Diritti e postumano: quale prospettiva in Europa?

Appunti per una riflessione a partire dal dibattito " Post-human rights: il conflitto del genere" svoltosi il 15/07 presso lo Sherwood Festival di Padova.

22 / 7 / 2014

 Avere una posizione situata nello spazio europeo è ciò che contraddistingue la nostra analisi politica, sempre dal punto di vista dei movimenti sociali, rispetto ad un radicale cambiamento dello stato di cose esistente. Questo significa avere ben presenti le dinamiche che provengono dalle forze politiche della governance continentale dominante e quelle emergenti nel contesto della crisi, per metterle a critica, decostruirle e capire quali sono le possibilità dell'azione determinata e incisiva.

A questo proposito, mi sembra utile provare ad abbozzare una riflessione in Europa rispetto ai diritti (sia soggettivi sia sociali) che riguardano le libertà di autodeterminazione e dell'affetto, riferendole immediatamente alla questione dell'uguaglianza sostanziale. La lente di ingrandimento del postumano, pur considerandone tutti i limiti e i nodi problematici contenuti all'interno del pensiero di Braidotti, può permetterci di fare un salto in avanti e di concepire rivendicazioni collettive al di là di qualsiasi formula precostituita e funzionale alla gestione della crisi economica. Che cosa si intende dire con tutto questo?

Partiamo da un dato di cui abbiamo sempre scritto e parlato: l'Europa, come contesto specifico della crisi finanziaria, ha visto – e lo dimostra ciò che si è verificato soprattutto durante l'ultimo periodo elettorale – mettersi in campo principalmente due tendenze.

Da una parte troviamo i tentativi delle destre estreme di imporsi nello spazio pubblico cavalcando i fenomeni di rabbia e rifuto delle politiche di austerità, al fine di trasporli su di un terreno nazionalista, xenofobo e sessista. La chiusura delle frontiere e dei confini, chiaramente rivolta maggiormente a quei migranti provenienti dalle coste africane del Mediterraneo, ma anche ai flussi di mobilità interna, va infatti di pari passo con la riproduzione di modelli familiari tradizionali. Le politiche moraliste tendono a ricreare quel legame sociale che la crisi economica e il paradigma della precarietà hanno contribuito a sciogliere, a causa della mancanza di uno Stato assistenzialista a sostegno della famiglia e il lavoro, attaccandosi all'esclusione delle diversità sessualizzate e razzializzate. In poche parole, la generalità di queste destre estreme e populiste vuole rafforzare un concetto di cittadinanza chiuso e restrittivo attraverso l'appartenenza alla vecchia idea di Nazione, la cui materialità è data dalla presenza dello Stato, che dà un calco omogeneo per tutte le forme di vita che lo rispecchiano garantendone la sussistenza. E' quello che abbiamo visto accadere in Francia nel periodo precedente le prime scadenze elettorali comunali: il Front National è sceso in piazza per delegittimare il governo Hollande a fronte delle sue politiche di asuterità; accanto a questo, si sono subito compattati tutti quei fenomeni organizzati sessisti e razzisti come i Manif pour tous, i pro-life, gruppi per la purezza etnica, ecc, marciando in ventimila nel jour de la colère per le strade di Parigi. Insomma, lo stato di emergenza della povertà diffusa e della sofferenza sociale impone di pensare alla Nazione secondo i criteri classici umanisti riassumibili nel maschio bianco, proprietario (e di beni e di famiglia) ed eterosessuale, la cui riproposizione è volta alla costruzione di un ordine sociale ben preciso e alla crescita della propria popolazione. In quest'ultimo caso, vediamo il riaffermarsi con forza dell'idea reazionaria di donna-madre e gestatrice della specie nazionale: alla donna spetta il compito di generare quegli individui che appartengono successivamente allo Stato, che ne danno la potenza e la ricchezza; e capiamo bene che ruolo possano avere le politiche anti-abortiste e contro la libertà delle donne all'interno di questi discorsi.

In definitiva, siamo assolutamente ben lontani anche dalle possibilità di libertà e di diritti che ci vengono consegnate dalla “ Morte dell'Uomo”, come scrive Braidotti, determinata soprattutto dall'emergere dei movimenti di liberazione, per la conquista dei diritti civili e dai pensieri post-strutturalisti e femministi degli anni Sessanta-Settanta.

