Verso le mobilitazioni in occasione del Cop 15

Copenhagen...vicino Cosenza

15 / 10 / 2009

Il testo di Vandana Shiva “Vacche sacre e mucche pazze” uscito in Italia per Deriveapprodi, e’ datato 1999. L’anno di Seattle, l’anno dell’inizio di quel vento che investi’ prima gli stati uniti e poi l’Europa arrivando fino a Genova due anni dopo.
Quel testo, quelle mobilitazioni, di oltre dieci anni fa, ponevano con forza nel dibattito internazionale la questione dei consumi, degli stili di vita, dell’alimentazione, e piu’ in generale un desiderio, una pulsione, che prendeva corpo tra gli ultimi del pianeta di prefigurazione di un mondo diverso attraverso la trasformazione radicale di quello che c’e’.

I temi della decrescita, dei consumi e delle produzioni alternative prendevano sempre piu’ spazio nell’opinione pubblica, aiutati dagli strali e dai rischi del fenomeno della “mucca pazza”. Un claim che si dimostro’ una chiave di volta anche per quello che all’epoca era il movimento no global, capace attraverso la mobilitazione su queste questioni (ricordo ad esempio Mobilitebio a Genova nel 2000) di parlare ai tanti e di essere capaci di tradurre in conflitto pulsioni e desideri assolutamente vivi e prioritari nel pianeta.

Il vertice di Copenhagen che si terra’ nella capitale danese tra il 7 ed il 18 dicembre prossimo, trattera’ delle questioni legate al clima. La conferenza del Onu sui cambiamenti climatici, denominata Cop 15, arriva dopo un biennio di disastri dalle enormi proporzioni che hanno riguardato principalmente la macro regione dell’Asia Minore, della Cina e dell’Indocina, facendo sentire il suo peso di morti e distruzione pero’ anche in Europa, ed in Italia come la recente alluvione nel messinese, e negli Stati Uniti in cui l’alluvione di New Orleans ha dato vita ed esempio a quelle ricette di shock economy tanto care alla scuola di Chicago di Milton Friedman, capaci di devastare territori e riplasmarli garantendo i profitti dei pochi (e sempre gli stessi) e la miseria dei molti.

I temi legati ai cambiamenti climatici, alla difesa dell’ambiente e della salute oggi piu’ che mai rappresentano un claim in tutto il mondo.

A testimonianza di cio’ non basta solo andare negli Stati Uniti a comprendere le ragioni sociali delle politiche di green economy di Obama. Basta guardare all’Europa, ed alla Germania in particolare.

L’affermazione nelle recenti elezioni politiche del cartello della Die Linke e dei Gruinden non puo’ essere letto ne’ come una spallata alla Grosse Coalition in cui la Spd c’ha rimesso le penne, ne’ tantomeno puo’ essere letta come una riesumazione del meccanismo della rappresentanza dei partiti politici che trova una via d’uscita dalla sua crisi irreversibile.

Rappresenta invece probabilmente una interpretazione delle dinamiche di precarieta’ legate all’ambiente. Un claim anche questo che ci parla di fonti rinnovabili, di addio al nucleare contro la proliferazione, di necessita’ di costruire una decrescita dal basso. Un coltello nella crisi che a sua volta concretizza la metafora della pistola puntata alla tempia del pianeta, dove la 921 porta il marchio degli avvelenatori del pianeta, fatto di emissioni di Co2 indiscriminato, fatto di saccheggio delle risorse, fatto di devastazione ambientale.
Uno scenario in cui i temi delle energie, degli stili di consumo, della difesa dell’ambiente sono delle priorita’ che declinano i punti di rottura delle dinamiche legate alla crisi. Un capitalismo energivoro come sostiene Beppe Caccia, che produce desertificazione, abbandono delle proprie terre, ed un flusso di emigrazione dai Sud del mondo verso i Nord che ci raccontano di come la crisi ecologica abbia anticipato la crisi economica.

Sappiamo bene come oggi anche le dinamiche della crisi finanziaria siano legate a doppio filo con i temi dell’alimentazione, delle energie e delle risorse cosi’ come sono centrali anche all’interno degli scontri in seno al G20.

