Da Lampedusa, la testimonianza dell’Associazione Askavusa

Intervista a cura di Radio Kairos Bologna, FM 105.85

5 / 10 / 2013

n un’isola sgomenta e annichilita, continuano le operazioni di recupero dei dispersi. L’associazione Askavusa denuncia: non sono ne tragedie ne incidenti, ma massacri, con i numeri che stiamo collezionando possiamo definirli genocidi.

Non solo la Marineria di Lampedusa e la Guardia Costiera, ma molti lampedusani sono usciti con le proprie barche a cercare superstiti, come Giacomo e Paolo di Askawusa che invece hanno visto solo cadaveri.

Il corroidoio umanitario è una richiesta che da mesi l’associazione Askavusa rivendica, ma ora è quanto mai urgente, insieme ad un cambiamento delle normative sull’immigrazione. Occorre dismettere subito la parola “emergenza”, che copre solamente il business dell’accoglienza e la sparitizione dei soldi europei, bisogna parlare invece delle conseguenze delle guerra e della militarizzazione delle frontiere.

- Ascolta la testimonianza di Annalisa, associazione Askavusa Lampedusa

Parte 1


Parte 2


Intervista a cura di Radio Kairos e pubblicata in Progetto Melting Pot

***** Altri materiali da Lampedusa tratti da Dinamo Press

Una voce in prima fila dalla frontiera sud dell'Europa
*dell'associazione antirazzista lampedusana Askavusa. L'articolo è uscito sul blog di Askavusa.

Stamattina appena alzato ricevo la telefonata di Alessandra, mia moglie, uscita per accompagnare Abele, nostro figlio, a scuola, la sento sconvolta mi dice che ha incontrato un amico al bar, lo ha avvicinato per dirgli come andava, perche lo aveva visto strano, con una giacca sporca con cui si copriva, come se volesse coprire qualcosa di più grande del suo corpo, Lui guarda Alessandra, dicendogli che ne avevano preso una quarantina, mia moglie gli risponde, che gli faceva piacere, credendo che l’amico parlasse di pesci, ma poi si accorge che c’è qualcosa che non va, e lui comincia a raccontare del suo risveglio in mare sulla barca, con altri amici, un risveglio fatto di urla, e di gente che soffocava in mare, di bambini e donne che con le ultime forze provavano a raggiungere la loro barca. Quaranta ne abbiamo presi. Dopo lei sento Annalisa, Francesca, e gli altri di Askavusa, mentre il telefono sembra impazzito, ricevo molte chiamate da amici, giornalisti, compagni. Al molo trovo Totò e Paolo, con cui stiamo a guardare attoniti, tramortiti, le salme che continuano ad arrivare, ci chiediamo cosa possiamo fare, perche ci sentiamo schiacciati dall’impotenza. Non è la prima volta, che vediamo questo orrore, ma non ci si abitua mai. Dopo circa un ora il comandante della Guardia Costiera ci dice che se vogliamo possiamo perlustrare con una barca dalla Tabbaccara fino a capo Ponente, ci mettiamo in mare insieme ad un turista di Bergamo che come noi è triste e molto arrabbiato, parliamo in barca, della imminente visita di politici, siamo tutti d’accordo che sarebbe da prenderli e buttarli in mare per qualche ora, perche è da anni che i politici vengono a fare le loro passerelle qui quando trovano l’occasione, ma non hanno mai risolto niente, anzi la situazione si è aggravata, si parla anche delle implicazioni che l’Europa ha nelle varie guerre in Africa, delle produzioni di armi in Europa, della destabilizzazione della Siria e di tutta quell’area. Fa rabbia vedere che dopo tanti anni si permetta ancora a queste persone che sono quasi tutte richiedenti asilo politico di viaggiare in queste condizioni, di morire in queste condizioni. Non sarebbe più facile, aprire un corridoio umanitario dalla Libia per l’Europa ? Cosi si eliminerebbero queste tragedie, ed anche sprechi di denaro, ricordiamo che ogni persona paga per uno di questi viaggi dalle mille alle duemila euro, che si dice vanno ad organizzazioni criminali, l’Eropa dovrebbe avere come primo punto politico imminente l’apertura di un corridoio umanitario. Per mare raccogliamo scarpe, succhi di frutta prodotti in Libia, e cornetti ancora imbustati, non aperti, che sembrano italiani, per le scritte. Ci avviciniamo ad una grossa chiazza di gasolio, in mare ci sono molte vedette ed elicotteri in cielo che perlustrano la zona. Si capisce che quello è il punto del naufragio, siamo molto vicini all’isola.

Ritorniamo in porto dandoci appuntamento per stasera, per cercare di capire cosa si può fare, di sicuro lanciare un appello per l’apertura di un corridoio umanitario.

Mi porto a casa l’immagine degli aironi che volavano liberi e del mare pieno di scarpe e gasolio, mi porto dentro le immagini dei cadaveri sul molo.

Mi porto la rabbia e il dolore per una tragedia che dura da anni e oggi ha visto uno dei suoi culmini, la rabbia per una classe politica che ancora una volta cerca di giustificare i propri errori scaricando la colpa su altri e facendo le loro passerelle e dichiarazioni di cordoglio. Siamo stanchi ma non ci siamo arresi.

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