COVID, supremazia abilista e interdipendenza

27 / 1 / 2022

Tra i vari effetti della pandemia nell’aumento delle discriminazioni, ce n’è uno che viene poco preso in considerazione: quello dell’abilismo. Marco Miotto e Miriam Viscusi hanno tradotto per Globalproject un articolo apparso sul blog di Mia Mingus, psicologa, educatrice e attivista per i diritti della disabilità, che vive negli Stati Uniti. Nell’articolo emerge con forza il tema dell’interdipendenza come unica cornice possibile per inquadrare questa pandemia e attivare percorsi politici che portino a una reale giustizia trasformativa.

In questi tempi trovo sempre più difficile essere tollerante nei confronti delle persone abili. Ho smesso di intrattenere rapporti con la maggior parte delle persone abili presenti nella mia vita perché, francamente, non so come esprimere l’intensità di rabbia disabile che provo nei confronti di questa pandemia e del livello di legittimazione abilista. Non posso più andare a trovare nessuno e nessuno mi può chiedere come sto nel bel mezzo di sofferenza di massa, malattia e morte. Non riesco a sentire o leggere dell’elevato tasso di infezione, malattia e morte nelle comunità BIPOC (Black, Indigenous and People of Color), senza la menzione di persone disabili BIPOC al centro di una pandemia. Non riesco ad ascoltare quando il CDC (Center for Disease Control and Prevention) dice che è “incoraggiante” sapere che solo coloro “che erano già ammalati dall’inizio” moriranno a causa della variante Omicron e poi di sentire delle vacanze all’estero dei cosiddetti “compagni”. Non posso più partecipare a cosiddette conversazioni politiche che non riconoscono la disabilità, l’abilismo e il suprematismo abilista al centro di una pandemia.

Noi non scambieremo morti disabili per vite abili. Noi non permetteremo alle persone disabili di essere sacrificabili o di essere vittime collaterali nella difesa dello status-quo. Non distoglieremo lo sguardo dalla malattia di massa e dalla morte che ci circonda, o da un apparato statale che è più impegnato a produrre profitto e conforto privilegiato abbandonandosi all’eugenetica.

Noi sappiamo che lo Stato ha fallito nei nostri confronti. Attualmente stiamo assistendo alla violenza statale dalla pandemia: assassinio, eugenetica, abuso e negligenza raggelante di fronte a sofferenze di massa, malattia e morte. Siamo la nazione più ricca al mondo e continuiamo a preferire la cupidigia e il benessere alla persona e alla vita. Lo Stato sta piantando in profondità il coltello della sofferenza nella pancia di coloro che sono già stramazzati al suolo. La crudeltà è travolgente e impenitente.

Per molti di noi, che hanno posizioni di sinistra estrema, tutto questo non è sorprendente. Abbiamo visto quello che lo Stato è disposto a fare al suo popolo. Non siamo mai riusciti a contare sullo Stato perché sappiamo che lo stato non si cura di noi o della nostra gente. Non è niente di nuovo. Siamo stati in questa posizione in precedenza, e siamo in questa posizione di nuovo.

Sappiamo che abbiamo bisogno di un cambiamento sistemico cosicché i nostri popoli possano letteralmente sopravvivere a questa pandemia, ma sappiamo anche che il tipo di cambiamento di cui abbiamo bisogno, con tutta probabilità, non arriveranno. È nell’interesse di coloro che sono al potere mantenere il popolo in uno stato di assenza di cura, malati e dipendenti da briciole in esaurimento. Questo è uno dei motivi per cui l’abilismo e la povertà sono così efficaci e per cui sono spesso inseparabili. Ci sono molte cose che in questo momento non riusciamo a controllare o a cambiare, anche se vorremmo farlo disperatamente. Mentre ci battiamo per un cambiamento sistemico, possiamo anche provare a cambiare cosa succede all’interno delle nostre comunità. Possiamo imparare dai nostri errori e, per lo meno, tentare a non rendere le cose peggiori di quanto sono al momento.

