Intervista alla giurista Barbara Spinelli

Decreto antistupri. Esitono violenze di serie A e violenze di serie B?

a cura della redazione di Radio Kairos

Utente: Stefania
26 / 6 / 2009

Il 22 aprile 2009 è stato convertito in legge in via definitiva (due giorni prima della scadenza con voti favorevoli quasi all’unanimità del Senato) il cosiddetto “decreto antistupri”.

Vengono cancellati i disegni razzisti della Lega, che inserivano in quel provvedimento le ronde e il prolungamento della permanenza dei migranti nei Cie, ma verranno poi incorporati nel disegno di legge 733.

E, a distanza di 13 anni da quando lo stupro è stato considerato un reato contro la persona (fino a quella data era semplicemente un'offesa verso "la moralità pubblica e il buon costume"), passa anche il disegno di legge anti-stupri che inasprisce le pene contro chi compie reati sessuali e introduce il reato di stalking o “atti persecutori”.

Per quanto riguarda la violenza sessuale il codice penale prevede la reclusione da 6 mesi a 4 anni e l’ergastolo in caso di violenza sessuale con omicidio della vittima; obbligatoria la custodia cautelare in carcere se ci sono gravi indizi di colpevolezza per omicidio e alcuni reati sessuali (come l'induzione alla prostituzione e alla pornografia minorile, turismo sessuale, atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo); arresto in flagranza di reato nei casi di violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo. Inoltre, i condannati per delitti sessuali non potranno ottenere permessi per lavoro esterno (salvo casi particolarissimi) né beneficeranno di permessi premio e misure alternative.

Lo Stato ha inoltre previsto il patrocinio gratuito per le donne vittime di violenze (assistenza gratuita per sostenere le vittime); la ministra delle Pari Opportunità ha attivato un numero verde attivo 24 ore su 24; i Comuni potranno rafforzare i sistemi di videosorveglianza sul territorio.

Per quanto riguarda in modo specifico lo stalking, dopo la firma del Protocollo di intesa tra il Ministro per le Pari Opportunità e il Ministro della Difesa Ignazio La Russa del 16 gennaio 2009, è operativa presso il Ministero delle pari Opportunità una task force di carabinieri, che si occuperà di monitorare e studiare il fenomeno per contrastarlo.

Lo stupro diventa un aggravante dell'omicidio, circostanza per cui viene previsto l'ergastolo. Il carcere a vita scatterà se una violenza sessuale, degli atti sessuali con un/una minorenne, o un particolare comportamento persecutorio (stalking) degenera nell'uccisione della vittima.

Ma, in un paese dove la maggioranza delle violenze avviene in ambito famigliare, impossibile non notare il diverso trattamento riservato nei casi in cui a compiere il reato siano mariti, fidanzati, fratelli o compagni (in questi casi infatti non scattano le stesse aggravanti). Come impossibile è non notare la natura esclusivamente repressiva di una legge che resta muta rispetto alla natura culturale della violenza maschile sulle donne (non esiste un riferimento alla necessità di introdurre misure indirizzate alla diffusione e alla promozione di una “diversa” educazione e formazione di genere).

Due mesi prima che la legge venisse approvata, abbiamo commentato l'allora decreto “antistupri” con la giurista Barbara Spinelli.

Quando è uscita la notizia di questo decreto legge, il n. 11 del 23 febbraio 2009, cosiddetto "anti-stupro", hai scritto subito un articolo dichiarando, tra le altre cose che: "questo decreto reprime senza prima aver analizzato il fenomeno che vuole contrastare."

Vorrei partire analizzando una distinzione che appare evidente leggendo questo decreto: la distinzione tra quella violenza normata d'emergenza – che chiamerei "di serie A", lo stupro e le violenze sessuali – e la violenza taciuta, "di serie B", relativa a maltrattamenti in famiglia, violenza economica, violenza assistita e mobbing sul lavoro, che sono poi in realtà i fenomeni più radicati e diffusi nella nostra cultura, tra le mura domestiche (quindi nel privato) e nei confronti di maggiorenni, violenze che non lasciano segni tangibili, non destano allarme sociale e non necessitano quindi di misure di protezione adeguate né di stanziamenti speciali. Vorrei sapere il tuo parere sia dal punto di vista culturale che legislativo e le implicazioni che porta una tale impostazione del discorso.

