Inchiesta sulla SLA e le morti nel mondo del calcio. Tra medicinali, veleni e pesticidi.

C'era un grande prato verde...

di Antonio Musella

8 / 10 / 2010

Nella canzone di Gianni Morandi, nel grande prato verde c’erano speranze che si chiamavano ragazzi. Nella nostra storia, su quel grande prato verde, le speranze che andiamo a raccontare hanno trascorso la vita ed incontrato la morte.

Speranze, ragazzi, calciatori.

Come Gianluca Signorini, come Stefano Borgonovo. Campioni.

Ma anche meno noti come Franco Tafuni oppure Maurizio Gabbana.
Una vita trascorsa in quello che è senza dubbio lo sport più bello del mondo: il calcio. Una vita spezzata dal morbo di Lou Gherig, ovvero la sclerosi laterale amiotrofica, ma anche dalla leucemia o dal tumore.
In mezzo tante, troppe domande senza nessuna risposta.
I perché dei calciatori ammalatisi e poi morti e delle loro famiglie.

La necessità della ricerca, su cui nel nostro paese si investe sempre di meno.
La necessità di trovare delle risposte ad una domanda: perché a me?

Bisogna raccontare della Sla e delle morti nel calcio. Esiste un dovere di approfondire il bisogno di risposte a quelle tante domande. Non ci si può fermare solo in superficie. Bisogna raccontare dei veleni che hanno circondato quelle speranze, che sono entrati nei loro organi. Raccontare di quell’eccesso di farmaci in tempi in cui “il dottore” sapeva sempre cosa fare.

Bisognerebbe far comprendere a quei tanti tifosi, a cominciare da quelli di Genoa e Fiorentina che hanno visto Signorini e Borgonovo consumarsi, che le “disgrazie” non esistono. Non esiste la fatalità. Ci sono sempre delle cause e talvolta anche dei responsabili.

Quello stronzo di Lou e le squadre malate.

Stefano Borgonovo l’ha sempre chiamata la stronza. Con disprezzo, per indicare quel morbo che ha visto pian piano la degenerazione del suo sistema nervoso e muscolare. Prima si cominciano a paralizzare i muscoli. Lentamente, ma inesorabilmente, si perde il controllo degli arti, poi della colonna vertebrale. Arriva la paralisi, poi si perde anche la parola. A quel punto si dovrà solo attendere che anche il cuore si fermi per passare oltre. Mentre avviene tutto questo il malato è assolutamente vigile e cosciente. In pratica si vede morire.

La stronza è nota come morbo di Lou Gherig, oppure “malattia di Charcot” o anche “malattia dei motoneuroni”. Professionalmente, sclerosi laterale amiotrofica.

Lou Gherig era un giocatore di baseball americano, dei New York Yankees, morto nel 1941 di Sla. Nel 1939 fu il primo giocatore ad avere l’onore di veder ritirato il numero di maglia, il 13. Dalla sua morte in poi, a cominciare dagli Stati Uniti, sono partiti gli studi medici per saperne di più sulla malattia e provare ad individuare una cura. Sono passati quasi sessant’anni e siamo ancora lontani dall’individuarne una. I casi di Sla nel mondo del calcio in Italia sono circa 51, decessi esclusi. Già, perché dagli anni sessanta ad oggi, periodo su cui da più parti si misura l’incidenza della Sla nel mondo del calcio, non è ben definito quale sia esattamente il numero di decessi. Tra le morti accertate non ci sono solo calciatori, ma anche l’arbitro Giovanni Nuvoli, oppure ex allenatori, come Fulvio Bernardini, tecnico di Fiorentina e Bologna oltre che allenatore dell’Italia. Secondo Nicola Vanacore, epidemiologo dell’Istituto Superiore della Sanità, la Sla colpisce i calciatori in Italia con un’incidenza di 11,5 volte in più rispetto ad altre categorie professionali[1]. Vista l’assenza di una definizione complessiva delle cause della malattia, per l’Istituto Superiore della Sanità la vicenda dei calciatori colpiti da Sla assume il macabro, ma scientificamente rilevante, ruolo di “campione”. Attraverso lo studio di questo campione i ricercatori italiani provano a saperne di più sulla malattia.

Sono diverse le squadre che sono state colpite in maniera massiccia dalla Sla. Erroneamente si fa riferimento solo agli anni settanta ed ottanta per andare ad analizzare l’incidenza della Sla nel calcio italiano. Il primo caso accertato risale infatti agli anni sessanta ed è Armando Segato della Fiorentina del primo scudetto ’59-’60. Il primo morto di Sla nel calcio italiano.

Ma non c’e’ solo la Sla. Prima ancora di approfondire i casi di Sla nel calcio, andiamo a scoprire, attraverso una rapida e breve rassegna, i tanti casi di morti sospette nel mondo del calcio dovute a neoplasie, leucemie ed infarti.

