Cutro - Non dimenticheremo

La redazione di Melting Pot Europa di ritorno da Crotone.

14 / 3 / 2023

Durante il viaggio di ritorno da Crotone arriva la notizia di un altro naufragio in acque internazionali, al largo delle coste libiche. Il bilancio è nuovamente tragico: 30 vittime e 17 superstiti. Nonostante le ripetute segnalazioni di Alarm Phone, i naufraghi sono stati lasciati per 30 ore senza soccorsi dalle autorità italiane e dagli altri Paesi europei. La guardia costiera italiana non si è attivata, delegando alla mafia libica, la cosiddetta “guardia costiera libica”, l’intervento SAR che mai è avvenuto. È l’ennesimo caso di omissione di soccorso nel Mediterraneo.

Queste persone uccise dal cinismo degli Stati si aggiungono alle tante persone che continuano a morire nel tentativo di esercitare il diritto alla libertà di movimento, una delle sfide più grosse e importanti che abbiamo di fronte a livello globale. 

Torniamo da Crotone pieni di rabbia e di preoccupazione.

La rabbia è per tutte le persone che sono uccise dal regime di morte delle frontiere, da quella che in molte analisi viene definita “necropolitica”. Sono migliaia le persone che ogni giorno si trovano costrette a sfidarle, a rischiare la propria vita per oltrepassarle, a non aver altra scelta. Nessuno rischierebbe la propria vita se potesse avere un’alternativa nel proprio paese di origine o un modo diverso per arrivare in luogo sicuro.

La rabbia per il Consiglio dei Ministri a Cutro che è stata un vero e proprio sfregio, una provocazione anche mal gestita, approvando proprio lì, a pochi chilometri dal naufragio, una nuova stretta in materia di migrazioni. Una passerella oscena che comunque si è riusciti a guastare con la contestazione durante il passaggio del convoglio.

Ma anche per quello che è successo al Palamilone, un palazzetto dello sport trasformato in camera ardente, dove si è aggiunta altra violenza contro i familiari delle vittime e i superstiti.

Non hanno soltanto dovuto subire la violenza del dolore straziante per la perdita dei loro cari, almeno per chi di loro quei corpi li ha ritrovati, poi sono stati violentati ancora e ancora. Umiliati, abbandonati dalle istituzioni, presi in giro e sfiniti, lasciati senza risposte: le autorità hanno deciso di non gestire la situazione, di improvvisare dall’inizio alla fine.

A Crotone si è vista l’assenza di una cabina di regia che ha lasciato le persone senza una proposta di assistenza psicologica e mediazione culturale. Un vuoto colmato dalla rete 26 febbraio, l’associazione Sabir e il progetto Mem.Med che in questi drammatici giorni sono sempre rimaste al supporto dei familiari e dei superstiti.

Rabbia per quel giorno in cui hanno provato a trasferire le bare a Bologna senza il consenso dei familiari e per quei superstiti lasciati al CAS di Crotone in condizioni indegne, che solo grazie alla denuncia pubblica sono stati spostati in hotel e in progetti di accoglienza del SAI.

Nei nostri pensieri c’è anche preoccupazione per quello che succederà adesso mentre probabilmente si spegneranno le luci mediatiche sul naufragio, mentre il mare restituisce altri corpi, per quelle bare che rimangono al Palamilone, per quei familiari che ancora non hanno ritrovati i loro cari.

Ci siamo chiesti cosa potevamo raccontare oggi su tutto quello che abbiamo visto e sentito nei 4 giorni in cui siamo rimasti a Crotone, tra la camera ardente, la spiaggia del naufragio, la contestazione del CDM a Cutro e poi la manifestazione nazionale di sabato 11 marzo.

Oggi allora continueremo a dare voce ai familiari delle vittime e ai superstiti perché non potremo dimenticare tutto questo.  Perché in questi 4 giorni ci sono tante emozioni che non potremo cancellare: su tutte l’odore acre che si sentiva al Palamilone e il nodo che ci stringeva in gola guardando quelle piccole tante, troppe, bare bianche che gridano giustizia e per cui dobbiamo continuare a lottare.

Cutro manifestazione

Foto: Marco Ascrizzi, tratta da La Base di Cosenza

La testimonianza di un familiare durante la manifestazione nazionale dell’11 marzo

«Lui era tra sopravvissuti che sono scappati un anno e mezzo dopo la presa del governo dei talebani.

Aveva un cugino, con la moglie e due bambini. Tre sono stati ritrovati e ha riconosciuto oggi, poche ore fa (N.d.R. a poche ore dall’inizio del corteo), suo cugino con il bambino. Manca un altro bambino che è ancora nell’acqua del mare. 

Il governo dei talebani ci ha costretti, ci ha spinti perché siamo minacciati di morte, se non riusciamo a scappare siamo comunque morti. 

Siamo qui da 13 giorni, è come un parto aspettando che i corpi dei bambini escano dal mare.

Abbiamo manifestato mercoledì, e chiediamo scusa ai cittadini, perché abbiamo causato un danno, per una giornata abbiamo chiuso la strada. Lo abbiamo fatto perché non ci hanno assistito dal primo giorno. Abbiamo chiesto di rinforzare la ricerca, non di rimanere ad aspettare finché il mare li spinge fuori.

Siamo addolorati, ogni volta che vengono ritrovati dei corpi, io ho riconosciuto due delle 30 persone. Le persone mi chiamano dall’Afghanistan, dove ho tenuto i contatti, mi chiamano per riconoscere per telefono le persone, ho visto tutte le foto delle persone morte, è un grande dolore e ringrazio le persone della società civile che sono state vicine a noi, nell’accompagnamento sia per l’alloggio e per l’assistenza psicologica.

Siamo distrutti, stiamo cercando anche di partire il prima possibile da qua, non vogliamo rimanere qui, noi abbiamo la nostra vita in altri paesi. Vogliamo partire almeno con i corpi dei nostri cari.

Ringrazio tutti coloro che sono entrati in quel maledetto posto, la camera ardente, dove ci sono 73 morti, ma il primo ministro non ha avuto il coraggio neanche di venire da noi, di portarci le condoglianze e questo fa capire che loro non vi rappresentano.

Anche alla manifestazione qui oggi per i salvataggi, per aiutare le persone che arrivano da altri luoghi del mondo, per questo chiediamo più salvataggi in mare. Non ho trovato la differenza tra i talebani e il governo attuale italiano».

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