Contrapporre il bisogno di cambiamento statale e sistemico al cambiamento individuale e di comunità mette in piedi un falso binario. Entrambi i cambiamenti sono necessari per uscire dal caos pandemico in cui siamo, così come entrambi sono necessari per qualsiasi tipo di liberazione che noi combattiamo. Abbiamo bisogno di un reddito di sopravvivenza per i lavoratori nei settori essenziali, di mettere fine agli sfratti, di pagare le persone per stare a casa, di distribuire test gratuiti a tutti; inoltre abbiamo bisogno che tutti portino le mascherine, che tutti smettano di partecipare o a tenere raduni in presenza, che tutti smettano di fare viaggi non essenziali e che tutti si facciano il vaccino o le dosi booster. Ci sono persone a sinistra che si limitano a parlare del bisogno di una risposta di Stato, mentre loro stessi non sono ancora vaccinati oppure continuano a partecipare o a tenere eventi in presenza. Se la giustizia trasformativa ci insegna qualcosa, è che il cambiamento sistemico da solo non è sufficiente. Ci sono anche molti cambiamenti che devono avvenire a livello di comunità e a livello individuale.

I vaccini hanno messo a nudo la profondità dell’abilismo all’interno della cultura dei nostri movimenti politici. Le persone disabili lo hanno sempre saputo, ma io ho provato un’incredibile delusione e rabbia nei confronti delle persone abili, e in particolare di quelle all’interno dei nostri movimenti, le quali hanno rinforzato la supremazia abilista tramite una cultura e una presunzione abilista sottraendosi dalle loro responsabilità, perdendo un’occasione dopo l’altra di sfidare la supremazia abilista e di agire in solidarietà con le persone e le comunità disabili.

Perché abbiamo permesso e contribuito all’inquadramento dei vaccini come una scelta individuale a discapito dell’azione collettiva, dell’interdipendenza e della solidarietà nei confronti delle persone disabili (specialmente quelle che sono ad alto rischio), degli anziani, dei bambini che non possono essere vaccinati, del sud globale, dei lavoratori essenziali e di coloro che non hanno la possibilità di lavorare da casa? Per coloro che possono essere vaccinati, il vaccino non è una scelta individuale. Non è come decidere di abortire, smettiamola di dire questo. Non vaccinarsi non significa “il corpo è mio, la scelta è mia,” assume un significato più simile a scegliere di guidare in stato di ebbrezza o di esporre qualcuno al fumo passivo.

Dovremmo discutere sulla necessità di vaccinarsi e renderla parte della nostra cultura politica di sinistra. Non dovremmo limitarci ascrivere qualche post sui social media, seppure sia importante, ma dovremmo impegnarci ad affrontare conversazioni dirette con le persone che fanno parte delle nostre vite. Non con l’obiettivo di farle vergognare, perché sappiamo dalla giustizia trasformativa che fare vergognare le persone non è utile, ma parlare con queste persone in un modo che stimoli la conversazione e che porti a delle conseguenze chiare, non alla punizione.

Farsi il vaccino e la dose booster dovrebbe essere inquadrato come parte del nostro impegno politico all’interdipendenza, alla giustizia nella disabilità e alla solidarietà. Sono stata veramente demoralizzata, anche se non sorpresa, dalla quantità di persone all’interno dei nostri movimenti che possono vaccinarsi, ma non lo hanno fatto, e che continuano a mangiare fuori o a partecipare a raduni, invece di stare a casa proteggendo gli altri. Essendo una persona che ha avuto esperienze di abusi tremendi, anche abusi sessuali all’interno del polo industriale medico, non sono a favore di trattamenti medici forzati di alcun genere, neanche della vaccinazione. Voglio che voi vogliate fare la cosa giusta. Voglio che voi vogliate proteggere e avere cura delle persone. Se potete vaccinarvi, ma siete irremovibili sul fatto che non lo desiderate, allora, per la nostra sicurezza collettiva, mettetevi in isolamento, state a casa e state distanti da altre persone.

La cultura abilista insegna alle persone abili ad essere legittimati. Siete legittimati a non dover mai imparare nulla sulla disabilità e sull’abilismo. Siete legittimati a muovervi nel mondo e nei nostri movimenti, con una conoscenza e un’analisi politica scarsa o nulla sulla disabilità, anche quando pontificate su ogni sistema oppressivo e violento. La cultura abilista all’interno dei nostri movimenti significa che diremo sempre cose come: “dobbiamo concentrarci su tutti coloro che sono più colpiti”, ma poi non includiamo i disabili, soprattutto quelli ad alto rischio, nella pandemia globale. Legittimazione abilista significa che continuerete a pianificare la vostra vacanza all’estero, anche durante l’impennata della variante Delta; continuerete a postare fotografie della vostra grande vacanza di famiglia durante l’impennata della variante Omicron.

