La discarica di Chiaiano ad un passo dalla chiusura definitiva. Una comunità che vince.

Chiaiano. Aquì estamos

di Antonio Musella

13 / 11 / 2011

Aquì Estamos era scritto a caratteri cubitali sul manto stradale di Via Cupa dei Cani nel maggio del 2008, davanti ad una grande barricata fatta di alberi e macchine capovolte.
Sono giorni, i nostri, in cui Silvio Berlusconi attira su di sé sentimenti di rabbia e pena da parte di molti. Un sentimento che però non è carico di nessuna pietas ma bensì di rabbia indignata. Giorni lontani quelli in cui il premierissimo se ne andava in giro per il paese come “l’unto del signore”. Veniva a Napoli, schierava militari, vendeva miracoli, si ereggeva a salvatore di una città sommersa di rifiuti ed umiliata. Nei giorni di maggio del 2008 veniva varato il decreto 90 nel primo consiglio dei ministri del nuovo governo Berlusconi. Cominciava così il calvario di un quartiere della periferia nord di Napoli : Chiaiano. La discarica vede la “presa” del cantiere nel luglio del 2008 con una vera e propria occupazione militare da parte dell’esercito dell’area dell’ex Cava del Poligono. Nasce in quei giorni una esaltante esperienza di comunità resistente che non ha mai smesso di lottare. Negli anni è cresciuta, si è sedimentata, è maturata come soggetto politico del territorio e dell’area metropolitana.
Oggi il governo Berlusconi non c’è più e la discarica di Chiaiano è chiusa. Certo mancano ancora atti ufficiali ma la sospensione a tempo indeterminato varata il 6 novembre dalla società provinciale pubblica Sap.Na e le nuove inchieste giudiziarie sembrano delineare la vittoria definitiva dei comitati antidiscarica che dal febbraio del 2009, da quando è stata aperta la discarica, non hanno mai dismesso la battaglia per la sua chiusura. Una lotta che qui a Napoli è senza dubbio un modello. Lo è per longevità del corpo militante in lotta, per consenso sul territorio, per la capacità di evolversi continuamente come lotta per la difesa dei beni comuni che immediatamente, insieme ad altre esperienze, sono divenuti modelli di costruzione di alternativa dal basso. Dalla lotta contro la discarica l’esperienza della comunità di Chiaiano è diventata ben presto qualcosa di più complesso, di più avvincente, proiettandosi subito sul terreno del comune e della costruzione di una nuova istituzionalità dal basso. L’esempio è dato dal ruolo che questa piccola comunità della periferia napoletana ha avuto nelle vicende più importanti che si sono date in termini di conflitto sociale nell’area metropolitana partenopea negli ultimi anni. Le battaglie per l’acqua e la campagna referendaria, l’affermazione di un modello di attraversamento dei nessi amministrativi nuovo e vincente, l’affermazione di un piano dei rifiuti alternativo. In mezzo c’è stata la capacità di questa comunità di non arrendersi mai, di individuare sempre le corde del conflitto sociale nel paese e riportarle a casa propria : dall’attraversamento delle lotte degli studenti a quelle per la sfiducia al governo fino alla nuova determinante sfida del movimento contro la crisi economica.
Chiaiano sta chiudendo.
Un evento questo che sembra quasi scuotere i cittadini di quel territorio come l’effetto di un flash sparato troppo forte al buio. Ti lascia esterefatto, sbigottito, quasi incredulo sul fatto che una intensa ed interminabile battaglia possa chiudersi con un esito parzialmente positivo.
Gli ultimi 11 mesi sono stati determinanti per invertire la rotta di una vicenda che, in ogni caso, ha stuprato violentemente un territorio lasciando danni ambientali e sanitari che difficilmente potranno trovare rimedio. All’inizio del 2011 c’è stata  la ripresa delle mobilitazioni con i blocchi dei conferimenti, l’aumento della radicalità, le risposte della controparte divenuta ormai la Provincia di Napoli che diminuivano prima i conferimenti e poi indicavano nel mese di giugno una possibile chiusura. Poi la vittoria di de Magistris alle amministrative, la vittoria del referendum – Chiaiano è uno dei pochi quartieri della città dove è stato raggiunto il quorum – la nuova crisi rifiuti con i rigurgiti leghisti contro le alternative ad inceneritori e discariche. Poi la decisione degli enti gestori di prolungare la vita della discarica almeno fino al 2013 con lo sversamento di altre 100 mila tonnellate e lo spauracchio addirittura di una seconda discarica. Intanto la magistratura, dopo anni di colpevole ed incredibile silenzio, ha cominciato a muoversi con una prima inchiesta sulle ditte ed i subappalti in discarica con l’ipotesi di infiltrazione del percolato nella falda acquifera per la scarsa qualità dell’argilla utilizzata e per il terreno di ricopertura che sembrerebbe essere terreno misto a rifiuti.  Le mobilitazioni dell’estate, con i cortei, l’occupazione dell’area militare della discarica da parte di centinaia di persone, la mobilitazione permanente hanno aperto una nuova stagione per un territorio che ha saputo anche rigenerarsi nella lotta e trovare nuova disponibilità alla mobilitazione. Settimane sempre concitate con eventi paradossali come il pozzo di percolato che esplode il 27 luglio davanti agli occhi degli attivisti dei comitati in visita nella discarica. Il 4 agosto viene depositato un nuovo esposto da parte dei comitati. In settembre riprende la mobilitazione che arriva al corteo dell’8 ottobre con migliaia di persone in strada sotto la pioggia che reclamavano simbolicamente la “chiusura del sipario”. Infine i due giorni di lotta nella sede della Provincia chiamate dagli attivisti Occupy Cesaro, dal nome del presidente della provincia, con l’occupazione e lo sgombero violento dell’aula consiliare del 3 novembre e gli scontri in occasione del consiglio provinciale del 4 novembre. In mezzo un nuovo fascicolo aperto dalla magistratura che muove proprio dall’esposto dei comitati e da nuove indagini del Noe. Il 6 novembre arriva lo stop ai conferimenti a tempo indeterminato. Il consiglio provinciale del prossimo 14 novembre dovrebbe ulteriormente confermare questa decisione.
