Già il 1 settembre scorso Il Sole 24ore annunciava per il
primo di ottobre un forte aumento delle bollette del gas (+ 30%) e
dell’elettricità (+ 20%); aumento, per altro, che andava ad aggiungersi a
quello già avvenuto il primo di luglio. Di questo aumento così come di quello
avvenuto qualche mese fa erano ovviamente a conoscenza sia il Governo che le
forze politiche che in questi giorni si strappano le vesti in Parlamento per la
ricerca di soluzioni “ristorative” per i redditi familiari, specie per quelli medio-bassi.
Gli annunci allarmistici del Ministro per la transizione ecologica, Cingolani,
e le preoccupazioni dei partiti sono funzionali a far credere all’opinione
pubblica che a causare gli aumenti non siano tanto le numerose gabelle non
direttamente collegate al consumo di energia che compongono il costo della
bolletta e i costi dell’approvvigionamento dalle fonti fossili e la
speculazione sui prezzi operata dalle imprese del settore, bensì quella sorta
di vezzo radical chic ambientalista che, senza alcuna attenzione pragmatica ai
costi economici della transizione ecologica (come starebbero facendo invece
Cingolani e l’Esecutivo), continuano ad insistere per accelerare il passaggio
dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. La polemica del Ministro contro
l’ambientalismo ritenuto, secondo lui, una iattura peggiore degli effetti dei
cambiamenti climatici, è anch’essa parte di questo proposito perseguito, per
altro, attraverso tutta una serie di provvedimenti e dichiarazioni sino dai
primi giorni della sua nomina.
Che intorno all’aumento delle bollette di gas e luce si
giochi una parte della partita a favore della lobby del fossile in questa falsa
transizione ecologica a cui stiamo assistendo lo si coglie anche negli articoli
riferiti agli aumenti nel giornale di riferimento della Confindustria, Il Sole
24ore. In particolare nell’edizione del 14 settembre nell’articolo dal titolo
“Energia, ecco perché (e come) rincara la bolletta”, l’autore, dopo aver
ricordato che questi non riguardano solo l’Italia ma tutto il mondo
industrializzato alle prese con la ripresa produttiva post-pandemica e,
velenosamente, aggiunto che, quindi, nel nostro Paese non saremmo di fronte ad
alcun complotto per ritornare al nucleare “come alludono i soliti sospettosi
dall’umor nero” (della serie: la lingua batte dove il dente duole), ricorda
come “più di metà dell’elettricità [del nostro fabbisogno] viene dalle centrali
termoelettriche a ciclo combinato alimentate con metano”; ci informa, inoltre,
che gli aumenti riguardano tutti i Paesi europei “indipendentemente dalle loro
fonti energetiche predilette, compreso nucleare o rinnovabili”, compresa
l’Inghilterra che pur avendo puntato sull’eolico, per mancanza di vento, ha
registrato un aumento di oltre 2 euro a chilowattore, del tutto fuori scala.
Conclusione: “chi da anni invoca che vengano chiusi i pozzi di petrolio e gas
per ridurne l’offerta e far salire i prezzi ha centrato in pieno l’obiettivo”.
Se non fosse stato chiaro il messaggio, l’autore ricorda subito dopo che in
Italia ai vari costi all’ingrosso, “si aggiungono le spese di distribuzione e
trasporto, le tasse, le addizionali, gli oneri per finanziare la ricerca
elettrica, smaltire l’eredità nucleare” e in ultima istanza “finanziare le
fonti rinnovabili” i cui incentivi “pesano sulle bollette finali degli italiani
per circa 12 miliardi di euro l’anno”[1].
Insomma tutto il mondo industrializzato sta subendo rincari per il consumo di
energia, sia che questo sia per gran parte legato all’approvvigionamento di gas
o da altre fonti, comprese quelle rinnovabili ma noi lo subiamo perché ci siamo
troppo esposti a favore di una transizione che sta costando e pesa decisamente
in bolletta.