Proprio la Fiorentina ha visto diversi suoi calciatori di quegli anni colpiti da neoplasie e leucemie. È il caso di Bruno Beatrice, alla Fiorentina dal ’73 al ’76, morto di leucemia. Il caso di Bruno Beatrice è stato uno dei primi su cui è nata l’inchiesta del Pm di Torino Antonio Guariniello, che ha provato ad indagare i legami e le connessioni tra calcio, doping e Sla. In quella Fiorentina però anche altri calciatori sono morti con neoplasie o malattie degenerative o ne hanno subito danni permanenti. Ferrante morì di tumore, Longoni di vasculopatia cardiaca, Beatrice come detto di leucemia. Ma sono le dichiarazioni di Massimo Mattolini, portiere della Fiorentina tra il ’74 ed il ’77, a fornirci uno spaccato di come si comportavano i medici delle squadre di calcio in quegli anni. Mattolini è stato ascoltato dal procuratore Guariniello. Ha sofferto di gravi insufficienze renali dal 1990 che lo hanno costretto a sottoporsi a trapianto di rene.

L’ex portiere viola, che ha militato anche in Napoli, Foggia e Padova, ha dichiarato a Guariniello “A me facevano iniezioni di corteccia surrenale, che mi venivano praticate quando ero affaticato. I medici mi dicevano che servivano da ricostituente, che avrei recuperato più in fretta”[2].

Tra quelli sentiti da Guariniello, di quella Fiorentina c’e’ anche Nello Saltutti, morto poi anche lui di infarto. Le dichiarazioni di Saltutti ricalcano lo scenario descritto dal portiere Mattolini. Intervistato prima della sua morte dall’attivista toscano e noto conoscitore delle vicende sportive, Massimo Cervelli[3], Saltutti ricordò un episodio inquietante. “Mi ricordo quando giocammo a Manchester, contro lo United, prima della partita ci fecero bere uno strano caffè. Sta di fatto che giocammo una partita a mille ed io feci un goal favoloso. Questo episodio l’ho raccontato anche a Guariniello”.

Strani caffè, iniezioni di corteccia surrenale prima delle partite. Ai tempi il medico sociale era il professor Bruno Anselmi, una figura importante, fra l’altro uno dei fondatori, nel 1976, della Libera Associazione Medici Italiani del Calcio (L.A.M.I.CA) che tutela la figura, e l’opera, del medico sociale nell’ambito della FIGC. Il dottor Anselmi si è anche difeso da queste accuse. Intervistato dal Corriere Fiorentino il 24 agosto del 2010 Anselmi dichiara : “Ma scusi, che vuole che sia una fiala di ricostituente o un analgesico perché avevano dolore? Altrimenti qui si entra nelle cattiverie. A quei tempi ai giocatori non gli facevamo nulla, analgesici, una flebo di levulosio, un po’ di corteccia surrenale…”. Anselmi parla anche del mistero delle cartelle cliniche della Fiorentina di quegli anni che sembrano sparite nel nulla : “Quando sono venuto via dalla Fiorentina le avevo lasciate in un armadio. Poi dopo il fallimento i nuovi dirigenti, i nuovi medici quelle cartelle le hanno messe da una parte, poi si dice che siano alluvionate... Al Franchi ci fu una perdita d’acqua e molti carteggi erano andati persi"[4]. Eppure a Firenze nessuno ricorda quell’alluvione.

Quello che si evince senza dubbio è un atteggiamento dei medici delle squadre di calcio quanto meno discutibile, ma non si può automaticamente sostenere che la Fiorentina di quegli anni è un caso esemplare ed unico. Ma senza dubbio come ricorda Carlo Petrini in “Nel fango del Dio pallone”, la Fiorentina di quegli anni è un caso di paradigma tra calcio e medicina.

Come ricorda lo stesso Massimo Cervelli ci sono casi di estrema longevità tra i calciatori di quegli anni, come Sarti e Magnini, ancora in gran forma oppure Chiappella e Cervato, morti da poco. Ma anche altri, come Giancarlo Antognoni colpito da infarto nel 2004, Picchio De Sisti guarito da un particolarissimo ascesso al cervello, Mimmo Caso guarito da un tumore al fegato. Infine Giancarlo Gladiolo recentemente colpito da un morbo molto simile alla Sla.
Ma su “pratiche” di questo tipo da parte dei medici sociali era stato lo stesso Gianluca Signorini ha dare diretta testimonianza prima di morire. Lo aveva raccontato a Panorama nel 2001: "Mi iniettavano molto Voltaren inframuscolo per i continui dolori alla caviglia, e poi Neoton ed Esafosfina direttamente in vena prima delle partite".

