Datemi una R, datemi una U... datemi una RU486!

... ovvero: interrompere una gravidanza ai tempi della pillola abortiva...

Utente: Stefania
12 / 8 / 2009

di Stefania Voli

Metti caso che una sera io abbia avuto bisogno della pillola del giorno dopo, e che il tour dei pronto soccorso della mia città non abbia avuto buon esito perchè, per mia immensa sfortuna, mi sono imbattuta in personale sanitario obiettore. Metti poi che io sia una donna migrante senza permesso di soggiorno (che di questi tempi equivale a dire senza diritto a potermi curare e facilmente vittima di denuncia per reato di clandestinità) o semplicemente una fuorisede senza un medico di base (non obiettore) che mi possa prescrivere il farmaco (il cui utilizzo è un mio sacrosantissimo diritto). Ecco, metti tutte queste sfighe insieme. Adesso sono incinta. E non desidero affatto esserlo. Metti allora che io, fatti i dovuti accertamenti non abbia proprio voglia di aspettare la dodicesima settimana per procedere con l'interruzione di gravidanza chirurgica, recarmi in ospedale dopo settimane non proprio rilassate di attesa, fare slalom tra le macabre devote dei vari movimenti prolife che stazionano la mattina con gigantografie di feti morti con l'intento di convincermi che tra essere un'assassina e un contenitore di figli per la patria (possibilmente da spedire in Afghanistan che tanto quelle truppe da là non se ne andranno poi così presto), è assolutamente meglio la seconda. Anche se non hai un contratto di lavoro, anche se ce l'hai precario, anche se semplicemente un* figli* non lo vuoi. Metti poi che passata questa prima barriera umana io decida che proprio non avrò voglia di restare parcheggiata per ore in uno stanzone d'ospedale, con la possibilità di incappare in altro personale obiettore, che penserà di poter esprimere pareri sulla mia scelta, magari mentre mi sta accompagnando in sala operatoria. E metti anche che per quel giorno – ma manco per un altro – proprio un'anestesia non mi vada di assumerla, mentre penso un po' preoccupata che il medico che sta per liberarmi dal mio problema in realtà è già al ventesimo atto di liberazione (aspirazione) della giornata e di sentirmi come un pollo in batteria, proprio non ne ho voglia. Metti poi che non io non abbia voglia nemmeno di correre il rischio che qualcuno di mia conoscenza mi possa vedere in ospedale, ma che gli aborti a domicilio, per fortuna, non si usano più da alcuni decenni. E metti che in questo momento io non abbia a disposizione 2000 euro per rivolgermi ad una clinica privata che gentilmente potrebbe provvedere rapidamente e in tutta privacy a risolvere il mio problema. O che io non trovi proprio comodo farmi un giretto in Francia (dove la RU486 è sul mercato dal 1988).

Ecco, tenendo insieme tutte queste ipotesi, penso che finalmente adesso anche in Italia avrò la possibilità di SCEGLIERE. Se superare tutte queste barriere o valutare di interrompere la mia gravidanza indesiderata con un'altra procedura, che in tutta Europa (ad eccezione delle cattolicissime Portogallo e Irlanda) da anni è già a disposizione delle donne. Perchè l'Aifa (Agenzia italiana per il farmaco), il 30 luglio 2009 ha finalmente approvato l'introduzione della pillola abortiva nel nostro sistema sanitario.

Ecco. Invece Sacconi (ministro del lavoro, salute e politiche sociali. ) e Roccella (sottosegretaria al welfare con delega alla salute), in compagnia di Bagnasco disapprovano, si agitano, scomunicano e criminalizzano. Perchè sanno che da settembre questo metodo – che introduce solo un po' di civiltà in più nel nostro bel paese – sarà in vigore in tutti gli ospedali e che nessuna regione potrà sottrarsi dall'introdurlo poiché “la registrazione nel prontuario farmaceutico è un atto amministrativo che autorizza l'uso del medicinale in Italia. Negare il farmaco dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale equivarrebbe a non rispettare i Livelli essenziali di assistenza, cioè le prestazioni che tutte le Regioni sono obbligate ad erogare ai cittadini. Medico e donna a cui viene negato il farmaco potrebbero aprire un contenzioso nei confronti della Regione”.

