Diaz, pentimento non ammesso

I massacratori della Diaz agli arresti domiciliari, dopo un decennio di promozioni. Chiediamoci anche il perchè: perchè mai pentiti e mai disposti al risarcimento delle vittime. Perchè mai lo Stato gliel'ha chiesto. Anzi

3 / 1 / 2014

Questo è alla fine di un lunghissimo iter processuale il risultato del processo che ha visto imputati (di lesioni gravi e di falso) i super e non super poliziotti che la notte del 21 luglio 2011 a Genova massacrarono decine e decine di manifestanti, giornalisti e semplici ospiti che si trovavano all'interno della Diaz, a Genova. Spartaco Mortola, all'epoca dirigente della Digos di Genova ed oggi questore a Torino, deve scontare agli arresti domiciliari otto mesi; Giovanni Luperi, ex dirigente Ucigos all'epoca ed oggi pensionato, così come Francesco Gratteri (il n. 3 della polizia italiana) ne hanno per un anno. Li sconteranno fruendo pure di qualche ora di libera uscita quotidiana e senza limitazioni di uso di strumenti di comunicazione. Qualcosa forse riusciranno a rosicchiare ulteriormente con l'anticipata. Stessa sorte era toccata nei mesi scorsi agli altri meno noti condannati nel processo Diaz.

Si potrebbe discutere a lungo della congruità o meno della pena che i macellai della Diaz, e soprattutto i dirigenti di quel massacro, tra cui certissimamente qualcuno che nell'indagine neppure è entrato, hanno raccolto, soprattutto dove la si volesse mettere in relazione a quelle che ordinariamente manifestanti raccolgono nei tribunale di tutt'Italia, ed in primis a quella assegnata e confermata ai manifestanti di Genova condannati per devastazione e saccheggio, rinchiusi non in casa ma nelle patrie galere e per periodi ben più significativi.

Ciò che però merita forse ulteriore attenzione è il perchè questi super stimati poliziotti di ferro, mai sospesi dal servizio ed anzi promossi ad incarichi sempre più significativi non abbiano potuto fruire della misura alternativa richiesta, e cioè l'affidamento in prova al servizio sociale. Certamente non perchè la loro sede di “lavoro” era inaffidabile o incongrua; le possibilità di accesso al lavoro, anche associativo, di questi signori erano e restano indiscusse. Ma il Tribunale di Sorveglianza aveva richiesto, così come viene fatto ordinariamente nei confronti di qualsiasi soggetto ad esecuzione pena, che anche loro dimostrassero “resipiscenza” (pentimento, in gergo comune) rispetto ai reati commessi (ben più gravi, come sappiamo tutti, da quanto formalmente contestato loro in giudizio) e volontà di risarcire i danni arrecati alle vittime. Pubbliche scuse, quindi, per le condotte disgustose che ormai tutti sanno essere state messe in atto da loro (ed altri) nei confronti di manifestanti inermi; risarcimento danni nei confronti delle vittime di quel massacro. Qualcuno le ha udite, le pubbliche scuse ? Qualcuno ha forse sentito dire che i massacratori della Diaz siano caduti in miseria per risarcire degnamente le vittime di quintali di manganellate, calci, pugni, sprangate e mille altri soprusi che hanno insanguinato le stanze della scuola Pascoli quella notte ?

Leggiamo addirittura in un comunicato del Silp CGIL a conferma della propria critica nei confronti della promozione a Mortola “ Un ruolo dirigenziale che, a prescindere dalla scelte della Magistratura, a differenza della ‘truppa’ è stato trattato con i guanti sino in fondo dalla nostra Amministrazione. Infatti, occorre ricordare, che solo numerosi dirigenti e funzionari interessati dai procedimenti penali inerenti il G8 del 2001, sono stati messi nelle condizioni di poter arrotondare cospicuamente lo stipendio per poter affrontare le proprie onerosissime spese legali e questo grazie a promozioni o assegnazioni ad incarichi particolari che prevedono la corresponsione di specifiche indennità (per esempio lunghissime aggregazioni o missioni fuori sede se non addirittura all’estero!)”. Affermazioni che fanno sinceramente un po' sorridere, ma che certamente sono sintomatiche di un sentire all'interno della polizia (e di un sindacato di polizia, oltre tutto, aderente alla CGIL). Come se qualcuno di questi super poliziotti avesse dovuto affrontare ingenti spese legali o mega risarcimenti, ed invece non avesse avuto sin qui strada così spianata da non doversi neanche porre il problema se “pentirsi o meno”.

No, il problema di pentirsi e risarcire non se lo sono proprio dovuto porre. Ma, di più, sino alla “formulazione di rito” al Tribunale di Sorveglianza nessuno gliel'ha mai chiesto, anzi, rivendicandoli sempre come fedeli ed indispensabili “servitori dello Stato”. Tutti, governi di centro destra e di centro sinistra. Ringraziandoli per non aver mai ammesso la verità che tutti conosciamo: che quel massacro non è frutto della pensata di poche mele marce, ma di un consolidato sistema repressivo, portato all'ennesima potenza, lasciato sbizzarrire e poi potentemente difeso dai sodali.

Per la cronaca vedi l'articolo del Manifesto sull'arresto dei poliziotti e la decisione del Tribunale di Sorveglianza