Il Cesena è un altro dei club colpito da strane morti. Lo racconta anche Massimiliano Castellani, giornalista de L’Avvenire, nel suo libro inchiesta “Il morbo del pallone”. Il libro vede un intero capitolo dedicato a Giorgio Rognoni, ex Milan e protagonista anche a Cesena negli anni ’70, in quella squadra che nel 1976 centrò lo storico traguardo della qualificazione alla Coppa Uefa. Rognoni è morto di Sla nel 1986.

Ma anche altri calciatori del Cesena di quegli anni hanno avuto strane morti o sono scampati a tragiche neoplasie. È il caso di Fulvio Zuccheri morto di infarto durante una partitella amatoriale a Cesena organizzata dagli ultras della squadra romagnola.

Come Zuccheri, è morto di infarto, mentre faceva footing anche l’ex cesenate Francesco Brignani. Per quel Cesena transitò anche l’ex viola Bruno Beatrice di cui abbiamo già raccontato. Gil De Ponti è morto nel 1995 per un tumore alla testa, anche lui calciatore del Cesena.
Al Bologna invece, dove Fulvio Zuccheri passò nel ’80-’81, ci sono i casi di Carlo Petrini scampato ad un tumore al cervello e Salvatore Garritano anche lui vittima di leucemia.

Calciatori, atleti, continuamente seguiti da medici, che si ammalano di tumori e leucemie o che muoiono di infarto.

Alcuni ricorderanno anche il caso del difensore Andrea Fortunato, calciatore di Atalanta e Juventus negli anni ’90, morto per leucemia fulminante a ventiquattro anni.

Molte di queste storie sono finite nella prima ed unica inchiesta giudiziaria fino ad ora svolta sulla Sla e le morti sospette nel calcio. Le storie dei tumori, delle leucemie e degli infarti che hanno colpito numerosi altri calciatori oltre ai casi citati, sono storie emerse nell’inchiesta del pm torinese Guariniello.

Guariniello è stato il titolare anche dell’inchiesta sul doping che ha riguardato la Juventus. Dalle denuncie di Zdenek Zeman, ritornato recentemente in Italia ad allenare nuovamente il Foggia il Lega Pro, partì l’inchiesta del procuratore torinese.

Quella inchiesta è finita con la prescrizione del reato per il dottor Agricola, medico sociale della Juventus negli anni novanta, e l’ex amministratore delegato bianconero Antonio Giraudo. La prescrizione ha riguardato il reato di frode sportiva, ovvero, come ipotizzava Guariniello :  somministrazione off-label di farmaci leciti, che si intendeva ricompresa nella norma ex art. 1 L. 401/89, che disciplina il reato di “alterazione delle competizioni sportive”. Quindi abuso di farmaci leciti.
Mentre quella inchiesta si è fermata davanti alla Cassazione con la prescrizione dei reati per i dirigenti della Juventus, l’altra inchiesta, quella sulle morti sospette nel calcio e sulla diffusione della Sla dal 1999 ad oggi continua.

Senza dubbio le storie raccontate a Guariniello mettono i brividi. Abbiamo sentito di iniezioni di corteccia surrenale, iniezioni ed abuso di farmaci spesso endovena.
Nei verbali di Guariniello, nei racconti dei tanti ex atleti ascoltati emergono con insistenza alcuni farmaci: Cortex, Micoren e Voltaren.
Un utilizzo dei farmaci che ha minato in maniera irreversibile la salute dei calciatori.

Bisogna essere chiari per non essere fraintesi. Al momento non si è in grado di dimostrare scientificamente nulla. Per la Sla i nessi non si conoscono ancora, ne’ tantomeno per le altre malattie. Ma i fatti su cui si concentra la nostra inchiesta sono tre. Il primo è l’utilizzo sconsiderato di farmaci nel mondo del calcio tra gli anni ’60 ed ’80 fino alle note vicende del doping degli anni ’90, che hanno visto alla sbarra lo staff medico della Juventus a cominciare dal professor Agricola e come questa esposizione ai farmaci abbia potuto causare la morte successiva dei calciatori. Gli altri due aspetti che vedremo in seguito riguardano l’ambiente in cui i calciatori svolgevano le loro attività. Cosa c’era su quel grande prato verde ed intorno ad esso.

Ma che colpa abbiamo noi ?

Il ritornello che si sussurra in Figc e nei principali club italiani sembra essere proprio questo. Tutti ad affrettarsi a dire che non c’e’ nessuna relazione tra il gioco del calcio e la Sla. Tra i sostenitori di questa tesi anche Benedetta Signorini, figlia di Gianluca Signorini e sorella di Andrea, calciatore anche lui ed attualmente in forza al Benevento. “Mio padre l’ha sempre detto che non c’era connessione”.

