Chi di sicurezza ferisce...

di Sandro Medici*

6 / 1 / 2012

Roma è la città italiana con il più alto numero di morti ammazzati. L'ultimo  l'orrendo omicidio di una bimba di 6 mesi e di suo padre. Sarebbe ingeneroso attribuire la colpa a Alemanno, ma lui continua a perseguire i poveracci mentre sono quintuplicate le licenze alle sale scommesse.

Per chi è diventato sindaco di Roma anche grazie al cinismo con cui ha usato la cronaca nera per indignare e spaventare, è davvero imbarazzante ritrovarsi oggi, dopo quasi quattro anni passati in Campidoglio, a contabilizzare le sparatorie, le aggressioni, gli stupri, i feriti, i morti. L'ultimo aveva sei mesi: è stata uccisa in braccio al padre, assassinato anche lui con un paio di colpi di pistola.

Sarebbe ingeneroso, oltreché strumentale, attribuire ad Alemanno per intero la responsabilità della pericolosa deriva criminale in cui sta scivolando Roma.  Ma certo che fare il sindaco della città italiana con il più alto numero di morti ammazzati e non riuscire a fare altro che contrirsi, sta lì a segnalare la totale inadeguatezza della sua politica sulla sicurezza.
 
Quella stessa sicurezza ottusamente invocata e brandita per anni come pretesto di lotta politica contro l'indulgente solidarismo della sinistra. Se il bilancio del suo operato è quello che abbiamo davanti agli occhi, pistole fumanti e strade insanguinate, c'è poco da argomentare: Alemanno ha completamente disatteso il suo principale obiettivo, disarcionato dal suo stesso cavallo di battaglia. E in politica quel che conta sono i risultati che si ottengono. O che si mancano.
 

Del resto, non poteva che andare a finire così. Quando si ritiene che la sicurezza sia assecondare il perbenismo inacidito e inseguire le pulsioni razziste, è assai facile perdere di vista le ragioni profonde che stanno alla radice dei fenomeni criminogeni che attraversano la capitale. Nella raffica di ordinanze con cui Alemanno ha perseguitato tutti i poveri cristi che vagano in città, alla ricerca di un qualche sostegno, di un qualche reddito, di una casa, di un rifugio, di un'accoglienza anche minima, c'è il nocciolo del grande malinteso, del grande inganno con cui è stata fronteggiata la diffusa (e spesso alimentata) insicurezza sociale.
 

Mentre si sgomberavano nomadi, mentre si dava la caccia all'immigrato, nel frattempo a Roma s'insediavano attività illegali organizzate, penetravano e si ramificavano bande e famiglie, s'intrecciavano legami con vecchie e nuove cellule della malavita nera. E oggi in città si è nel pieno di una guerra per il controllo del territorio, per stabilire le nuove gerarchie criminali, la linea di comando sul mercato dell'illegalità. Una guerra non ancora conclusa, come si deduce dalla catena di esecuzioni e gambizzazioni che ancora perdura e che praticamente ogni giorno manda qualcuno in ospedale o all'obitorio.
 

Tra i morti ammazzati ad ogni angolo, in centro come in periferia, l'inquietudine cresce. Così come cresce la consapevolezza che il senso d'insicurezza non nasce dallo straniero che arriva in città per lavorare o dai poveri che dormono sotto i portici perché non sanno dove rifugiarsi o dai bambini rom che chiedono l'elemosina in metropolitana. Più concreto e più minaccioso è invece questo proliferare di attività criminose che si diffondono in ogni dove, che si sviluppano nelle pieghe della città, nelle zone più marginali e precarie, ma anche nei quartieri agiati, anche nei locali lussuosi, tra le vetrine scintillanti, anche nelle agenzie finanziarie. Ma a tutto ciò sembra non esserci contrasto.
 
A ogni evento cruento segue un'ormai rituale riunione in Prefettura, dove si valutano dati e rapporti, si ragiona, si discute, e non ne deriva granché, se non un'accigliata conferenza-stampa in cui annunciare qualche pattugliamento di polizia in più. E il sindaco Alemanno? Certo si preoccupa, manda a dire che "la città saprà reagire", che è necessario "rispondere con fermezza", ma in fondo sembra non scomporsi più di tanto.
 
Però continua a erigere cancellate in ogni dove, dichiara guerra al degrado e lancia campagne per il decoro, e ogni tanto vaga di notte in sella alla sua motocicletta a caccia di prostitute. E poi continua a rilasciare licenze commerciali per aprire sale scommesse (negli ultimi due anni si sono quintuplicate), affinché il popolo tragga conforto dal videopoker e la criminalità possa meglio riciclare il denaro sporco. E infine ha completamente desertificato le periferie, azzerando gli investimenti culturali dei Municipi. Roma è ridotta male, soffre e ha paura. E tuttavia può contare, unica città al mondo, sul cimitero dei feti: dei mai nati, dei non morti (fate voi).

*da il Manifesto 06/01/2012