Dall'altra parte, è interessante indagare le strategie governamentali portate avanti dal blocco neoliberale. Per blocco neoliberale si intende la tendenza egemonica del neoliberalismo nella governance europea, senza tuttavia volerlo semplificare ad una corrente monotòna. Anche i dibattiti all'interno del Parlamento Europeo degli ultimi giorni in merito all'austerità flessibile ci fanno vedere diverse sfaccettature della governance, che vanno dai liberali di destra ai centrisiti fino ai socialisti e alle differenze delle tradizioni discorsive legate ad un territorio geografico-nazionale (soprattuto nel pensiero tedesco e anglosassone neoliberale).

Per ritornare alla Francia, ma anche all'Inghilterra, la Germania e ai paesi nordici più in generale, abbiamo visto per esempio la difesa e l'allargamento dei diritti civili in merito ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e alle libertà riproduttive. I partiti di stampo progressista, ma anche i neoliberali di destra, hanno varato tutta questa serie di misure per accogliere delle istanze di uguaglianza, appianare la difformità giuridica e di accesso ad alcuni sussidi sociali, modellati sul modello familiare, per esempio gli sgravi fiscali per i nuclei familiari o pacsés, e gli aiuti sui costi della casa.

Possiamo identificare queste misure, che agiscono sia a livello giuridico che sociale, come un'estensione del concetto dell'Umano? E' qui che, attraverso le suggestioni di Braidotti derivate soprattutto dal pensiero femminista di ultima generazione e dalle filosofie di Foucault e Deleuze-Guattari, è possibile far intervenire il concetto dell'antropocentrismo e della necessità di una sua dislocazione dal punto di vista ontologico e politico. Infatti, la forzatura dei limiti dell'Umano – di quello stesso che abbiamo visto riproposto dalle nuove destre europee – di per sé è già diffusamente, sebbene non totalmente, assunta dalla realtà delle pratiche e dei valori esistenti di stampo neoliberale (pur considerando le torsioni interne). Di nuovo, tutto il portato delle lotte degli anni Settanta (autodeterminazione delle donne, liberazione della sessualità, la cittadinanza per i neri) ha infatti già agito una rottura a questo livello; non solo, le trasformazioni globali del capitale, si sono poi ristrutturate assorbendone le conquiste e le rivendicazioni nel momento in cui hanno avuto la possibilità di estendere l'estrazione di plusvalor dalle nuove figure che entravano nel mercato del lavoro. Certo, da una parte donne, gay e lesbiche, migranti, hanno iniziato a vedersi affermare una serie di diritti prima impossibili nell'ambito delle libertà personali e dell'accesso al reddito. Allo stesso tempo, abbiamo visto la capacità del rapporto capitalistico di mettere a valore le differenze e di includerle nei processi produttivi, mantenendo una gerarchia sostanziale a fronte di un'uguaglianza formale. Il riconoscimento dei nuovi diritti e di esistenze altre ha sì turbato l'equilibro imposto dall'Umano, provocandone fratture interne, ma è stato anche un filtro degli stessi criteri umanisti che hanno distribuito gli individui secondo faglie di discriminazione. Tutto ciò, del resto, è il nodo della biopolitica del capitale: “ far vivere” per consegnare ancora più corpi alla presa dei rapporti di potere e della valorizzazione secondo precise gerarchie.