In realtà la fretta con cui la Figc ed il Coni hanno commissionato studi e speso litri di inchiostro per dimostrare l’assenza di nesso tra Sla e gioco del calcio è un’altra. Ai tempi dell’inchiesta sulla Juventus e su Agricola e Giraduo, la grande preoccupazione era che Guariniello potesse dimostrare che l’uso del doping fosse correlato alla Sla. Dopo la chiusura dell’inchiesta il fantasma di Zdenek Zeman e delle sue denuncie, almeno fino allo scandalo di Calciopoli era ancora vivo. Troppi interessi, equilibri da mantenere. Non importa cosa provoca la Sla, ma basta che chiariamo che il doping non c’entra nulla e che il calcio non c’entra nulla. Si è fatto un uso strumentale delle ricerche sulla Sla, almeno fino agli ultimi due anni.

È vero, non e’ dimostrato che il doping sia connesso alla Sla.

Ancor di più è chiaro che il gioco del calcio non porta alla Sla. D’altronde era come sostenere che bere l’acqua fa venire il tumore. Non è così…a meno che l’acqua non sia inquinata.

Ecco il punto!

Nella necessità di dover nascondere gli scheletri del doping si è pensato bene, da parte degli organi sportivi fino al processo alla Juventus, di indagare solo sulle connessioni tra Sla e sostanze dopanti e sulla relazione tra la pratica dello sport del calcio e la Sla. Il resto contava poco.

E l’acqua inquinata?

Gli studi più complessi sono stanzialmente due. Il primo è quello commissionato dalla Figc e dal Coni, coordinato dal professor Paolo Zeppilli e da una commissione che ha visto presenti tra gli altri, Mario Sabatelli neurologo del Policlinico Gemelli di Roma. Questo studio, reso pubblico il 31 luglio del 2009, esclude una relazione diretta tra calcio e Sla. I giornali si limitano e riportare a titoli cubitali solo questa notizia dell’intero studio. Il lavoro dello staff di Zeppilli però ci dice anche due cose importantissime. La prima riguarda la genetica e gira intorno all’acetilcolina. “I recettori dell'acetilcolina possono essere infatti bersaglio di numerose sostanze ambientali, come nicotina, pesticidi e tossine batteriche, gia' considerati in passato fattori di rischio per questa malattia”. Lo stesso dottor Sabatelli precisa ulteriormente: “Siamo riusciti a trovare un modello reale, che fino ad oggi era solo teorico di interazione tra fattori genetici predisponenti ed ambiente nella Sla”[5]. Il secondo fattore invece collega l’abuso dei farmaci con il sorgere della malattia: “Non si puo' escludere ancora che l'abuso di farmaci, in particolare gli anti-infiammatori, di per se' non dannosi, possano essere uno dei fattori della malattia”.
Dunque non è che se pratichi il calcio ti viene la Sla.

Ma se il tuo medico sociale ti inietta corteccia surrenale, oppure Voltaren endovena, oppure magari ti alleni su un campo pieno di pesticidi, oppure intorno al tuo campo di allenamento ci sono fabbriche di veleni….magari forse ti può venire la Sla.

A supportare la nostra tesi è il secondo studio a cui facciamo riferimento[6]. Uno studio effettuato da Giorgio Galanti, professore di medicina dello Sport all’Università di Firenze, da Valentina Di Tante, Agenzia di medicina dello sport dell’Ospedale Careggi di Firenze e da Paolo Manetti, ex medico sociale del Acf Fiorentina.

I medici fiorentini ci raccontano innanzitutto di come le tesi del professore australiano Rod Markham, che parlano di connessione tra calcio e Sla dovuta all’utilizzo frequente dei colpi di testa nello sport del pallone a scacchi, siano state confutate. Infatti, proprio alcuni studi pubblicati sulla rivista scientifica Neuroepidemiology nel 1999, non hanno confermato tale associazione. Nonostante ciò, ad esempio, la Federazione calcistica olandese ha vietato l’utilizzo dei colpi di testa ai giovani calciatori fino a 16 anni.

Lo studio dei fiorentini però ci porta a due elementi che supportano la nostra tesi.

Il primo passaggio è il seguente : “Alcuni studi epidemiologici hanno evidenziato un’associazione fra SLA ed esposizione ad agenti tossici. Tra quelli maggiormente chiamati in causa sono i pesticidi e i fertilizzanti. Tali sostanze utilizzate anche per la manutenzione del campo da gioco potrebbero essere responsabili oltremodo dell’insorgenza della malattia tra i calciatori”. Tale ipotesi è suffragata anche dalla mortalità per Sla nella categoria dei contadini ed agricoltori che è superiore di due volte a quella dei calciatori. Oltre ai pesticidi ed agli agenti patogeni esterni, anche in questo studio abbiamo il supporto dell’abuso di farmaci. “In un recente studio, pubblicato su Lancet Neurology, il dottor Simone Beretta ha ipotizzato che l’abuso di farmaci antinfiammatori possa avere un importante ruolo nella morte motoneuronale. Secondo Beretta infatti mentre il corretto uso di queste sostanze impedisce l’attivazione gliale (coinvolta nella morte motoneuronale), l’abuso provocherebbero una permanente inibizione di questa attivazione, responsabile della degenerazione dei motoneuroni nella SLA.”

