Bologna - Làbas in Piazza Verdi

27 / 5 / 2013

Martedì 28 maggio: Làbas in piazza Verdi

- Dalle 12:30 Pranzo sociale contro la crisi

- Durante il pomeriggio Làbas in piazza con laboratori, aula studio, inchiesta contro la crisi, banchetti informativi sulla campagna contro il carovita.

- Dalle ore 18.00 dibattito "Grandi opere e lotte territoriali":
Come i cittadini si riprendono il diritto di scegliere sul proprio territorio. 
Grandi Navi, Maxi antenne militari, People Mover, ma anche autostrade, TAV, ponti, inceneritori..... Sono molti oggi i comitati nati in Italia, come tante e troppe sono le grandi opere che, nella maggior parte dei casi, distruggono a poco a poco lo Stivale. Infatti, come possono il Governo e i suoi ministri, senza conoscere la struttura del territorio o la composizione degli abitanti, decidere della devastazione di una valle per far passare un treno, di far passare una grande nave nel cuore di Venezia distruggendo la Laguna, di mettere in pericolo i cittadini installando antenne o costruendo inceneritori...? Per questo nascono i comitati, nasce una nuova forma di democrazia: per riappropriarsi del diritto di decidere, sulla propria vita e sul proprio territorio. 
E per questo il 7-8-9 Giugno saremo a Venezia, per dire No Grandi Navi e No Grandi Opere.
http://www.nograndinavi.it/8-9-giugno-tutti-a-venezia-giornate-internazionali-di-lotta-contro-le-grandi-navi-e-le-grandi-opere/

Ne parliamo con: 
Tommaso cacciari – Comitato No Grandi Navi, Laguna bene comune (Venezia) 
Totò e Simone – Comitato No Muos (Niscemi – Bologna)
Andrea Tesini – Comitato No People Mover (Bologna)

Oltre al tradizionale pranzo di Làbas contro la crisi, porteremo in Piazza Verdi i nostri libri, la nostra aula studio, il nostro orto libero, la casa dell'arte, e tutti quei progetti che costruiamo quotidianamente nell'ex caserma Masini, e abbiamo deciso di spostare in piazza il dibattito già in programma a Làbas.

Lo facciamo dopo i gravissimi avvenimenti di giovedì scorso in Piazza Verdi; dopo le cariche indiscriminate e brutali delle forze dell'ordine arrivate in "supporto" alla polizia municipale decisa a far rispettare un regolamento; dopo le dichiarazioni vergognose dell'amministrazione comunale, del presidente di quartiere, della questura e della procura, che rispondono chiaramente a logiche di restrizione degli spazi di aggregazione e di socialità in questa città.

Lo facciamo perché vogliamo lanciare forte il segnale che piazza Verdi, tutte le piazze e questa città devono essere libere e aperte alle progettualità di chi le vive, le attraversa e le arricchisce quotidianamente. Questa città deve dare la possibilità di aprire liberi laboratori di sperimentazione politica e sociale per contrastare gli effetti disgreganti e depressivi della crisi, per costruire una socialità altra e felice, lontana sia dai tristi degradi consumistici che dalla normatività imposta dall'alto ai nostri corpi attraverso l'utilizzo strumentale delle forze di polizia da parte dell'amministrazione cittadina e universitaria, in una tristissima dialettica mediatatico-politica con i comitati antidegrado, frutto di interessi politici ed economici delle solite cricche.

A SEGUIRE COMUNICATO DI Làbas:

Giovedì sera, piazza Verdi: le forze dell’ordine caricano più volte per liberare la piazza da un pericolosissimo impianto d’amplificazione, necessario per un’assemblea pubblica.

Le lamentele e le paure del comitato di quartiere di turno vengono recepite dall’amministrazione e accontentate manu militari: nessuna iniziativa, nessun microfono, nessuna socialità.

A seguito di un episodio tanto grave, ancora più sconcerto deriva dalle dichiarazioni del questore, della procura e del sindaco, nonché dal silenzio del rettore (che tace di fronte alle manganellate tirate agli studenti nel cortile di casa sua). Tutti solidali con il reparto mobile e pronti ad adottare il metodico intervento ogni qualvolta sarà necessario.

Il clima è reso ancora più surreale dalla protesta del VII reparto: impossibile svolgere il loro lavoro con serenità ed efficacia, a mani libere, se rischiano di essere condannati quando aggrediscono o commettono violenze volontarie ai danni di persone che manifestano.

Il tentativo di svuotare la zona universitaria, magari riuscendo anche a dislocare le facoltà fuori porta, sarebbe l’ultimo tassello di un puzzle che ha, negli anni, disegnato una Bologna in cui disciplinare, a suono di ordinanze, l’attraversamento e la socialità di una generazione e della popolazione universitaria.

Le tecniche di lotta al degrado messe in campo in piazza Verdi rispondono ad un progetto di città che prova a marginalizzare, o ancora peggio a criminalizzare, una parte della popolazione che vive e contribuisce alla sua ricchezza. La Bologna-vetrina piena di telecamere, dalle piazze deserte e linde è la soluzione messa in campo dietro alla retorica della sicurezza e del decoro.

Oggi più di ieri, con l’arrivo dell’estate e di fronte alla crisi che continua ferocemente, restringendo di fatto anche le possibilità di vivere momenti di aggregazione e divertimento, non possiamo rinchiuderci nelle riserve dei locali, ma vogliamo essere liberi di attraversare questa città e le sue piazze.

Oggi, come ieri, di fronte ad uno ceto politico che si trastulla fra ineleggibilità e diarie, vogliamo continuare ad aprire spazi di dissenso e partecipazione che non si possono sgomberare con manganelli e ordinanze, che provano a rimettere al centro risposte dirette alla crisi e alla disperazione individuale.

Voi provate ancora a fare gli sceriffi, noi continueremo ad essere indiani!

Làbas