Di squadrismo, servilismo e retorica: appunti su assessori e picchiatori alla conquista (facilitata) dell’ateneo

14 / 11 / 2019

Una nota del Centro Sociale Bruno dopo i fatti del 30 ottobre, quando in concomitanza con la conferenza - nella facoltà di Sociologia - che aveva ospite Fausto Biloslavo, un gruppo di neofascisti ha presidiato l'appuntamento aggredendo chi era lì per contestare la presenza del giornalista de “Il Giornale” ed ex militante neofascista del Fronte della Gioventù.

I gravi fatti avvenuti a sociologia nella serata del 30 ottobre mostrano, a chiunque la voglia vedere, la strategia che la Lega ha messo in campo per umiliare l’Ateneo trentino e far pesare su di esso il controllo del potere provinciale. Una strategia che, in quest’ultimo episodio, si è avvalsa anche della presenza di picchiatori squadristi reclutati all’interno del neofascismo trentino e veneto.

 

Da mesi ormai la Giunta provinciale ha allungato i suoi tentacoli anche sulla nostra Università e sul mondo della cultura in generale, come dimostra la nomina di Divina a presidente del Santa Chiara.

 

Il caso di Trento non è l’unico nel suo genere: alcuni mesi fa, quando il governo giallo-verde era ancora in carica, a Bologna la Lega è insorta contro la facoltà di Scienze Politiche, rea di aver adottato all’interno di un programma di studi un libro a loro non gradito, arrivando persino a ridurre il ruolo di accademico a mero “dipendente pubblico e come tale obbligato alla lealtà verso lo Stato”. Nello stesso periodo a Pisa vennero stanziati 3000 euro per consentire a esponenti di primo piano della Lega, quali Matteo Salvini, Susanna Ceccardi, Armando Siri e Gian Marco Centinaio di portare avanti propaganda elettorale in università.

 

Ma ritorniamo in Trentino.

 

A fine luglio in Consiglio Provinciale erano stati presentati due emendamenti simili, uno della consigliera leghista Dalzocchio, l’altro del consigliere di “Agire” Cia. Entrambi prevedevano che il presidente dell’Opera Universitaria fosse scelto dalla sola amministrazione provinciale e non più con un accordo tra questa e il rettore dell’Ateneo. Ciò avrebbe significato rafforzare di fatto il controllo politico della Provincia sull’Università di Trento.

 

Evidentemente i tempi non erano ancora maturi e la giunta provinciale si è rivelata impreparata ad un simile scontro, tanto che il 28 luglio l’emendamento di Dalzocchio è stato ritirato e quello di Cia bocciato. Bisesti, che ricopre il ruolo di assessore all’istruzione, università e cultura aveva auspicato - con l’amarezza di chi non accetta una condizione di parità con un’istituzione al di fuori del suo controllo tentacolare - di voler “trovare un accordo con il rettore” in attesa di cogliere una palla al balzo.

 

La palla attesa dall’assessore è arrivata circa due mesi dopo, grazie alla scelta assurda da parte di un’associazione studentesca “formalmente” di sinistra di invitare Fausto Biloslavo come relatore ad un’iniziativa dal titolo «L’Odissea libica – Fra il conflitto civile, i lager e la disperazione dei migranti». Biloslavo è un ex-militante dell’MSI, un reporter “embedded” al seguito dei peggiori tagliagole contro-rivoluzionari di mezzo mondo, un soggetto che collabora alle pubblicazioni della casa editrice di Casa Pound “Altaforte”, la stessa esclusa dal salone del libro di Torino oltre ad essere il principale narratore giornalistico della criminalizzazione delle ONG che salvano vite umane nel Mediterraneo. È stato lui infatti nell’estate 2017 a dare il via all’attacco mediatico e nello specifico ad accanirsi contro la nave “Iuventa”. Queste calunnie hanno contributo a criminalizzare la solidarietà, al sequestro della nave e alla messa sotto accusa del suo equipaggio che rischia fino a decenni di carcere.

 

Ancora non è noto quale arricchimento avrebbe potuto portare un soggetto che fa del giornalismo - basato non su fatti bensì calunnie - un mezzo per propagare il più becero razzismo dei nostri tempi. Per quale motivo un’organizzazione studentesca di “sinistra” avverte la necessità del confronto con tale personaggio? Per sentirsi dire cosa, esattamente?

 

La notizia di una conferenza in cui questo soggetto avrebbe parlato ha portato alcune realtà studentesche ad annunciare la propria contestazione dell’iniziativa. Dal canto loro i responsabili dell’ateneo hanno deciso di annullarla affermando di aver riscontrato irregolarità nei permessi richiesti da UDU Trento per svolgerla.

