Sala Eliseo "Bianchi" Dal Pont - Viale Fantuzzi 11 Belluno
Belluno - Presentazione del ricorso europeo contro lo sfruttamento dei nostri fiumi
11 / 3 / 2013