Dunque ci sono degli studi che ci dicono tre cose. Tre fattori scatenanti della Sla e delle neoplasie nel mondo del calcio. L’abuso dei farmaci antinfiammatori, l’esposizione a pesticidi e fertilizzanti tossici utilizzati magari sui campi da gioco o di allenamento e la correlazione tra genetica e fattori ambientali inquinanti.

Il fatto inquietante e davvero insopportabile è che una volta stabilito che non c’e’ connessione tra pratica del calcio e Sla e tra doping e Sla, nessuno ha pensato di indagare invece nella direzione indicata dagli studi degli ultimi anni. Non mi pare che la Figc ad esempio abbia istituito una commissione di inchiesta per verificare gli agenti patogeni esterni, nei pressi dei campi da gioco e di allenamento o sullo stesso manto erboso. Salvati gli equilibri…meglio non scoperchiare il vaso di Pandora.

E che dire invece di quei ripetuti abusi di farmaci raccontati al pm Guariniello da decine e decine di atleti? Le dichiarazioni date a Guariniello sono datate tra il 1999 e il 2003. I recenti studi sono stati effettuati tra il 2005 ed il 2009. Insomma, stabilito che l’abuso di farmaci antidolorifici può essere una delle cause della Sla, perché non si rintracciano i medici sociali che come macellai hanno avvelenato i calciatori tra gli anni ’70 ed ’80?

Su questo aspetto infine fa molto riflettere la declinazione del termine doping. Cosa intende Guariniello quando parla di doping? Parliamo di Epo, di creatina, o di alchimie dei giorni nostri? Come classifichiamo invece ciò che accadeva tra gli anni sessanta e gli anni ottanta? Quando si fa un utilizzo di farmaci non nocivi per alterare difatto le prestazioni sportive - do you remember il caffè corretto raccontato da Saltutti? – davanti a cosa ci troviamo?  Quell’utilizzo definito somministrazioni di farmaci off-label, ovvero come lo stesso Guariniello specifica : non si tratta solo di Epo e creatina, ma di farmaci non vietati di cui si fa un utilizzo così massiccio da alterare le prestazioni. Ed ovviamente rovinare la salute dei calciatori.

 Pesticidi ed agenti ambientali, ecco dove trovare i nessi.

Dal lavoro di Guariniello emergeva già la strada che si sarebbe potuta percorrere. Il condizionale è d’obbligo. Infatti lo scontro sul doping che ha visto a più riprese il procuratore di Torino contrapporsi  ai poteri forti del calcio, a cominciare dalla Juventus pre Calciopoli, ha fatto in modo che non si arrivasse fino in fondo sui casi di Sla e delle altre malattie.

Da un lato il protagonismo eccessivo di Guariniello sulle vicende legate al doping, dall’altro la volontà dei poteri forti di occultare e di salvare gli equilibri del pre-Calciopoli, hanno messo in secondo piano le scoperte incredibili di quella inchiesta.

Ed allora ci proviamo noi a mettere insieme i pezzi del puzzle.

Le tre ipotesi di causa le abbiamo già descritte: abuso di farmaci, utilizzo di pesticidi, agenti ambientali nocivi.

Sull’abuso dei farmaci le storie fino a qui raccontate dovrebbero essere sufficienti per comprendere come si svolgeva la professione medica nel mondo del calcio in quegli anni e quali sono i danni che ha causato.

Per il resto proviamo a cominciare la composizione del quadro.

Cominciamo con il caso dello Stadio Galielo Ferraris di Genova.

Tra i consulenti del pm Guariniello c’erano due docenti di farmacologia dell’Università di Pavia, il professor Gian Martino Benzi e la professoressa Adriana Ceci. Questa equipe aveva il compito di incrociare calciatori, sostanze e squadre per ricomporre un quadro generale, dove emergono situazioni precise e pratiche ripetute.

Una pratica ripetuta ad esempio è quella della manutenzione del campo da gioco, l’utilizzo di questo o quel prodotto, in anni in cui i danni per la salute causati da molti prodotti industriali erano ancora ignoti.

Una delle ipotesi è stata avanzata dal direttore del dipartimento di neurologia dell’Università di Miami, Walter Bradley: pesticidi e fertilizzanti usati in abbondanza per la manutenzione dei campi da gioco possono essere il fattore determinante per la comparsa della Sla. Questo anche in relazione ad uno studio condotto nello stato di Washington che vede il prevalere della malattia tra gli agricoltori, lo stesso risultato offerto da uno studio epidemiologico recentemente condotto in Sardegna.