Ma in nessun modo possiamo pero’ immaginare che il Cop15 possa essere attraversato per noi esattamente come le mobilitazioni del 1999.
Il ciclo e’ diverso. La fase e’ cambiata.
Da quello che abbiamo imparato in questi anni dalle lotte in difesa dei territori dobbiamo trovare la spinta e lo stile per attraversare il Cop 15.
Usa, Germania….ma soprattutto Italia.
Cio’ che e’ stato scoperto in Calabria pone nuovamente ed in maniera drammatica la necessita’ di difesa e valorizzazione delle risorse, come il mare, dell’ambiente e della salute. Il prossimo 24 ottobre ad Amantea in provincia di Cosenza ci sara’ la prima manifestazione sulla questione delle navi fantasma, quelle affondate al largo delle coste calabresi, siciliane e sarde dalle mafie cariche di rifiuti speciali ed in alcuni casi, come la motonave Rigel, radioattivi. Una mobilitazione lanciata dal Comitato Natale De Grazia, il capitano di fregata che aveva scoperto che fine aveva fatto la Jolly Rosso, una delle “Navi a perdere” come racconta Carlo Lucarelli, affondate al largo di Crotone. Natale De Grazia mori’ di caffe’ corretto in autogrill mentre si stava recando a testimoniare a Roma su cio’ che aveva scoperto.
Ma la Calabria ci racconta anche della vicenda di Praia a Mare e della sua fabbrica di veleni, una Porto Marghera del Sud dove 50 operai hanno perso la vita per tumore a causa delle condizioni di lavoro. Ma anche della piana di Gioia Tauro dove tra rigassificatore, inceneritore e discariche abusive la ndrangheta ed i potentati economici hanno distrutto la costa viola e tutta la piana della locride.

Ma non solo. Le lotte di Chiaiano, di Vicenza, e dei tantissimi comitati territoriale in difesa della salute e dell’ambiente ci raccontano di come nel nostro miserrimo paese un solco e’ stato gia’ tracciato. Un sorta di network sparso nel paese, legato ai territori ma capace di vedere in Copenhagen un appuntamento proprio, che parla della propria lotta.
Cio’ che e’ avvenuto nel nostro paese, al di la’ della “crisi rifiuti”, al di la’ del penoso dibattito sulle fonti energetiche dove nucleare e turbogas sembrano essere le sole alternative conosciute dalle lobby energetiche trasversali a Pd e Pdl, ci racconta di un’operazione di annientamento delle spinte presenti nel paese che parlano di difesa dell’ambiente. Pienamente nello sviluppo della ricetta da shock economy i media main stream e l’attivita’ legislativa a colpi di decreti e fatwa hanno provato a schiacciare “le minoranze facinorose ambientaliste” come tuonava il premier appena un’anno e mezzo fa’. A rimetterci le penne stavolta sono state le esperienze piu’ deboli, ormai persi nella logica della rappresentanza, ormai prive di legami territoriali, ormai assolutamente compatibili con le dinamiche di produzione devastatrici e saccheggiatrici, come i Verdi ad esempio, distrutti dai loro errori e da una campagna senza precedenti lanciata dalle lobby economiche. Come non ricordare come un loop continuo mandato in onda ogni sera dai Tg le accuse ad ecologisti ed ambientalisti causa dei mali dell’umanita’, colpevoli di frenare lo sviluppo fatto di sangue e cemento, colpevoli di frenare la crescita energetica, fatta da inceneritori e nucleare, colpevoli di non consentire al paese di adeguarsi agli standard dei paesi a capitalismo avanzato.

Ma il necessario ed auspicabile crollo di quell’esperienza ha liberato energie nuove, indipendenti, libere, lontane da compatibilita’ di sorta, legate ai territori e capaci di uscire dai provincialismi, dagli egoismi e che testimoniano oggi un tessuto vero, fatto di conflitti e comunita’ resistenti grandi e piccole che continuano la lotta in difesa dell’ambiente e della salute.
Le mobilitazioni contro il Cop 15 ci danno l’opportunita’ di provare a raccogliere i segnali e le lotte prodotte da queste esperienze, di continuare a praticare uno stile diverso nello stare nei conflitti, e di costruire un ipotesi di capitalizzazione in termini di conflitto qui da noi, sui nostri territori.

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Eventi

24/10/2009 09:00 > 24/10/2009 13:00

Intervista a Francesco Fonti il pentito delle "navi a perdere".De L'Espresso