Ma loro ci provano lo stesso, sperando di suggerire alcune linee guida, che forse, a seconda delle amministrazioni regionali, ci ritroveremo da settembre a dover verificare con un alto livello di guardia e di rabbia. Non è ammissibile da queste parti non partorire e, come se non bastasse, farlo con meno dolore, più privacy, sottraendosi almeno in parte, alla lunga trafila prevista dalla legge 194 per l'aborto medico e, di conseguenza, all'arbitrio di una lunga sfilza di personale facilmente obiettore. No. Quindi, oltre alla scomunica che ricadrà su ogni donna che oserà ingoiare le pillole del peccato, Sacconi e Roccella hanno pensato di introdurre delle modifiche che vanno dal ricovero ospedaliero per tutto il periodo dell'interruzione (che per la Ru486 può durare anche tre giorni, senza possibilità di prevedere con anticipo quando questo avverrà) al test socio-psicologico. Che rimette nelle mani del medico il potere (che la Ru486 in parte riesce a sottrarre) di decidere se e chi è idonea alla somministrazione. Ogni donna quindi, questa volta bella o brutta (e comunque pur sempre un po' puttana) verrà dotata di un tutor che deciderà per lei e il suo corpo come e se abortire. Sei categoria a rischio se sei straniera. Non solo perchè recandoti in ospedale rischi la denuncia per reato di clandestinità. No. Anche perchè Miss Roccella pensa che tu non possa essere informata sul procedimento, dato che evidentemente, si immagina già i nostri ospedali come spazi accessibili solo per bianche donne occidentali, senza il bisogno dunque di alcuna presenza di mediatrici culturali. Sei categoria a rischio se non hai intestata una macchina, oppure se abiti distante dall''ospedale, se sei sola e priva di assistenza (quindi se sei single, ovviamente, che altrimenti ti sta bene di soffrire un po' se sei andata in giro a divertirti e sei pure rimasta incinta). Poi devi dimostrare di avere una buona soglia di sopportazione del dolore. Mi chiedo: come penseranno di verificare questo dato? Infilandoci un ferro da calza nell'utero e vedendo a che punto inizieremo ad urlare? Roccella, ma lo sai che l'aborto medico, oltre ad essere un vero e proprio intervento chirurgico, consiste nella dilatazione non naturale dell'utero, quello stesso utero che poi dovrà richiudersi con contrazioni dolorosissime, previa passaggio di ferri e arnesi? Posso pensare di desiderare di evitarlo?

Allora, per chiarire, la Ru486 è il nome corrente del mifepristone: è un antiprogestinico di sintesi utilizzato come farmaco per indurre l'interruzione della gravidanza entro i primi 49 giorni di amenorrea (in alcuni paesi fino a 63). Alla donna vengono date tre compresse di Ru486, che bloccano il progesterone, un ormone fondamentale per lo sviluppo della gravidanza. Inibisce lo sviluppo embrionale e causa il distacco e l'eliminazione della mucosa uterina, un processo simile a quello che avviene durante le mestruazioni. Il trattamento avviene entro la settima settimana di gestazione (per l'aborto chirurgico il limite è di 12 settimane e 6 giorni). Nel 70% dei casi l'interruzione di gravidanza avviene entro le 4 ore, nel restante 30% entro 24. Almeno 36 ore dopo il primo farmaco viene data alla donna una prostaglandina per indurre l'espulsione del materiale abortivo, che avviene dopo meno di 4 ore.

E per finire. Un passaggio in avanti in termini di civiltà – e sappiamo che uno dei misuratori che da sempre si considera per calcolare il grado di civiltà raggiunto da un Paese è la condizione delle donne – corrisponde ad un arroccamento reazionario, integralista, paternalista del governo e del Vaticano. Ad una criminalizzazione delle donne, delle loro possibilità di scegliere per se stesse, per il proprio corpo, per la propria salute. Fin qui niente di nuovo. Nuovi saranno però i sistemi di contrasto di questa conquista, e nuovi dovranno essere quindi gli strumenti delle donne, dei sommovimenti femministi per riconoscerli, denunciarli, annientarli. Non possiamo non notare che la Ru486 arriva nei nostri ospedali, dopo anni di complicate battaglie combattute però dai medici pionieri di tale sistema, quasi mai accompagnati, non ultimamente, non adesso che è stata approvata, dalle donne, dalle loro lotte e rivendicazioni. Credo che su questo fronte siamo state troppo assenti, mentre è proprio e innanzitutto a colpi di comunicazione, informazione e (auto)formazione su sessualità, possibilità, contraccezione che non dobbiamo smettere di giocare attivamente la nostra autodeterminazione, togliendola dalla gestione di terzi, liberandola dal circo di obiettori, integralismi e reazionarismi, che in questi giorni hanno senza dubbio fatto più rumore delle donne stesse.

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