E' significativo il modo in cui il Governo si muove in materia di violenza sulle donne. La Ministra alle Pari Opportunità, Mara Carfagna, ha detto che questo è un governo amico delle donne, che ha a cuore la tutela delle donne. Poi, paradossalmente, l'unico provvedimento che viene fatto in via d'urgenza, questo decreto legge, non ha come fine la tutela della sfera di libertà e di autonomia delle donne ma – e voglio citare alla lettera il fine esplicito di questo decreto – quello di "assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività a fronte dell'allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale". Vengono introdotte delle misure di stampo repressivo, anche di carattere molto diverso tra loro, che vanno ad incidere sia sulla fase sia preventiva che successiva alla commissione del reato, che vanno ad introdurre la misura degli atti persecutori, ma vengono anche introdotte misure che non toccano reati sessuali o contro le donne, come può essere l'allungamento fino a sei mesi della permanenza dei "clandestini" nei centri di identificazione ed espulsione o l'introduzione delle ronde. Il fine ultimo di questo decreto non è quello di andare ad incidere sulle cause della violenza sessuale su strada, ma è quello di dare una risposta emergenziale, populista, alla necessità di sicurezza generata da questi episodi. Non si affronta in maniera organica il problema della violenza sulle donne in tutti i vari aspetti, non si tiene conto anche della realtà emersa dai dati istat: il 70% di violenza avviene in casa, per mano di persone conosciute, anche violenze sessuali, non solo maltrattamenti; un 30% avviene per strada e per mano di estranei. Non c'è volontà di affrontare questo problema e quindi di riconoscere anche giuridicamente la natura comune della violenza contro le donne, una cultura comune al maschio italiano e al maschio straniero, di disprezzo del corpo della donna, di considerazione della donna come oggetto sessuale, di non considerazione della libertà di scelta della donna. Non abbiamo letto questa realtà su tutti i giornali, abbiamo letto che la violenza su strada è una cosa diversa, è un problema di sicurezza, e andava risolta in quanto tale. Questo decreto risponde proprio a questa logica, una logica securitaria, e crea nella sua ragione di essere un precedente che fa sì che la violenza sessuale compiuta da estranei venga considerata dalle istituzioni e punita come un violenza di serie “A” pur essendo minoritaria, e invece quella compiuta in casa, per mano di amici, parenti e conoscenti rimanga nel silenzio, taciuta e venga considerata dunque una violenza di serie B, alla quale sono pure stati tolti i fondi. Questo populismo è gravissimo. Questo decreto è incostituzionale sotto vari profili. Un “taglia e incolla” per ottenere consensi immediati. Basti pensare che il disegno di legge per l'introduzione degli atti persecutori era già in discussione alla Camera, aveva quasi compiuto l'iter legislativo. Il Governo, secondo la nostra Costituzione, può fruire del potere legislativo solo in casi di necessità e urgenza. In questo caso ha “strappato” dalle mani del Parlamento un atto legislativo che stava per completare il proprio iter, per introdurlo in un “pacchetto” insieme ad altre norme in materia di sicurezza. Il Governo con questo pacchetto ha detto di voler tutelare le donne, invece, come citato nello stesso decreto, il fine reale era dare un risposta emergenziale alla richiesta di sicurezza da parte della collettività. Pur introducendo alcune misure come il reato di stalking che vanno a favore della donna, il pacchetto non ha come fine ultimo la tutela e la promozione di diritti delle donne, ma piuttosto quello di rassicurare la collettività sul fatto che esistono degli strumenti più severi per punire chi stupra su strada. Anche se, come spiego nel dossier, la loro efficacia è relativa. Parlo di serie A e B riferendomi alle violenze perché alcune misure sono un po' fumo negli occhi: ad esempio il Governo si è vantato su tutta la stampa di aver previsto l'ergastolo quando, in occasione delle violenze sessuali e di atti con minorenni o di violenza di gruppo, la donna viene uccisa. In realtà, se andiamo a prendere un qualsiasi codice penale e andiamo a vedere l'articolo 576 al numero 5, vediamo che già ai tempi in cui la violenza contro le donne era ancora considerata un delitto contro l'onore era già previsto l'ergastolo quando la donna veniva uccisa in occasione di violenza sessuale. Negli anni '90 la violenza sessuale è stata considerata un delitto contro la sfera di libertà della persona e non più contro l'onore. Allora quella norma è stata abrogata, però la giurisprudenza della Cassazione è stata costante nell'interpretare la norma in questo senso. Quindi non è una novità ma è semplicemente un ratificare una prassi già esistente.
Dal punto di vista culturale si ritorna parecchio indietro, anche considerando che il decreto legge viene utilizzato come scorciatoia per legittimare la repressione sugli stranieri e mezzi di controllo sociale (ronde, videosorveglianza) strumentalizzando il corpo della donna.