 

La vicenda assume rilevanza nazionale e le flebili e balbettanti narrazioni di UDU in merito al solito e più che abusato richiamo a una non ben specificata libertà di espressione e confronto democratico, vengono travolti dalla grancassa del vittimismo reazionario che denuncia improbabili scenari “da anni di piombo”, criminalizzando di fatto il legittimo dissenso di una parte degli studenti e studentesse dell’ateneo.

 

Un’associazione che persevera nell’autocolorarsi di un rosso oramai sbiadito ha, più o meno consciamente, aperto la porta dell’ateneo ai tentacoli leghisti, servendo loro su un piatto d’argento l’occasione tanto attesa: l’università è stata costretta a organizzare una nuova conferenza con Biloslavo come guest star, appuntamento accompagnato da una campagna di criminalizzazione del dissenso a base di manifesti dal titolo «Fuori i brigatisti da UniTN» affissi nei giorni precedenti dai “giovani” della Lega Nord, fino ad arrivare all’agguato fascista (puntualmente coperto e facilitato da assessori e dalle forze dell’ordine presenti) con tubi e bottiglie nei confronti dei manifestanti che si sono nuovamente convocati.

 

Sebbene la vicenda sia già di per sè molto grave, lo è altrettanto il post: «Biloslavo, scontro Lega-Ateneo» titolava il primo novembre il Corriere del Trentino. Tutti i deputati leghisti trentini hanno infatti attaccato l’Università di Trento accusandola di consentire lo svolgimento al suo interno di «azioni illegali», quali occupazioni di aule, violenze anarchiche e contestazioni.

 

Una polemica a sè stante o l’annuncio di una nuova offensiva per il controllo dell’ateneo?

 

Intanto il Senato accademico sta sulla difensiva, scegliendo infatti di esprimere all’unanimità, con una mozione inviata per mail a tutti gli iscritti e le iscritte, “il pieno apprezzamento per il coraggio civile” espresso dal Rettore con le sue scelte. Condanna inoltre “Le azioni aggressive e violente che si sono registrare, in molteplici forme, in occasione della conferenza”. Mentre respingono “Le strumentalizzazioni pretestuose che hanno cercato di trasformare l’università, chiaramente parte lesa di tali prepotenze, da vittima in colpevole“.

 

Sebbene si possa cogliere un rifiuto dell’operazione propagandistica e speculativa della Lega Nord, la sterile condanna per una generica violenza è vuota e pericolosa se decontestualizzata, mettendo sullo stesso piano fascisti e antifascisti, contestatori e picchiatori richiamando l’odiosa categorizzazione di manifestanti buoni e cattivi.

 

Sovviene alla mente il caso degli ultimi giorni di Liliana Segre, in cui Salvini equiparava le minacce che subiva per la sua politica di odio a quelle ricevute dalla senatrice deportata ad Auschwitz da parte dell’estrema destra. Un abisso che, per una certa area liberale che ancora si fa portatrice del vuoto contenitore privo oramai di significato delle parole di libertà, democrazia e uguaglianza, diventa un ruscello ormai asciutto: equiparare tutto significa non essere in grado di differenziare alcunché e questo non può che andare a discapito di noi tutti e tutte. Infatti, sempre ritornando a Trento, le diverse soggettività che si etichettano come antifasciste, democratiche e “progressiste” hanno tutte cercato di differenziarsi le une dalle altre assumendo posizioni antitetiche, mentre i leghisti hanno agito con un’unica e pianificata strategia politica, mediatica e squadristica, priva di contraddizioni e di cedimenti. Assessori, consiglieri, “giornalisti di grande esperienza” e picchiatori hanno agito tutti secondo un medesimo obiettivo: la volontà di annichilire o comunque di mettere in difficoltà qualunque forma di “opposizione” al fine di accaparrarsi nuove e ghiotte fette di potere.

 

Fatto sta che i cosiddetti “Buoni” hanno dispensato fin troppi regali alla macchina da guerra leghista. Il fine è ancora misterioso, semplici “errori” o tentativi di accreditamento presso la giunta?

 

Per qualcuno è più facile prostrarsi rispetto ad alzare la testa, la storia ce lo insegna e in qualche modo si ripete: credere ancora che nel 2019 si possa “dialogare” con chi si fa scudo di posizioni xenofobe, sessiste e omotransfobiche e preoccuparsi più di dissociarsi da chi alza i toni del confronto rispetto al portare avanti una seria opposizione sono gli ingredienti principali per far raggiungere alla destra il proprio obiettivo di controllo e repressione totale.

 

Grazie, ma non ne avevamo proprio bisogno.