Torniamo al Ministro Cingolani: a un recente convegno della Cgil a Genova di cui da notizie Il Manifesto del 14 settembre, nell’annunciare il rincaro del 40% delle bollette di ottobre (superiore, quindi, a quello previsto dal Sole 24ore), riesce a dare la colpa di ciò al ritardo sulle rinnovabili. “Succede che il prezzo del gas a livello internazionale aumenta” ha dichiarato e “aumenta anche il prezzo della CO2 prodotta”, legando in tal modo l’aumento delle bollette al costo della transizione ecologica[2]. Della speculazione nei mercati sul prezzo del gas nessun accenno nonostante sia evidente: un piccolo esempio riguarda i rincari di luglio scorso, fissati dall’Autorità di regolazione dell’energia, reti e ambiente (Arera) al 9% per l’elettricità e al 15,3% per il gas; i fornitori per l’elettricità, invece, se non fosse intervenuto il Governo a calmierare l’aumento lo avrebbero fissato al 20%.
Le dichiarazioni del Ministro al convegno di Genova sono perfettamente in linea con le recenti concessioni alle trivellazioni e con tutta la sua azione ministeriale sinora volta a non disturbare più di tanto le imprese del fossile, a evitare di ridurne incentivi e contributi mascherati e, infine ad aprire al nucleare. Proprio sul nucleare, al fine di rilanciarne la produzione, Cingolani ha colto l’occasione del rialzo del prezzo internazionale del gas per strumentalizzarlo a tale scopo nonostante le lotte e ben 2 referendum lo abbiano definitivamente sepolto come opzione. Il nuovo nucleare ventilato da Cingolani, ad integrazione dell’energia producibile con le “rinnovabili” è il frutto della ricerca militare internazionale3[3] ed italiana. Una tipologia di prototipi nucleari è in costruzione anche qui vicino, a Monfalcone e, come ci ha recentemente ricordato Giorgio Ferrari su Il Manifesto, questa produzione interessa anche Enel[4]. A questa tecnologia è interessato lo stesso Bill Gates che ci ha fondato una società ad hoc (TerraPower) e anche la Cina ha in ballo i suoi prototipi di micro reattori[5]. Sotto traccia è in corso, quindi, una frenetica gara industriale per “recuperare” le tecnologie nucleari per produrre energia di cui il mondo ha fame e su cui si reggono gli equilibri geopolitici. E l’Italia vuole essere della partita: Cingolani si è, solo, fatto scappare una parolina di troppo: nucleare. Parolina che ha fatto scattare come un riflesso condizionato l’adesione della Lega che per bocca di Salvini garantisce la disponibilità della Lombardia a ospitare una centrale, subito affiancato dalla Vice Presidente regionale Letizia Moratti che ha assicurato sui “grandissimi passi avanti” fatti dal nucleare, oggi trasformatosi in “nucleare verde” e sicuro, definendolo un modo “per non pagare bollette che continuano a crescere” e ridurre la dipendenza dall’estero[6].
Ministro per la transizione ecologica, giornale di riferimento confindustriale e Lega parlano la medesima lingua pur con accenti diversi, indicando nelle rinnovabili e nei costi della transizione verde le cause degli aumenti, proponendo soluzioni come il nucleare, e soprattutto assolvendo da colpe le società e le multinazionali del fossile che, forti della loro posizione preminente nel mercato energetico, speculano sulla determinazione dei prezzi dal momento dell’estrazione sino al consumo, rimandando a tempi indefiniti la fine della dipendenza energetica del Paese da queste fonti.
Sfruttando l’aumento delle bollette di luce e gas è stata lanciata una campagna mediatica basata su un tipo di fake news che il climatologo Michael E. Mann attribuisce all’inattivismo, nuova strategia dell’apparato industriale-finanziario-politico negazionista dei cambiamenti climatici che, non potendo più negarne gli effetti, si impegna a ritardarne le possibili azioni, instillando dubbi sulla praticabilità del passaggio alle fonti rinnovabili e sostenibili, lasciando così per altri decenni inalterato il potere e l’accumulazione di profitti dei signori del fossile[7]. Nessun notiziario, nessun esponente del Governo così come delle forze politiche ha sottolineato, viceversa, che proprio i colpevoli ritardi dei governi, in particolare quello italiano, nel procedere alla transizione energetica verso le fonti rinnovabili e sostenibili ci legano all’andamento dei prezzi delle fonti fossili per il fabbisogno energetico del Paese e sono quindi concausa di questi aumenti.