Non siete legittimati alle nostre morti. Non siete legittimati alle morti dei nostri cari nel nome del capitale, del privilegio e del “normale.” Non siete legittimati al nostro silenzio sul nostro dolore, sulla nostra sofferenza e al lutto che ci avvolge. Non siete legittimati alla nostra paura e al nostro terrore delle condizioni che peggiorano e del caos di questa pandemia, chiedendoci se saremo mai in grado di uscire dalle nostre case.

Godete del contatto a discapito del nostro isolamento. I vostri bisogni sono sempre più importanti di quelli della collettività. Quando scegliete di scommettere con la vostra salute prendete in considerazione soltanto i vostri rischi e mai i rischi degli altri. La legittimazione abilista fa in modo che l’analisi dei rischi e dei benefici sia sempre: “Mi ammalerò? Sarò in grado di guarire. La mia famiglia starà bene. I miei figli staranno bene.” Mai: “Staranno bene? I loro figli staranno bene? La loro famiglia starà bene? Tutte le persone con cui hanno interagito staranno bene?” Mai: “Questo farà male al loro paese? Al loro stato? Al loro continente?” Nascosti dietro al vostra privilegiata spavalderia abilista direte: “non può succedere a me. Sono sano.” Mai: “Con chi sono venuto a contatto? Io potrei stare bene, ma qualcun altro potrebbe non stare bene.”

Supremazia abilista significa che molti, a torto, pensano che, se contraete il COVID e finite per avere il long COVID, lo Stato o la vostra comunità si prenderà cura di voi. Ci credete perché non sapete della realtà vissuta dalla comunità disabile in questo paese. Privilegio abilista significa che non devi ascoltare le persone disabili o venire a conoscenza dell’abilismo e la supremazia abilista. Il nostro governo non si cura delle persone disabili che già esistono, quindi se voi pensate che si curerà di voi se diventate disabili grazie al COVID, come succederà a milioni di persone, allora questa è una funzione della vostra ignoranza abilista.

Ho bisogno che voi vi curiate delle vite delle persone disabili di più di quanto vi curiate di una vacanza, una festa o una celebrazione. Un fondamento dell’essere disabili in un mondo abilista è l’isolamento. Questo fa parte del trauma dell’abilismo. Le persone disabili sono segnate sempre di più dall’isolamento dovuto all’inaccessibilità materiale, sociale e culturale, dallo stigma, dalla paura, dalla violenza e dalla vergogna. Noi viviamo con varie forme di distanziamento sociale per tutta la nostra vita. Durante questa pandemia molte persone disabili, particolarmente quelle ad alto rischio, non hanno mai lasciato la loro casa o non hanno visto nessuno per anni, tranne le persone con cui vivono. Voi date per scontato il lusso del contatto di persona e ne sentite legittimati, anche se migliaia di persone intorno a voi muoiono e soffrono, anche se voi potreste rischiare di prolungare e peggiorare la pandemia.

Non sappiamo quando arriverà la minaccia di una nuova variante. Gli scienziati stanno osservando le varianti che non sono ancora diventate una minaccia. Ma più a lungo il virus riesce a circolare all’interno delle comunità, più possibilità ha di mutare. E non possiamo permetterci di rischiare la salute collettiva per un’indulgenza individuale. Non possiamo continuare a sacrificare bisogni a lungo termine per desideri a corto raggio.

Le persone disabili non sono sacrificabili. Siamo il presente che temete e il vostro inevitabile futuro. Siamo quello che vi aspetta con il tempo e l’età, ed è per questa ragione che ci avete continuamente respinto e tenuto nascost* Non ci volete troppo vicino, non volete qualcosa che costantemente vi ricordi l’esistenza di diversità e privilegi, non volete dover cambiare la vostra vita per noi. Serve che siamo spinti altrove come rifiuti, scaricati, dimenticati per convenienza così che potete recitare senza interruzione.

