Che cosa può un centro sociale?

9 / 2 / 2013

Molto, e sempre maggiormente nella crisi di crisi che stiamo vivendo a queste latitudini.

Molto perché rende reale (“giocabile”) la possibilità di migliorare concretamente vita e territori, permette alle soggettività del lavoro post-welfare di connettersi, conoscersi, cooperare senza la ricerca del valore di scambio, inventa ed invita a divenire quella soggettività per sé che fa conflitto sociale, superando la tristezza, la televisionanizzazione parassitaria della vita, combattendo il pessimismo della volontà.

Non fosse che per questo ci auguriamo una stagione di nuovi centri sociali, coalizzati territorialmente fin dalla loro apertura.

Ma c'è anche altro che attiene l'incrocio tra queste possibilità concrete e la fase storica che stiamo vivendo.

Ove l'Europa si rappresenta pubblicamente ai suoi cittadini come esattore dell'austerity, quando la campagna elettorale diventa un gioco grottesco sospeso tra l'impossibilità della chiusura del cerchio della governance ed il dibattito è a tratti persino post-elettorale (la costruzione del governo pre/esiste la raccolta del consenso, come è stato fatto notare da un analista), dove non si sentono che parole produttrici di povertà e precarietà, proprio qui ed ora, e senza vocazione autistica o di autosufficienza, si aprono praterie politiche straordinarie per i nuovi centri sociali.

Il pieno degli spazi si pone come alternativa concreta ed offre opportunità nuove -nel senso letterale di non già viste- a molti e molte, ed è anche produttore di nuova istituzionalità del comune, da interdersi come processo aperto ed in divenire.

Per esempio la battaglia per la redistribuzione della ricchezza si sostanzia fin da subito nell'appropriazione di uno spazio, per esempio quale è migliore pratica del comune che ridisegnare dal basso e con fraternità una nuova legalità, oltre e contro quella dominante, ed occupare uno spazio abbandonato alla polvere ed ai topi (peraltro spesso già patrimonio pubblico ovvero pagato dalla fiscalità generale e mal gestito da un “pubblico” che non è tale), per esempio quale è il migliore antidoto alla crisi della rappresentanza che farne a meno ed auto/organizzarsi in assemblea?

Si parte da qua. E' moltissimo. Lunga vita a Labas, lunga vita a tutti i nuovi spazi e centri sociali che stanno nascendo da Treviso a Bologna, da Roma a Napoli.

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