Catania - In volo i 68 migranti "rimpatriati". A fondo il diritto d’asilo

In volo verso l'Egitto. Onu e organizzazioni umanitarie non hanno potuto neppure incontrarli

28 / 10 / 2010

Immagina di essere fuggito da un paese in cui il "vicino di casa" decide di essere il proprietario di ogni granello di sabbia che sta sotto le tue scarpe. Immagina un muro lungo migliaia di chilometri che divide famiglie e ingabbia la mobilità. Immagina che i campi che coltivavi, l’università che frequentavi, il progetto che perseguivi, se li siano portati via, ti siano stati sottratti. Immagina poi che questo vicino, un pò esuberante, stia piano piano costrurendo quartieri interi al posto delle case tue e dei tuoi fratelli. Ecco, immagina di essere un palestinese che di fronte a tutto questo parte per raggiungere quell’Europa che spesso tuona moniti (mai troppo convinti) contro questa situazione. Immagina quindi di riuscire a fuggire e ad approdare faticosamente sulle coste italiane per poi venire rinchiuso in un impianto sportivo adibito per l’occasione a gabbia. Immagina poi di vedere le auto dell’Onu, che pure hai visto spesso girare per le strade di Ramallah (e hai sentito dire che "quelli" tutelano i diritti e lo fanno con il mandato dei paesi che "stanno in alto"), bloccate fuori dai cancelli senza che possano neppure rivolgerti una parola, verificare le tue condizioni, fornirti delle informazioni. Immagina poi che tutto questo si concluda con un volo charter che ti spedisce in Egitto, un paese diverso dal tuo perchè le autorità, o meglio, qualcuno al posto di chi doveva decidere secondo la legge, hanno deciso che Palestina non si può dire, è troppo facile.
Sei sei riuscito ad entrare in questo incubo allora benvenuto a Catania, 26 e 27 ottobre 2010.

Poco importa se fossero realmente palestinesi o meno, o se invece fossero semplicemente persone in fuga, magari non al primo tentativo, magari neppure alla prima avventura in Italia (la prima conclusasi dopo un pò di tempo con una espulsione). Ciò che conta è che oggi il destino di quei migranti sbarcati a Catania ha ancor di più (come se poi ve ne fosse il bisogno) contribuito a smantellare ogni piccola prassi, ogni usuale ritualità, anche quelle di facciata o poco utili, legate alla garanzia del diritto d’asilo in Italia.

I respingimenti, la compavendita di corpi in Libia, gli spari contro le barche, i morti in mezzo al mare, non sono bastati. Tira aria di campagna elettorale e chissà se i finiani saranno fedeli o se i centristi trovano l’intesa con la sinistra, chissà se i sondaggi reggono e se Porta a Porta potrà continuare a tenere l’attenzione sul "giallo di Avetrana". Uno sbarco, per giunta di 131 persone, dopo che per mesi abbiamo sentito raccontare la fine degli approdi sulle nostre coste (come se poi numericamente fossero rilevanti rispetto ai numeri dell’irregolarità), non ce lo si poteva proprio permettere. La campagna elettorale non perdona e se serve andare oltre, si va oltre. E con l’aria che tira siamo in campagna elettorale permanente.
Non è un caso che già dopo pochi minuti dalla decisione di procedere al rimpatrio (ma forse dovremmo parlare di deportazione visto che non si capisce se la "patria" scelta, l’Egitto, sia poi quella giusta), sul sito del Viminale veniva pubblicato un comunicato stampa per far conoscere al paese intero che chi si azzarda ad avvicinarsi alle nostre coste ha avuto la sua lezione.
Certo che dopo essersi dovuto arrendere a Terzigno quale più ghiotta occasione di un centinaio di "clandestini" per tentare di rifarsi il vestito? Perché l’immigrazione è un pò questo oggi, il campo nemico sul quale spesso, troppo spesso, noi giochiamo fuori casa e tutto per il governo sembra facile.