Pandemie, cambiamento climatico, inquinamento e tossicità hanno sbilanciato la situazione e alzato la posta in gioco: la disabilità è il nostro futuro collettivo. Potrete anche distogliere lo sguardo dalla violenza di stato, dalla povertà e dalle dipendenze, ma quando si tratta dell’aria stessa che respirate a diventare una minaccia? Quando non c’è nessun posto dove scappare e non ci si può permettere di abbandonare il Pianeta? La salvezza individuale, di per sé, è un mito. Non c’è salvezza individuale senza salvezza collettiva e la salvezza collettiva presuppone che nessuno è al sicuro se non lo sono tutt*.

Mettete in discussione il vostro privilegio, tranne quando è quello abile. Vi istruite e studiate le forme di oppressione, ma mai l’abilismo. Amate le comunità queer, di colore, indigene, di colore, quelle operaie, abolizioniste, antirazziste, femministe  e migranti, ma sembrate dimenticare che le persone disabili sono presenti, in queste – e in ogni – comunità.

Le persone della mia comunità stanno morendo e sono terrorizzate. Ma non sembra interessarvi perché non le vedete – non ci vedete – come parti della vostra comunità. Quando mi parlate di giustizia antirazzista o di giustizia abitativa, sanitaria, o giustizia di genere, a chi state parlando esattamente? State combattendo per la giustizia di chi? Perché non sembra includere mai le persone disabili. E se lo fa, è solo in teoria, non nella pratica; solo per farvi apparire meglio. Oppure solo quando le persone disabili si trovano nella stessa stanza e sono loro a iniziare la conversazione.

Non mi va di essere il vostro amico o compagno di colore e disabile da esporre. Se vi importa di me, allora deve importarvi anche delle persone e delle comunità disabili. Perché se non vi importa di loro, non vi importa nemmeno di me. Se vi importa di me, allora dovreste verificare i privilegi abili e sfidare la vostra supremazia abile, specialmente la cultura attuale che ritiene le persone disabili sacrificabili.

Ho bisogno che non soltanto diciate di essere solidali con le persone disabili o che date valore alla giustizia per le persone disabili: ho bisogno che la pratichiate. Ho bisogno che iniziate conversazioni scomode con le altre persone abili, che parliate con loro di vaccini e booster, di mascherine, di eventi in presenza che vengono annullati, di viaggi e di lavoro. Molte persone disabili stanno facendo questo sforzo, perché noi non abbiamo scelta. Stiamo perdendo legami, siamo stat* insultat* e mess* in ridicolo. Ci hanno detto che stavamo reagendo in modo esagerato, ci hanno tormentato e controllato semplicemente perché non vogliamo morire. Perché non vogliamo che altr* muoiano. Perché non vogliamo permetterci il rischio di assoggettarci a un sistema medico che ci potrebbe ritenere indegni di un trattamento a causa della nostra disabilità, malattia, classe, razza, colore della pelle, accento, status d’immigrat*, genere, taglia. Semplicemente perché molt* di noi sapevano cosa ci aspettava e ci aspetterà, e sapevamo che non potevamo fermarlo senza di voi; ma sapevamo che avreste sempre scelto comodità e piacere a discapito della sicurezza collettiva e dell’interdipendenza. Come si esprime la demoralizzazione di avere bisogno di persone che non hanno bisogno di te?

Dovremmo inquadrare questa pandemia in termini di interdipendenza. È l’unica cornice giusta perché è l’unica umana e morale. L’interdipendenza riconosce che le nostre sopravvivenze è legata, che siamo interconnessi e le vostre azioni hanno impatto sulle altre persone. Se un merito si può dare a questa pandemia, è quello di aver mostrato quanto la nostra società sia pessima nel valorizzare e praticare l’interdipendenza. Che però è l’unico modo per uscire dalle questioni più urgenti che ci troviamo oggi davanti. Per esempio, se non capiamo che siamo interdipendenti con il pianeta, come specie non sopravviveremo.