Nelle ispezioni comandate da Guariniello su molti campi da gioco sono stati trovati vecchi prodotti, pesticidi e diserbanti nocivi. Tra questi ricorre la formaldeide[7], un potentissimo battericida. Come lo stesso Guariniello dichiarò il 16 aprile del 2003 al Corriere della Sera, al centro di queste ispezioni c’erano due squadre di serie A. Tra queste la Sampdoria. Sembra infatti che i barattoli di formaldeide sino stati ritrovati proprio presso lo stadio Galileo Ferraris di Marassi.

Se l’utilizzo di pesticidi e diserbanti può essere una delle cause della Sla, come hanno sostenuto gli studi commissionati dalla Figc e quelli indipendenti dei medici fiorentini e come inoltre sostiene lo studio dell’Univeristà di Miami, allora alcuni morti sanno le cause delle loro pene.

Sono i calciatori che hanno militato nella Sampdoria dagli anni ’60 in poi. I morti di Sla sono almeno tre, Ernst Ocwirk, Tito Cucchiaroni - affetto da Sla, ma morto in un incidente stradale - e Guido Vincenti. Ma anche Mora e Skoglund sono morti dello stesso male. Cinque in tutto. Almeno fino ad ora.

C’è da considerare poi un particolare tutt’altro che relativo. A Marassi oltre alla Sampdoria gioca anche il Genoa. Il Genoa di Gianluca Signorini.
Ma non solo. Lo stesso Genoa di Sauro Fracassa morto anche lui di Sla. Sempre nel Genoa sono transitati anche Mauro Bicicli morto di tumore al fegato nel 2001 a 66 anni, così come Giuliano Taccola morto nel 1969 dopo un infortunio a 25 anni.

Ricordiamo sempre lo spazio temporale tra l’inchiesta di Guariniello che parte nel 1999 e lo studio commissionato dalla Figc i cui risultati sono stati resi noti nel 2009.

E’ ovvio che non si può attribuire alle società di Sampdoria e Genoa nessun tipo di responsabilità. Le società calcistiche avrebbero dovuto sapere dei comportamenti dei medici e delle “terapie” a base di Voltaren e Cortex, ma in quegli anni ai pesticidi non pensava nessuno. Dal dopo guerra fino agli anni novanta il modello di sviluppo in Italia e nel mondo ha visto l’utilizzo di materiali e prodotti che hanno causato enormi danni alla salute dell’uomo e dell’ambiente, veleni assolutamente consentiti dalle leggi di allora. Basti pensare al celeberrimo DDT fino ad arrivare all’utilizzo massiccio dell’amianto come materiale di costruzione. Veleni inseriti nella nostra quotidianità. A quei veleni contadini, giardinieri ed atleti sono stati esposti per anni.
Sono proprio i veleni che oltre ad essere sul grande prato verde ci giravano intorno e che ci portano al nostro secondo caso di incroci evidenti.
E’ il caso del Como tra gli anni ’70 ed ’80.Il lavoro di inchiesta di un giornalista di Rainews 24, Angelo Saso, ci porta al nesso tra i casi di Sla e i campi di allenamento della città in riva al lago.
In quegli anni infatti oltre ad esserci la possibilità dell’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti nella manutenzione del campo da gioco della squadra lariana c’è anche un altro agente patogeno, questa volta esterno. Sono i metalli pesanti ritrovati nel sottosuolo del campo da gioco, lo stadio Sinigaglia e nel vicino campo di allenamento di Orsenigo.
Residui della combustione del carbone, residui fini di locomotive, scorie di industrie elettriche, cadmio, silicati di calcio, cromo, nichel, manganese e piombo drenanti provenienti dalle fonderie di Dongo. Una storia di inquinamento ed avvelenamento come nel nostro paese ne ritroviamo tante, spesso denunciate da altre inchieste di Global Project. Agli inizi del Novecento, ai tempi della bonifica della zona paludosa alla foce del torrente Cosia, i barconi carichi di rifiuti tossici provenienti dalle fonderie di Dongo attraccavano proprio nei pressi del settore distinti dello stadio, sparito poi negli anni novanta in seguito a una ristrutturazione del Sinigaglia.

Il comune di Como ovviamente nega, ed ha sempre definito queste ipotesi bizzarre. Anche su questo caso ha lavorato lo staff di Guariniello.

I morti ed i malati di Sla che hanno militato nel Como sono diversi.

