Welcome to Civitavecchia – domenica 10 aprile 2011

Civitavecchia - Un inconfinabile grido di libertà

11 / 4 / 2011

Arriviamo nel pomeriggio di domenica alla periferia di Civitavecchia, lungo la Braccianese Claudia. È qui che da cinque giorni sono trattenuti illegittimamente oltre settecento migranti tunisini, confinati nella caserma De Carolis. Più di seicento ci sono finiti dritti dal porto di Civitavecchia, sbarcati da quella nave Clodia che aveva vagato a lungo in mare aperto, senza una meta. “Vai verso Trapani, no, anzi, vira per Napoli. No, aspetta, questi li mando a Civitavecchia”... Altri 77 sono stati da poco tradotti dal Cie di Ponte Galeria, presumibilmente per fare posto ad altri, magari ai “ritardatari” arrivati in Italia dopo il fatidico 5 aprile e quindi destinati al rimpatrio pressoché immediato. O gli “esclusi” dalla lotteria dei permessi temporanei, perché già colpiti da un provvedimento di espulsione o considerati indesiderabili.

Ad aspettarci davanti la caserma il prevedibile schieramento di forze dell’ordine, che cerca di impedirci di appendere lo striscione ‘Welcome’ sulle mura di cinta. “E’ zona militare!”. No, questo è un non-luogo dallo status non meglio definito, quattro mura da cui nessuno può entrare o uscire, senza uno straccio di norma a stabilire perché e per come.

Iniziamo a parlare, vogliamo farci sentire, vogliamo che chi è dentro sappia che ci siamo. Come eravamo martedì scorso al porto, anche quello presidiato e adornato dalle ormai immancabili reti. Un’attivista tunisina dal megafono spiega chi siamo, li chiama. Arrivano le prime risposte: ci sono, ci sentono. Dalla collinetta oltre il muro, qualcuno riesce ad affacciarsi. Ci sbracciamo, iniziamo a comunicare i numeri di telefono di Welcome e degli avvocati. I solerti funzionari di polizia s’innervosiscono, mentre ribadiamo la nostra banale, minima richiesta: fatene uscire qualcuno, almeno uno, per parlare con noi, senza intermediazioni. “Non si può, è vietato”. Da chi, e dov’è scritto?

All’improvviso il vocio si fa dirompente. In un attimo sono lì, sulla collinetta e in cima al muro, in tanti, tantissimi. Dietro al filo spinato ma finalmente vicini e liberi di comunicare, le dita alzate in segno di vittoria. Liberté, liberté! È un grido incontenibile, che in breve diventa canto. Ci avviciniamo, saltiamo per scambiarci informazioni e numeri di telefono. Cerchiamo di farci lasciare i loro, di numeri, ma ci spiegano che non hanno penne per scrivere. Riusciamo a passargliene una per la disperazione del poliziotto di turno, costretto ad assistere impotente a questa grave violazione del codice di detenzione arbitraria. “Ma loro non possono avere penne!”

Alla fine, mettiamo faticosamente insieme le informazioni. I primi 400 permessi dovrebbero essere rilasciati a giorni, ma già domani dovrebbero sbarcare a Civitavecchia altre 100 persone. Destinate ancora al confinamento e a un’attesa accompagnata da poche, pochissime informazioni su quanto li aspetta, e ancor meno sui diritti di cui possono avvalersi in Italia come in Europa.

Ma la voglia di libertà non si fa contenere né confinare.

Civitavecchia - intervento di un'attivista tunisina

Civitavecchia - i tunisini gridano Libertè

Civitavecchia - presidio davanti la Caserma De Carolis

Civitavecchia - la polizia allontana i ragazzi tunisini