Croci

Immagini della passione e della sofferenza nella bestialità del controllo

12 / 11 / 2009

In linea di massima la discussione sull’arredo della aule scolastiche e giudiziarie non è la nostra passione preferita, per quanto riconosciamo la ragionevolezza delle argomentazioni a favore di un decente Stato laico e non confessionale,  ma vorremmo limitarci a un paio di considerazioni. La prima del tutto filosofica, la seconda iconografica. 

San Paolo ha scritto una pagina memorabile (1° lettera ai Corinzi, 1,17-27) sulla follia della Croce contrapposta alla sapienza dei filosofi. Vale per ogni rivoluzione filosofica e politica, per il panteismo anticristiano di Giordano Bruno come per la critica marxiana dell’economia politica. E’ la potenza del nuovo che scalza il vecchio e appare rozzo e irrazionale solo su scala e misura del vecchio. E’ questo segno di scandalo e promessa di rinascita che viene oggi difesa con sospetta unanimità dal ceto politico italiano? Sofferenza e ansia di riscatto ispirano Berlusconi, La Russa, Casini e Bersani che difendono il vigente arredo murario? Qualche dubbio sia lecito. Tanto per la filosofia.

Quanto all’iconografia, gli esordi della rappresentazione della Croce sono modesti, stante l’evidente preferenza della nascente Chiesa per la figura del Christus triumphans, Pantokrator, ecc. rispetto al Christus patiens. Si privilegia il vincitore, non il sofferente. Nella riabilitazione della carnalità del Cristo, modello di umanità e mezzo di propaganda religiosa nel contesto politico-culturale del pieno e tardo Medioevo (da S. Francesco all’arte romanica e a Dante), il condannato appeso appare –almeno fino a Cimabue e Giotto–  piuttosto devastato e anoressico, con tutte le costole in evidenza, il ventre gonfio e il volto tumefatto. Sotto i 50 kili.

Una vera larva umana, uno zombie, come direbbe quella larva del sottosegretario Giovanardi. Magari esporre nella aule le foto segnaletiche e quelle autoptiche di Stefano Cucchi potrebbe costituire un utile richiamo ai valori originari del crocefisso e un commento alla pietà cristiana del proibizionista cattolico Giovanardi.