La cultura abilista insegna ad agire in modo indipendente, a credere a questo mito. Rifiutatelo. Accogliete l’interdipendenza e sappiate che è l’unica via per uscire da questa pandemia. Sappiate che mettere al centro le persone disabili, quell* che sono ad alto rischio, aiuterà tutt*. Più persone vaccinate significa meno persone a riempire gli ospedali, così che i letti e il personale sanitario possano essere disponibili per quell* che ne hanno bisogno davvero. Significa anche che le operazioni non urgenti e altre procedure mediche di vitale importanza non debbano essere posticipate in un sistema sanitario al collasso. Meno persone che viaggiano per motivi non necessari significa meno possibilità per il virus di viaggiare e mutare, in modo che chi deve viaggiare per motivi seri (come raggiungere qualcun* di cui prendersi cura) sia esposto a meno rischi. Per chi se lo può permettere, stare a casa e non uscire se non è strettamente necessario, può creare condizioni sicure per chi invece non è nelle condizioni di restare a casa. Declinare un invito e spiegare perché, non solo aiuta a fermare la diffusione del virus, ma è una pratica esemplare di cura e interdipendenza.

Riformulate la vostra delusione per dover annullare un evento sociale e vedetela come un’opportunità per praticare l’interdipendenza, la solidarietà e la giustizia per le persone disabili.

Allo stesso modo in cui potreste trattenervi dal comprare qualcosa che vi piace, per supportare i lavoratori in sciopero, tutelate da questa pandemia i gruppi più vulnerabili: il sud globale, che è pieno di persone nere, indigene e di colore disabili, coloro che porteranno il fardello del privilegio, dell’egoismo e dell’avidità (come non fermare la diffusione del virus o mantenere i brevetti dei vaccini) del nord del mondo.  Se tutti ci muoviamo per proteggere i più vulnerabili, se tutti pratichiamo l’azione collettiva insieme, allora possiamo aiutare a ridurre i rischi e i danni.

La soluzione non può essere che tutti devono contrarre il virus. Questa è eugenetica, perché molte persone disabili ad alto rischio morirebbero e quell* che non morirebbero avrebbero delle complicazioni serie o impatti cronici sulla loro vita. Non cedete a questo pensiero eugenetico che dà per scontato che i più vulnerabili siano sacrificabili.  Il long covid è reale e può succedere a chiunque.

Questa pandemia creerà milioni di persone disabili in più, con malattie croniche. Siamo pront* per quello che ci aspetta? Siamo pront* per quante più persone disabili con condizioni croniche ci saranno? Siamo pronti per come dovrà essere necessario spostare il lavoro politico dei nostri movimenti? O continueremo a silenziare la disabilità e le persone disabili? Continueremo a escludere l’abilismo e la supremazia abile nella nostra opera di liberazione?

Se c’è mai stato un tempo in cui essere solidali con le persone disabili, quel tempo è ora. È stato durante l’intera pandemia. Si tratta di quello che potete fare ora. Adesso è tempo di ricalibrare, tornare ad allinearsi con i propri valori. Non ci servono le vostre scuse, non abbiamo tempo, ci serve solo che miglioriate. Se siete abili, parlate con le altre persone abili. A causa dell’abilismo, saranno più disposte ad ascoltare voi che noi. Aiutateci a educarle. Non prendete parte nell’attuale supremazia abilista. Decostruite tutto quello che non è utile all’interdipendenza.

L'interdipendenza è, in fin dei conti, una questione di “noi” al posto di “me”. Significa capire che siamo legati dal solo fatto di esistere su questo pianeta. L’interdipendenza si genera e si alimenta nella cura verso l’altr*. Non vive di obblighi o privilegi, ma piuttosto una disponibilità ad amare e a darsi. L’interdipendenza non può coesistere con scarsità, competizione, paragone, dominazione o avarizia. Fiorisce nell’abbondanza, apprezzando e onorando la diversità, la cura collettiva. L’interdipendenza può esistere tra due come tra sei miliardi di persone, e in tutte le possibilità che esistono nel mezzo.

L'interdipendenza ci aiuta a immaginare nuovi modi per andare avanti con intenzioni e impegno verso l’altr*. Abbiamo bisogno di voi, di tutt*. Non si esce dalla pandemia da sol*

Da sol* non si ferma la diffusione del virus, o la pressione al governo, alle scuole e alle imprese a fare di più. Abbiamo bisogno l’un* dell’altr*. Abbiamo bisogno l’un* dell’altr*. 

Immagine di copertina: Philosophographlux su Flickr con Licenza Creative Commons.