Allo stesso modo le odierne aperture sui diritti civili, come quelle legate al matrimonio, garantiscono di conseguenza un'uguaglianza sul piano formale, e una possibilità di accesso al reddito indiretto, che passa però sul piano della mediazione statuale in quanto istituzione che garantisce i diritti. Che cosa si intende dire? Certamente, non che non possa dare degli strumenti in più a chi prima non ne ha mai avuti. Ma che, banalmente, questi sono inseriti in una contraddizione tale da essere anche veicolo per l'imposizione di una forma di vita normata. Se riprendiamo sott'occhio il progetto complessivo delle élites neoliberali, capiamo bene che l'Europa della finanza rende terreno comune a tutta zoe (quindi umano e non) “una sorta di interconnessione cosmopolita [che] è dunque instaurata a partire dal legame panumano della vulnerabilità” (Braidotti, 2014, pag. 72): l'attacco dei mercati al welfare state, alle garanzie sociali e in generale alla riproduzione come nuovo spazio per l'accumulazione capitalista è un trend portato avanti da nord a sud, da est a ovest. A questo seguono le riforme del mercato del lavoro, nella fattispecie le parti che toccano la ristrutturazione del diritto alla disoccupazione, maternità, malattia. Vediamo un'Europa dove alla precarietà e allo sfruttamente si accosta la vulnerabilità di chi non ha garanzie perché, con lo smantellamento del sistema di welfare, tutti i costi ricadono sull'individuo e sulle famiglie. La cosiddetta “cittadinanza biopolitica” richiede un individuo responsabile, capace di prendersi cura da solo della sua riproduzione, meritevole se riesce a farlo nel miglior modo di conservazione del proprio capitale umano.

L'Umano non ha nulla di rivoluzionario: l'altro aspetto del suo essere è il forte individualismo, la suadisaffiliazione dalla relazione sociale tra singolarità diverse. Il conferimento dei diritti civili è proprio fatto su misura dell'individuo, per elergire quel tanto di libertà necessario al provvedere ai suoi costi di riproduzione e per potersi immettere, come uomo-impresa(Foucault, 1978), nella vita pubblica e nel mercato del lavoro. Tutti hanno possibilità di farlo, anzi sono indotti a tentare di incarnare questo modello il più incisivamente possibile. E solo qui risiede l'uguaglianza, del tutto formale: sono i mezzi e le occasioni per essere un uomo-impresa che vengono teoricamente posti alla portata di tutti. Tuttavia, le condizioni di possibilità di accesso alla ricchezza collettiva, di vedersi garantito il diritto alla salute, all'istruzione, ad una vita degna non sottoposta al ricatto del lavoro, non sono uguali per tutti: dipenderanno dal reddito personale o familistico, dal tipo di lavoro al quale si può accedere, dalla posizione sociale ricoperta. I diritti civili slegati da un “realismo della materia”, per dirla con Braidotti, rischiano quindi di diventare il “patto del diavolo” tra soggettività e governance, che crea delle libertà finalizzate ad un'estensione dello sfruttamento e del dominio. La governance concede dei diritti laddove ha bisogno di valorizzare tutte le differenze inscritte nei corpi; quelle stesse differenze che saranno posizionate in modo gerarchico a livello materiale per quanto riguarda il reddito, la funzione da svolgere e le stesse competenze. Nonostante tutti formalmente sullo stesso piano, le soggettività biopolitiche sono sempre sessualizzate e razzializzate, distribuite, in modo da acuire ancor di più quello scontro di “tutti contro tutti” verso il basso. Le categorie di “genere” e di “razza”, più che da impiegare come finale presenza delle differenze nei luoghi dai quali erano escluse, sono dispositivi per creare disuguaglianza e frammentare la condizione comune di precarietà esistenziale al suo interno.

Non è difficile pensare che il matrimonio, in questo caso, sarà sempre meno una scelta libera e più un questione di ammortizzatore sociale per qualsiasi tipo di coppia. Così come è facile pensare che, a fronte dell'impoverimento e smantellamento del sistema welfaristico, una coppia con un reddito medio-alto può realmente utilizzare tutti i servizi welfaristici, che trova addirittura più semplici una volta legata dal contratto matrimoniale; invece, una coppia che viene, per esempio, dalle periferie marginali di una metropoli? O una che è composta da due individui che hanno dei contratti precari e vivono della previdenza sociale, sempre più esclusiva e carente? Il diritto alla salute, alle coperture durante i periodi di inoccupazione, alla pensione, non diventano improvvisamente universali nel momento in cui viene approvato il matrimonio per tutti o estesa la cittadinanza giuridica.