Celestino Meroni, Piergiorgio Corno, Albano Canazza, Adriano Lombardi, Maurizio Gabbana e Stefano Borgonovo.
Si…proprio Stefano Borgonovo, che prima di essere acquistato dal Milan e trascorrere alcune stagioni in prestito alla Fiorentina per poi ritornare nei rossoneri guidati da Arrigo Sacchi alla fine degli anni ottanta, ha svolto gli inizi della sua carriera proprio nel Como. Sempre a Como sono transitati anche Andrea Fortunato tra l’ ’89 ed il ’91, morto di leucemia nel 1995, il già citato Giuseppe Longoni, ex Fiorentina, ma in forza al Como nel ’62-’63 e morto di vascolopatia cardiaca e Guido Quadri in forza al Como nel ’44-’45 e morto di tumore.
Simile al caso del Como è quello dell’Avellino degli stessi anni. La squadra irpina infatti, con un glorioso passato in Serie A proprio tra gli anni settanta ed ottanta, in quegli anni svolgeva i suoi allenamenti nel comune di Solofra nella provincia irpina. Solofra è nota per il suo distretto industriale costituito dal polo delle concerie, che scaricano vernici tossiche nei fiumi e nei terreni circostanti. Uno dei principali fattori inquinanti del fiume Sarno – definito il più inquinato d’Europa – era proprio lo scarico degli scarti delle concerie direttamente nel corso d’acqua. Da uno studio del Noe dei Carabinieri[8] si evince che il polo delle concerie di Solofra è quello che produce maggior rifiuti pericolosi in tutta Italia. Sarebbe proprio lo scarico di rifiuti speciali a far diventare le acque del Sarno di colore rosso. Secondo uno studio dell’Enea[9] commissionato dal Ministero dell’Ambiente risulta che la situazione qualitativa delle acque superficiali presenta altissimi livelli di inquinamento che raggiunge punte di circa 50 volte il valore medio nazionale, ad una presenza consistente di poli industriali ad alto tasso di inquinamento (settore conciario, alimentare e manifatturiero), ad una attività agricola intensiva con utilizzo di fertilizzanti, fitofarmaci e pesticidi gran lunga superiori ai valori medi nazionali. Pesticidi …come la formaldeide. La stessa formaldeide che è stata al centro di studi del ISPSEL[10] sulla connessione tra i rischi tumorali ed il contatto con la formaldeide nella lavorazione tessile.
Il polo dei veleni di Solofra a due passi dal campo di allenamento dell’Avellino. Diverse sono state le discariche abusive sequestrate nei pressi di Solofra il cui contenuto sembra essere stato inghiottito dall’ignoto. Anche l’Avellino ha pagato il suo conto alla Sla. Adriano Lombardi e Rino Gritti morti entrambi del morbo di Lou Gherig.  
Veleni, medici macellai e soprattutto un modello di sviluppo che ha immesso nei nostri organismi nefandezze di ogni tipo.

Il boom mediatico dell’attenzione sulla Sla può dirsi esaurito qualche anno fa, ma grazie a esperienze come la Fondazione Borgonovo ed all’impegno di diversi personaggi del mondo del calcio, ricerca e informazione vanno avanti.

Un’informazione che troppo spesso è superficiale, punta a costruire esclusivamente casi mediatici notiziabili, mentre oltre ai calciatori più o meno famosi o ad attivisti come Coscioni e Welby, in tanti muoiono di Sla nel silenzio e spesso facendo i conti con un servizio sanitario nazionale inefficiente. In Italia secondo le statistiche si manifestano 3 casi di Sla al giorno e si contano 6.000 ammalati ogni 100.000 abitanti.

Una vera e propria epidemia che si racconta solo per l’incidenza che ha avuto sui calciatori, su quelli che all’aria aperta – come si declinava il buon vivere di un tempo – correvano su un prato verde. Mario Melazzini presidente dell’Associazione Italiana sulla Sla, la Aisla, ci racconta come la stronza sia una malattia per ricchi: “Un tetraplegico ha un costo per la famiglia che si aggira sui 60 mila euro all’anno”. Molti sono i calciatori di oggi che prendono posizione, come Riccardo Montolivo, il cui manager Mariano Pallavicino[11] collabora attivamente con la Fondazione Borgonovo. “Tra noi c’è malessere: non possiamo più far finta di niente”, ha dichiarato il centrocampista della nazionale. Tra gli ex calciatori, quelli che hanno svolto l’attività proprio negli anni ottanta invece c’è tantissima paura. A raccontarlo al Corriere della Sera in occasione della partita Italia-Montenegro valida per le qualificazioni ai mondiali 2010 – il cui incasso fu devoluto per la ricerca sulla Sla – fu Massimo Orlando. L’ex calciatore di Milan e Fiorentina ha 38 anni. “Io in carriera ho avuto tanti infortuni e ho preso tante medicine. Molti miei colleghi hanno paura e non parlano. Io sì: vorrei chiedere a chi ci ha curati se ci ha veramente dato qualcosa di strano...”. Abbiano il coraggio, Orlando ed altri, di raccontare esattamente chi erano i medici che praticavano certe “terapie”.