Ma è quell’espressione da luce nel buio che colpisce. Quella che si vede negli occhi dei cittadini-attivisti, giovani, vecchi, precari, lavoratori, studenti che in questi 4 anni hanno deciso di cambiare radicalmente la loro vita. Colpisce perché tiene dentro mille emozioni e qualche importante consapevolezza. Le emozioni sono amare. Amare come la puzza acre di percolato che accompagna ancora le notti di Chiaiano e dei suoi cittadini. Amaro come quel sapore che hai in bocca quando ti accorgi che quel territorio è diventato un tomba. Dove il tumore è consuetudine. Ma le emozioni cambiano i comportamenti solo quando sono consapevoli. E sappiamo quanto da queste parti si sia consapevoli che solo la lotta paga. Che qui, in un terra dimenticata da troppi, nessuno c’ha regalato nulla. Non l’ha fatto una magistratura che per quattro anni non ha fatto altro, con in testa il procuratore capo Giovandomenico Lepore, che essere parte integrante di quella macchina del fango contro chiunque si opponesse al ciclo discariche-inceneritori. Una magistratura che ha avuto incartamenti e materiali fermi nei cassetti per anni. Una magistratura che ha messo sotto inchiesta, condannato, mandato in carcere, privato della libertà decine e decine di persone che si battevano per la chiusura di quella bomba ecologica. E’ semplice ricordare sempre quelli che, come i compagni e le compagne di Insurgencia, sono stati sotto i riflettori quando sono stati privati della libertà, ma i tanti e le tante che sono ancora nella aule dei tribunali spesso si tende a dimenticarli. Quello che noi abbiamo ottenuto è quello che ci siamo presi. Di questo a Chiaiano si ha consapevolezza.
La consapevolezza più importante però è quella di essere diventati qualcosa di diverso. Qualcosa di speciale : una comunità. Che si allarga e si restringe, che è inclusiva per natura e che ha guadagnato autorevolezza ed ha saputo inventare volta per volta pratiche, sperimentazioni, istituzioni del comune.
Una comunità che ha fatto della pratica della democrazia un suo tratto caratteristico.
Una comunità che ha inventato continuamente la declinazione più opportuna della disobbedienza, individuando da subito la necessità di rifuggire allo schema violenza/non-violenza come imbuto in cui comprimere tutto lo spazio del dissenso.
E’ curioso dover narrare un’esperienza che è stata come l’Università del conflitto per se stessi.
Ripercorrere le molteplici forme di disobbedienza messe in campo in questi anni ci raccontano di una inventiva straordinaria. Spesso ci siamo dovuti inventare una toponomastica delle pratiche. Il soft-walking* più efficace di un blocco stradale, i meeting point** più incisivi di un corteo, le occupazioni, i bliz che tendevano a mettere in ridicolo la controparte, infine l’occupy sulla scia del vento che viene da Zuccotti Park. Così come la capacità dei corpi di opporsi a scudi e manganelli e la determinazione di sanzionare i camion carichi di rifiuti.
Questi quattro anni per noi sono stati una pratica costante di democrazia e disobbedienza.
Oggi il risultato è ad un passo.
Le prossime tappe saranno quelle per l’avvio burocratico delle fasi di chiusura e per l’avvio di un processo partecipato di riqualificazione urbana, economica e sociale della periferia nord di Napoli, quella che va da Scampia a Chiaiano, da Piscinola a Marianella.
Quando lo sguardo si alza e scruta nuovi orizzonti è perché si è certi che il cammino è ancora lontano dalla sua fine.
Ce n’est q’un debut…continuons le combat !

*soft-walking : Blocco dell’autostrada con gruppi di autovetture che camminando in fila nelle tre corsie procedono a 15 Km/h provocando un blocco della circolazione lungo decine di kilometri. Il presidio permanente lo ha messo in atto sulla tangenziale di Napoli e sulla autostrada Salerno – Reggio Calabria. Non esiste nessun reato contestabile nel codice penale per questa pratica.


**meeting point : Concentramenti pubblici nei pressi delle stazioni della metropolitana. Una volta completato il concentramento si invade la metropolitana, si prende il treno e si scende a fermate a sorpresa. Si esce dalla metro e si effettuano blocchi stradali. All’arrivo della polizia si rientra in metropolitana e si cambia stazione. Il presidio permanente lo ha praticato partendo dalle stazioni della periferia ed effettuando i blocchi in prossimità delle stazioni del salotto buono della città.
La polizia non è mai riuscita a giungere in tempo per evitare i blocchi. La sola alternativa che hanno è abbandonare i mezzi e seguire i manifestanti in metropolitana.