Lo stupro viene visto come causa di una mancanza di sicurezza della collettività e non come conseguenza o effetto di un cultura sbagliata che è radicata nella nostra società.
Proprio questo decreto legge viene usato strumentalmente per introdurre delle misure fortemente limitative delle libertà collettive, delle libertà di circolazione, di comunicazione, per andare ad introdurre misure che creano un antecedente assolutamente anomalo per essere stato inserito come un decreto legge. Le ronde sono la cessione ad associazioni di cittadini non armati del potere di controllo del territorio da parte dello Stato. Una importantissima cessione di un potere. Per altro in bianco, perché non si capisce dal decreto per quale fine potranno essere fatte queste ronde e non si capisce quale sarà il loro ambito operativo e da chi potranno essere fatte perché, questo dice il decreto legge, dovrà essere determinato con un successivo decreto del Ministro dell'Interno. Paradossalmente si parla di sicurezza e si vanno introdurre le ronde per eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana o per questioni di disagio sociale per cui si rischia di dare un'idea distorta di quella che è la violenza su strada nei confronti delle donne, come se possa essere espressione di un disagio sociale. Nello stesso senso va l'altra misura introdotta, che autorizza i comuni all'uso della videosorveglianza in luoghi pubblici e aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana. Ugualmente, con lo stesso rischio di dare un'idea distorta delle violenze su strada, possiamo considerare il fatto di aumentare a sei mesi il periodo si trattenimento dei migranti senza permesso di soggiorno nei centri di identificazione ed espulsione e anche questo rappresenta da parte del governo un salto della discussione che si stava facendo in Parlamento che era cominciata nelle commissioni e che è stata di nuovo “estorta” per fini propagandistici. Il lavoro del Parlamento viene calpestato.

La prospettiva da cui si parte per analizzare il problema mette in discussione tutto il contenuto di questo decreto e, di conseguenza, quello che dovrebbe essere il soggetto principale, ossia la donna, viene taciuto e viene meno l'autodeterminazione e il diritto di vivere libera da ogni forma di violenza

Si, non sono nemmeno espressi tra i fini di necessità e urgenza di questo decreto legge, vengono proprio a mancare e tutto diventa strumentale all'introduzione di altre misure. Forse sarà una svista del legislatore ma può anche essere interpretato come indice di una classificazione di violenze di serie A e di serie B nei confronti delle donne. Un altro fatto: i condannati per violenze sessuali, atti sessuali con minorenni e pornografia minorile vengono inseriti tra quelli previsti dall'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario, quindi tra quelli che hanno già compiuto reati di gravissimo disvalore sociale come sono i reati di associazione a delinquere o di associazione mafiosa, escludendo quelli che hanno compiuto atti sessuali di minore gravità, perché sono misure fortemente incisive sulla già limitata libertà del condannato. Ecco, qui non vengono inseriti coloro che hanno compiuto una violenza sessuale nei confronti di una ragazza tra i 16 e i 18 anni che abbiano con lei una relazione di protezione: cioè il nonno, il padre, il tutore, il marito della convivente. Se andiamo a vedere le cronache sono i casi più frequenti di stupro: l'adulto che abusa della relazione di convivenza che ha con un una ragazza per approfittare di lei. Proprio questi non sono stati inseriti tra coloro che dovranno essere sottoposti alle restrizioni di cui all'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario. O una svista del legislatore governativo oppure davvero si tratta di una scarsa considerazione per i reati che avvengono in ambito domestico, quelli che poi la ragazze denunciano con più difficoltà anche perché spesso non vengono credute. Ricordiamo la sentenza relativa alla ragazzina abusata dal convivente della madre, il cui comportamento era stato sminuito affermando che lei comunque aveva avuto numerosi altri partner sessuali, per cui c'era una forma di tacita accettazione da parte sua. Quindi, in questi casi, ancora di più la donna dovrebbe essere aiutata e il violentatore allontanato... e invece no, questo il legislatore ha ritenuto di doverlo escludere.