Ecco che allora chi ha saputo non deve poter raccontare, come è capitato alla rete anti razzista catanese che già la scorsa notte presidiava il molo ed è stata caricata per due volte in 12 ore per sgomberare la zona. Ecco che anche chi normalmente, doverosamente, viene messo al corrente e soprattutto messo nella condizione di operare, deve essere tenuto alla larga dalla situazione, come è invece capitato all’Alto Commisariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ed a Save The Children, a cui è stato impedito l’accesso al PalaNitta (il luogo dell’identificazione).

Fin dalle prime ore le notizie trapelate dall’interno della struttura facevano ritenere che la presenza di minori nel gruppo fosse cospicua e, dopo un primo tentativo di attribuire la minore età a solo 10 di loro, almeno su questo c’è stato un passo indietro, riconoscendo a 44 minori la possibilità (che per la verità è un obbligo) di essere accolti anche se con grave ritardo visto che per tutta la notte sono stati trattenuti, contrariamente a quanto prevede la normativa per la tutela dei minori, insieme agli altri migranti.
Per 19 persone c’è stato l’arresto per altri 68 un volo verso l’Egitto.

La partita si è giocata intorno a due forzature del Ministero dell’Interno. Da un lato vi è stata l’arrogante decisione di impedire all’Unhcr ed alle altre organizzazioni facendi parti del progetto Praesidium di incontrare i migranti. Il loro ruolo sarebbe stato certamente non determinante ma avrebbe consentito quantomeno di monitorare la situazione ed almeno di fornire informazioni ai migranti stessi sull’accesso alle procedure d’asilo. Tutto ciò nel chiaro intento di inibire ai migranti la possibilità di accedere alle procedure di garanzia.
Da sottolineare come il progetto Praesidium sia finanzato dallo stesso Ministero dell’Interno proprio "con l’obiettivo di fornire informazioni e orientamento a coloro che arrivano sulle coste siciliane e di rafforzare le capacità di accoglienza".

Mentre veniva impedito l’accesso all’impianto del PalaNitta alle organizzazioni internazionali, e per la seconda volta venivano colpiti da una carica della Polizia gli attivisti giunti sul luogo con gli Avvocati per cercare di comunicare con l’interno del centro e di impedire il rimpatrio, nella struttura si consumava la violazione più grave delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, come la stessa Guardia di Finanza ha avuto modo di confermare con le dichiarazioni rese alla stampa durante la giornata. Le Fiamme Gialle infatti si sono sostituite alla Commissione territoriale, unico organo competente ad esprimersi sulla nazionalità o l’età di chi presenta domanda d’asilo, attribuendo ai migranti la cittadinanza egiziana ed aprendo quindi la strada al rimpatrio immediato di 68 tra loro che volano verso l’Egitto insieme agli ultimi brandelli del diritto d’asilo.

Una nuova pagina, un nuovo capitolo, nell’ormai interminabile processo di smantellamento del diritto d’asilo, che spesso sembra così lontano, così collaterale alla nostre vite, salvo poi accorgersi che la deroga permanente ai diritti non è un affare di Istituzioni internazionali o di popoli lontani, ma una normalità che passa attraverso la frontiera, per poi materializzarsi a Pomigliano, Melfi, nella scuola e nella formazione, nella quotidiana esistenza precaria di noi tutti.
Non occorre essere un palestinese per indignarsi.... ...Non occorre un muro per capire che il futuro e la terra che stanno rubando da sotto i piedi sono i tuoi...

-  Rete anti razzista sui fatti conseguenti allo sbarco di 128 cittadini stranieri a Catania
-  Catania - Dopo lo sbarco la violazione delle procedure d’asilo
-  Unhcr - Negato l’accesso a 128 migranti sbarcati a Catania
-  Sbarco di 128 richiedenti asilo palestinesi, Catania città aperta all’accoglienza?
-  ASGI chiede il rispetto dei diritti dei migranti e dei rifugiati sbarcati a Catania
-  Cir - Subito accesso alle persone sbarcate a Catania

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