Concorsi truccati: le contraddizioni di un intero sistema. Spunti di riflessione.

7 / 10 / 2017

Leggendo dell'arresto di alcuni docenti universitari e dell'interdizione dall'insegnamento di altri in merito a un'inchiesta per corruzione proponiamo una riflessione.

Il concorso per l'abilitazione scientifica nazionale all'insegnamento di diritto tributario è un caso, indubbiamente emblematico, ma ogni indirizzo ha i suoi baroni. Emblematico perché svela chiaramente l’inutilità - se non la dannosità - delle riforme, da quella a firma Gelmini in poi. Sono risate amare quelle che accompagnano le dichiarazioni di ministri e burocrati sul valore della meritocrazia e sui progetti di regolamenti etici anticorruzione, sistematicamente contraddette da vicende come questa.

Per capire come questi potenti docenti possano fare il bello e il cattivo tempo, salvaguardare i propri interessi e portare avanti i loro giochi di potere bisogna guardare oltre il dito e vedere la luna. L'origine dello stato disastroso in cui vertono gli ambienti della formazione e della ricerca risale alle varie riforme universitarie che si sono susseguite e che hanno trasformato l’università in un luogo in cui ad essere importanti non sono percorso, contenuti e incontri, ma il traguardo, tagliato a qualsiasi costo. Un luogo in cui i saperi sono sistematicamente sacrificati sull’altare del bilancio, reinvestito in attrattività, e del brandSi scrive esclusivo, si legge escludente.

I docenti arrestati fanno parte di un sistema che non verrà sgominato da un’inchiesta giudiziaria. Servirebbe una totale inversione di tendenza, riforme universitarie mirate alla valorizzazione delle università come luoghi di conoscenza.

In nome di quell’esclusività, l'università non è - e non vuole essere! - un luogo per tutti. L’università comporta un investimento economico che rimane ad oggi discriminante e che si configura però come il primo passo verso la precarietà. I processi che caratterizzano sempre più questi luoghi, e che condizionano ormai anche gli operatori del sapere, strizzano l’occhio a logiche aziendali, imprenditoriali: gli studenti sono un mezzo da cui trarre profitto.

In un paese dove il numero di laureati è ridicolo e quello degli immatricolati in costante diminuzione, bisognerebbe offrire agevolazioni e incoraggiare le iscrizioni: il numero chiuso e l’aumento delle tasse universitarie non sembrano strategie vincenti in tal senso. Gli interessi dei ministri, e di conseguenza dei rettori, sono ben diversi. Meno eventi mondani e più qualità dei corsi di studio. Stante l’assenza di finanziamenti, occorrono fondi e occorrono strategie di profitto per ottenerli, che non siano però indirizzati al restyling del marchio universitario (si pensi al concorso lanciato su Zooppa per un nuovo logo per i 150 anni di Ca’ Foscari), ma investiti per la qualità degli ambienti universitari.

In merito al professore di Ca’ Foscari interdetto dall’insegnamento, vogliamo aggiungere qualcosa, forse proprio quello che il Rettore ha taciuto con reticenza. Che Loris Tosi fosse considerato un “principe del foro” è di per sé fatto di opinabile rilievo, ma la coesistenza di questa fama con l’incarico a Ca’ Foscari ci spinge a prendere parola sulla questione.

Non puntiamo a un accanimento sulla sua persona, anche se un simile personaggio non può farci simpatia, ma guardando il suo curriculum è inevitabile domandarsi perché, tra i professori ordinari della nostra università, compaia un noto membro dei consigli di amministrazione di Gruppo Save spa, società che controlla gli aeroporti di Venezia, Treviso e Verona, e Veneto Banca, di cui è anche socio.

La prima, protagonista di polemiche per conflitti di interessi e dinamiche finanziarie poco chiare, la seconda al centro di un'inchiesta giudiziaria per truffa e falso in bilancio. Per non parlare del fatto che fosse nel team di avvocati che hanno difeso i Boscolo Bacheto nel processo del Mose, la più grande e dannosa opera di Venezia, contro cui ci siamo schierati e che continueremo a condannare per i danni che ha provocato all'ecosistema lagunare e alla qualità della vita dei cittadini.

La risposta purtroppo è chiara: Loris Tosi non è un caso isolato, è solo il capro espiatorio di un’università che ha visto succedersi nel proprio Cda delegati di banche (vedi Monte dei Paschi) e di multinazionali (si pensi alla dimissionaria Anna Puccio, già nel consiglio d’amministrazione di Luxottica).

Loris Tosi rientra perfettamente nel paradigma cafoscarino, ne è diretta emanazione e rappresentazione. Il “principe del foro”, con incarichi e contatti di rilievo, a dare lustro al volto commerciale della nostra università. Poco, pochissimo, importa delle fondamenta di quel volto.

A voi ulteriori analisi di questo panorama.