Le violenze taciute e le violenze di serie B sono anche le più radicate e diffuse nella nostra cultura, nel nostro ambiente. Il fatto che il legislatore non le abbia prese in considerazione o comunque abbia voluto porre questo distinguo e nello stesso tempo abbia lasciato inascoltate le linee guida in materia, relative alle applicazione della convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne delle Nazioni Unite (Cedaw), sono tutti sintomi in base ai quali si può dire che il governo o il legislatore italiano non è a conoscenza del problema effettivo e reale e forse non ha neanche intenzione di risolvere questo problema.

Noi sappiamo che l'Italia ha ratificato la Cedaw, che è la Convenzione Onu per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, e che dall'Onu ogni quattro anni provengono raccomandazioni fortemente negative. Lo Stato Italiano non le ha mai tradotte e diffuse, cosa che sarebbe un suo obbligo istituzionale. Queste raccomandazioni vanno proprio nel senso di andare ad agire per eliminare tutti gli stereotipi culturali connessi alla mercificazione del corpo della donna e connessi alla cultura comune che vuole la donna come responsabile in via principale del ruolo di cura e dei figli. La Cedaw chiede un ampio raggio di prevenzione e di sensibilizzazione e informazione culturale da parte del legislatore prima ancora che un aumento della repressione nei confronti di questi reati, che nel nostro ordinamento sono puniti anche con pene più severe rispetto agli altri ordinamenti europei. Per quanto concerne la certezza della pena anche qui va fatto un distinguo tra quella che è la certezza della pena definitiva e quelle che sono le misure cautelari. Anche se il legislatore con il decreto legge ha introdotto l'arresto obbligatorio per i reati di violenza sessuale, comunque per quanto riguarda la convalida nelle 48 ore successive all'arresto di questa misura, devono sussistere i presupposti richiesti dalla legge per le misure cautelari perché se l'arresto è avvenuto senza che ne sussistessero i presupposti il giudice può e deve non convalidare la custodia in carcere.

Quelle introdotte dal decreto sembrano proprio misure volte a gettare fumo negli occhi in materia di violenza sessuale e che non agevolano la sicurezza delle donne, che ancora oggi, quando vanno a denunciare questi tipi di reato, incontrano enormi problemi. Altrettanto esagerata pare la misura del legislatore governativo che ha introdotto il gratuito patrocinio per le donne che subiscono e denunciano violenza sessuale però con determinati requisiti di reddito, introducendo una ferita all'interno dell'ordinamento. Anche questo è un trattamento che non può essere considerato giuridicamente accettabile perché introduce un trattamento differenziale per le vittime di questo tipo di reati rispetto ad altre vittime. Viene da chiedersi perché la vittima di reati di stampo mafioso non dovrebbe godere degli stessi requisiti aldilà del reddito, e la donna che ha subito violenza si. Anche questo, a mio avviso, fa capire come non ci sia volontà di analisi della realtà effettiva, statisticamente provata e anche di accettazione di quelle che sono invece diverse dinamiche di azione in materia di violenza che vengono suggerite a livello europeo e che vengono poi seguite anche da altri paesi come la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna, la Svezia e altri.




Intervista a :


Barbara Spinelli, giurista, autrice del saggio, Femminicidio,Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale", Franco Angeli, Milano 2008.