A differenza di quanto affermato nell’articolo del Il Sole 24ore sopra citato,
il peso degli incentivi per la produzione di elettricità da rinnovabili è in
continuo calo nel nostro Paese, scesi a poco più di 11 miliardi di euro contro
i 14 solo di qualche anno fa. I ritardi nell’imboccare la strada degli
investimenti pubblici a favore delle rinnovabili fanno sì che oggi solo il 35%
dell’elettricità sia prodotta da queste fonti mentre oltre il 50% sia ancora
legato alla produzione di gas: da qui gli aumenti vertiginosi delle bollette.
D’altra parte, in Italia, gli interlocutori privilegiati del Ministro Cingolani
per tracciare le linee programmatiche del Pnrr per la riconversione ecologica
energetica sono stati proprio i colossi energetici Eni, Enel, Terna e Snam che
dalle fonti fossile ricavano molta parte dei loro ingenti profitti. Perché stupirsi
allora nell’apprendere che nei prossimi 10 anni in Italia potrebbero
realizzarsi almeno 15 nuove centrali a gas a ciclo combinato per una potenza
installata di 14 GigaWatt? E’ questa la linea abbracciata dal Governo con il
Pnrr per quanto riguarda la transizione ecologica; una linea che rispecchia le
caratteristiche delle nostre infrastrutture energetiche – l’Italia è tra i
Paesi più metanizzati al mondo – e drogata dagli interessi di due veri e propri
colossi industriali legati strettamente al gas come Eni, controllata del
Ministero dell’Economia e con un azionariato pubblico che detiene poco più del
30% delle azioni e Snam, “principe” dei metanodotti, di cui poco più del 31%
delle azioni è in mano a Cassa depositi e prestiti. Interessi convergenti tra capitale
pubblico e privato che ben si possono cogliere, ad esempio, nelle scelte che
stanno maturando per l’implementazione infrastrutturale energetica della
Sardegna, regione più povera in Italia in questo senso, volte a premiare la
metanizzazione dell’isola da parte di Snam, con relativi rigassificatori e
depositi costieri od offshore, invece di puntare su una scelta innovativa di
reale decarbonizzazione attraverso un investimento sulle rinnovabili[8].
In un report del think tank indipendente “Carbon Tracker” sugli investimenti in nuove centrali a ciclo combinato si legge che quanto sta avvenendo non è altro che “un film già visto” che dura da 20 anni. Scrive Michele Governatori, entry programme lead di ECCO, con un passato in Eni, collaboratore del report che “nonostante il picco del consumo lordo […] sia stato raggiunto nel lontano 2005 e da lì in avanti si sia verificata una sostanziale stagnazione dei consumi energetici e una diminuzione di quelli del gas, le infrastrutture legate a questo combustibile non hanno smesso di crescere, garantite da una remunerazione del capitale del 6,5-7% in tariffa, a carico dei cittadini”. In pratica attraverso quello che Governatori chiama la “capacità market” e il meccanismo di approvvigionamento dell’energia elettrica mediante contratti a termine aggiudicati da aste competitive, si “falsa il mercato dell’energia a favore di centrali a gas preesistenti e nuove” svantaggiando le rinnovabili.9 Eppure investire direttamente sulle rinnovabili invece di procedere alla decarbonizzazione sostituendo il carbone con un altro combustibile fossile come di fatto intende fare il Governo converrebbe visto che già oggi, sempre secondo il report “Carbon Tracker”, il portafoglio energetico verde batte il gas e ancor più lo potrebbe fare nel prossimo decennio (47 euro/MWh contro i 75 degli impianti termoelettrici a ciclo combinato). Oltre al vantaggio economico va ricordato che ci sarebbe anche quello ambientale con riduzioni drastiche di emissioni di CO2.