Siamo in un paese dove non si investe un euro in ricerca, ed i 6.000 casi di Sla ogni 100.000 abitanti hanno ben poche speranze di trovare una cura per il loro male. In un paese dove il modello di sviluppo capitalista ha devastato l’ambiente in maniera intensa e dove è meglio non parlare di certe cose, di certi nessi, oggettivi, evidenti. Non si deve creare panico né tanto meno coscienza di ciò che ci accade.
Meglio occultare tutto.
Perché non si chiude lo stadio di Como ? Perché non si bonifica lo stadio di Marassi ? Perché non si mettono sotto inchiesta – ammesso che siano ancora vivi – i medici e lo società protagoniste dell’abuso di farmaci sui calciatori ? Perché Coni e Figc non hanno preso nessun provvedimento nonostante undici anni di indagini che hanno accertato alcuni casi di conclamato inquinamento degli ambienti di gioco ?
La rabbia più grande è che si continua a sostenere che non si sa nulla della Sla.
Si sanno un sacco di cose! Si sa ad esempio che l’inquinamento dell’ambiente di gioco è uno dei principali fattori di contrazione del morbo. Ed oltre ai calciatori ad essere esposti ai rischi sono anche tifosi, tecnici, lavoratori del settore.
L’inchiesta del pm Guariniello partita undici anni fa’ è ancora alla fase dell’indagine epidemiologica. Un lavoro immenso fatto dallo staff  torinese che avrebbe bisogno di azioni conseguenti da parte degli organi sportivi che invece non ci sono. Guariniello ha lavorato su 24 mila calciatori e 400 morti sospette, inoltre l’indagine si è allargata a 1.700 ciclisti e 1.900 cestiti, fino  ad allargare il campione anche ad 80.000 rugbisti. Due screening, uno fino al 2001 ed un altro fino al 2006. Nuovi casi, ancora non resi noti dai familiari dei calciatori, sono stati denunciati a Guariniello.

Su quel grande prato verde oggi corrono nuove speranze, alternative, antagoniste ad un mondo dello sport come ce lo ritroviamo oggi. Hanno cominciato a partire dalle categorie più basse nel calcio ed in tanti altri sport. Sono le esperienze della San Precario a Padova, della Stella Rossa a Napoli, delle tante polisportive che dai centri sociali in questi anni sono entrati nel mondo dello sport. Denunciare le cause di ciò che avviene sulla pelle di cittadini ed atleti è un dovere prioritario per poter essere fino in fondo un esempio di alternativa. Perchè su quel grande prato verde vogliamo portare i nostri sogni e non trovare la morte.

* Questa inchiesta non avrebbe mai visto la luce senza lo straordinario supporto ed i materiali messi a disposizione da Massimo Cervelli, attivista fiorentino di lungo corso, grande conoscitore del mondo del calcio. A Massimo va un grandissimo ringraziamento per il lavoro di mesi svolto insieme all’autore. Si ringrazia Roberta De Gennaro per le ricerche sul campo svolte ad Avellino ed a Solofra.


[1] Corriere della Sera 6 settembre 2008

[2] Corriere del Mezzogiorno 4 aprile 2002

[3] Attivista toscano, cronista sportivo, autore di “Profondo Viola” edizioni Odradek

[4] Articolo riportato sul web dal portale www.fiorentina.it il 24.08.10 

[5] Agenzia Ansa del 31 luglio 2009

[6] Cfr. Esiste un rapporto tra la sclerosi laterale amiotrofica ed il calcio ? Fatti ed ipotesi. A cura di G.Galanti, V. Di Tante, P.Manetti

[7] Cfr. Inserito dagli studi della IARC (International Agency for Research on Cancer) come sostanza cancerogena dal 2004, http://www.iarc.fr/en/media-centre/pr/2004/pr153.html

[8] Cfr. Comparazione dei poli conciari di Solofra (Av), Santa Croce sull’Arno (Pi), Valle del Chiampo (Vi) a cura del Noe dei Carabinieri (http://www.carabinieri.it/Internet/ImageStore/cittadino/informazioni/tutela/ambiente/operazione_cuoio/38.pdf)

[9] Cfr. Relazione commissione parlamentare antimafia del 21.12.93, parte seconda : i principali punti di crisi della Campania, capitolo V :  La questione ambientale.

[10] Cf.r “Esposizione ad ammine aromatiche e formaldeide nell'industria della nobilitazione tessile. Indagine policentrica per la verifica di ipotesi di associazione”, a cura di ISPSEL istituto superiore prevenzione sicurezza nei luoghi di lavoro, 2001

[11] Ndr. Già manager di Cristiano Lucarelli e curatore del libro “Tenetevi il miliardo”