Dalle amministrative un monito al Pd padovano

di Ernesto Milanesi

7 / 6 / 2011

A sangue freddo e con la mente libera, l’esito delle Amministrative si rivela più problematico e meno esaltante per il Partito democratico.

Milano è stata “liberata” da Giuliano Pisapia. Ha vinto le primarie in alternativa al candidato di Bersani. Ha mobilitato le libere intelligenze e il popolo “arancione”. E’ tutt’altro che un moderato. Incarna, se mai, la differenza radicale all’amministrazione berlusconiana e ciellina. E possiede una cultura garantista irriducibile ad ogni tentazione di teorema giudiziario.

Napoli ha un sindaco “da sogno”. Luigi De Magistris ha stupito tutti in due tempi, con un plebiscito di consensi che equivale alla morte del “sistema Bassolino”. E’ l’utopia delle minoranze che espugna il quartier generale dei partiti.

Una lezione per Di Pietro e anche per i suoi nuovi seguaci padovani. Occorre una faccia presentabile e la capacità di “rivoluzionare” con la forza delle idee.

Why not? Cagliari rappresenta la terza novità. A Massimo Zedda, 35 anni, candidato di sinistra, preferito nei gazebo e poi nel ballottaggio in un’altra città “impossibile” da strappare al centrodestra. Anche lui ha vinto e convinto, grazie alla limpidezza della politica che si è sposata con la partecipazione diretta, attiva, condivisa.

La speranza di un futuro diverso dal berlusconismo ormai appartiene a questa generazione. Dunque, un avvocato “estremista” con un ex magistrato “in movimento” e un trentenne della nuova sinistra hanno dimostrato che non basta rimboccarsi le maniche per la vecchia ditta o accendere un cero sull’altare della rottamazione.

E’ pur vero che non sarebbero sindaci senza i voti del Partito democratico. Ma il punto politico è che a Milano, Napoli e Cagliari il centrosinistra ha vinto fuori dal recinto della solita politica.

Adesso arriva la prova del nove dei referendum. La “base” del centrosinistra è in campo da oltre un anno per strappare il quorum indispensabile a umiliare Berlusconi come già accadde a Craxi. In nome del popolo sovrano, con la democrazia diretta, grazie ad un’opzione senza compromessi. Ma sul nucleare restano agli atti, da Chernobyl a Fukushima, le troppe folgorazioni scientifico - energetiche a favore dell’atomo di alcuni leader del Pd. E sull’acqua come bene comune il malinteso “riformismo” della sussidiarietà è stato davvero l’altra faccia della privatizzazione selvaggia.

Infine, le ricadute e i riflessi padovani. Sul serio, il Pd immagina di far finta di niente? Il sindaco Zanonato è, di fatto, a metà del guado dell’ultimo mandato. E ogni giorno diventa sempre più prigioniero nella torre d’avorio dei palazzi. Forse, per candidarsi a governare Padova 2020 serve l’umiltà del potere pro tempore che non dimentica mai il dialogo con i cittadini.

Sono gli studenti anti-Gelmini (saltati sui binari anche per “svegliare” il Bo), gli operai che hanno invaso le piazze (con la Fiom prima che con la Cgil) e gli “artisti” della precarietà (con esperienze più edificanti dell’inossidabile lobby del mattone). Erano elettori di Zanonato nel 2004. Sono in prima fila nella campagna per i 4 sì ai referendum.

Deluderli, una volta di più, sarebbe imperdonabile.

 

Da Il mattino di Padova, 7 giugno 2011