Nel mondo oltre l’80% della nuova capacità elettrica installata è da fotovoltaico e eolico (dati IRENA 2021) eppure Cingolani insiste concedendo trivellazioni, ricerche su nuovi giacimenti fossili e mantenendo l’intero impianto degli incentivi e contributi ai signori del fossile. Mentre si moltiplicano gli esempi virtuosi nel mondo – da inizio 2021 in 40 municipalità della California seguite da NewYork, Seattle e Vancouver è proibito costruire case riscaldate a metano e dal 2040 Amsterdam vuole estendere tale proibizione anche alle case esistenti, solo per stare ad alcuni casi – in Italia si procede molto, molto lentamente in tal senso o si operano scelte in controtendenza come quelle volte a favorire un’altra importante lobby industriale come quella dei cementieri che dichiarano esplicitamente di voler contribuire alla decarbonizzazione ricorrendo al gas naturale e all’idrogeno e all’immissione in produzione del css (combustibile solido secondario, sostanzialmente sostanze derivate da rifiuti) e altre schifezze varie (ceneri, rifiuti).10
Agli aumenti delle bollette, quindi, si può rispondere come fa oggi il Governo con misure tampone e di sola loro attenuazione, non certo di blocco degli stessi: sul ritocco del peso dell’Iva sulla bolletta – 5 miliardi – non se ne parla per ora, si ricercano piuttosto risorse che si dichiarano già ora scarse ma l’andamento al rincaro dei costi per le famiglie non verrà certo invertito con questi provvedimenti. La Spagna, ad esempio, ha risposto con una ulteriore tassazione sui profitti delle società energetiche: una vera eresia in Italia. E nessuno che indichi come necessario il ritorno della bolletta a strumento di sola misurazione del consumo di energia con fasce di esenzione e riduzione dei costi per le utenze più deboli in un Paese dove la povertà è aumentata significativamente così come l’impoverimento dei redditi da lavoro.L’aumento delle bollette di luce e gas non chiama in causa solo la questione sociale e la rivendicazione che a pagare i costi della crisi capitalistica da pandemia non siano lavorator* e fasce deboli e povere della popolazione; chiama in causa l’urgenza di imporre con mobilitazioni un cambio di passo radicale per una vera transizione ecologica.
[1] Jacopo Gilberti “Energia, ecco perché (e come) rincara la bolletta” in Il Sole 24ore del 14 settembre 2021. Si veda dello stesso autore “Stangata senza precedenti sulle bollette: +30% per il gas, +20% per l’elettricità” in Il Sole 24ore del 10 settembre 2021
[2] Nina Valoti “Cingolani s’accorge del caro gas senza spiegare come affrontarlo” in Il Manifesto del 14 settembre 2021
[3] Sergio Barlochetti “Usa, pericolosi i mini reattori nucleari portatili dell’esercito. Li userà la Nasa sulla Luna” in Panorama 24 Giugno 2021.
[4] Maurizio Menicucci “I micro reattori nucleari sviluppati e costruiti a Monfalcone” 27 giugno 2020 in https://www.rainews.it/tgr/fvg/video/2020/06/fvg-nucleare-Ansaldo-0c28feb1-d9e9-49f5-96b9-99c3d1ce4b06.html
[5] Marco Dell’Aguzzo “Energie del futuro. Perché i mini reattori nucleari possono integrare le rinnovabili” in https://energiaoltre.it/integrazione-nucleare-rinnovabili-reattori-piccoli/
[6] Giuliano Santoro “Bollette, governo ai ripari. E Salvini riapre il nucleare” in Il Manifesto del 16 settembre 2021
[7] Stella Levantesi “Contro gli inattivasti” intervista al climatico Michael E. Mann in Il Manifesto del 16 settembre 2021
[8] Duccio Facchini “Il dilemma della Sardegna” in “Decarbonizzazione: il gas è parte del problema, non la soluzione. Salvarlo a tutti i costi è un rischio” in Altreconomia, mensile di informazione indipendente n. 237 del maggio 2021. Si veda per approfondire questo punto il dossier “L’inguista transizione. Come Siam sta svendendo il nostro futuro” ReCommon edizioni