Per tutte queste ragioni, un posizionamento postumano, se considerato come pratica cositutente, può avere effetti sovversivi di ribaltamento della tendenza neoliberale. Innanzitutto, la vita verrà sempre concepita nel suo continuum natura-cultura e singolare-comune. La singolarità troverà nella dimensione comune in cui è inserita sia le condizioni di possibilità per il suo avere diritti, sia il potere stesso per poterli reclamare. E' necessario adottare una “ nozione postindividualista di un soggetto caratterizzato dalla struttura monista e relazionale, il quale non è indifferenziato sotto il profilo delle coordinate sociali della classe, del sesso, del genere, dell'etnia e della razza” (Braidotti, 2014, pag. 95). Uscire fuori dall'individualismo non vuol dire annichilimento: significa rendere potenti e fluide le differenze, facendole muovere e cambiare a seconda della relazione che si definisce con l'altro. Significa incarnare nel proprio sé quella prassi del comune, saperla situare secondo la propria materialità differente e allo stesso tempo lasciare che tali prassi modifichino la propria differenzaUn comune che non è neutro, né si manifesta, ma nasce direttamente dalle soggettività che nel conflitto con il presente lo producono secondo un segno ed una direzione precisa: quello dell'egalibertà (Balibar, 2011) e dell'allargamento della sfera dei diritti, intesi come pratiche di eccedenza e non di veicolazione dell'azione.

Rispetto alla situazione descritta in precedenza, come inserire questa prospettiva? Dentro un discorso che passa attraverso il reddito garantito, l'autodeterminazione e i diritti sociali per tutti: solo così si dà la possibilità di scelta, i mezzi per potersi liberare dai ricatti, per poter affermare le differenze che si compongono in movimento, contro qualsiasi tentativo di divisione e parcellizzazione del comune. Facendo emergere l'uguaglianza tra le differenze situate, la singolarità diventa una sorta di fibra particolare che si connette al resto, definita dalla propria particolarità, nel comporre un filo, un tessuto comune. Il “genere, il “sesso”, la “razza” non potranno più essere utilizzati al fine della discriminazione, bensì saranno l'affermarsi del divenire delle singolarità rispetto ad una contingenza (questa stessa soggetta al movimento), ma superandosi definitivamente come categorie uniche per descrivere un’identità complessa e mai più sufficienti come termini di “rappresentanza”.

Di conseguenza la libertà di scelta del singolo è garantita da un meccanismo di redistribuzione della ricchezza, che dà indipendenza economica a partire però dal porre l'accento sulla cooperazione, sui rapporti sociali del “soggetto etico relazionale”. Mettendo al centro la cooperazione e la co-dipendenza, si noterà come il diritto alla salute, alla scelta del lavoro, agli ammortizzatori sociali che siano veramente tali, può venire soltanto dal renderli assoluti, in quanto prodotti dalla forza del comune a cui ciascuno/a partecipa, perché soltanto con l'assolutezza senza discriminazioni e gerarchie può derivare la piena consapevolezza di decisione della singolarità (rispetto a se e come sposarsi, che lavoro fare, come organizzare la propria vita).

La simultaneità dei diritti sociali e civili – che a questo punto potremmo chiamare “della singolarità” - è quella prospettiva politica che può abbattere l'Umano in quanto dispositivo di sussunzione differenziale. Costruire dei “diritti postumani” vuol dire porsi immediatamente in rottura rispetto al presente, “defamiliarizzarsi” rispetto ai riferimenti che organizzano il nostro reale, e forzare ancor di più con la nostra immaginazione i limiti esistentiAndare al di là del ritornello dei diritti civili, quando sull'altare si sacrificano quelli sociali, vuol dire non invertire la priorità, ma renderli intrecciati, base gli uni degli altri. Ma questo, per superare anche la necessità della mobilità all'interno del continente a seconda del funzionamento più o meno efficace del welfare o dei diritti, è possibile soltanto se i corpi si mettono in gioco aprendo una fase costituente in Europa, che passa dal rifiuto dello scambio tra governance e diritti all'affermazione della potenza del comune. Un comune, del resto, che si pratica nelle lotte se lo mettiamo in campo come “comunità [alla quale], gli indvidui partecipano in quanto individui” (Marx-Engels, 1991, pag. 91), cioè dove gli individui perdono il loro statuto monolitico (ci parlano proprio dell'Uomo) e trovano il “loro libero sviluppo” posto nella “associazione di individui”. Per l'appunto, la “Comune di Europa”.

Testi di riferimento:

Balibar, Cittadinanza.

Braidotti R., Il Postumano. La vita oltre l'individuo, oltre la specie, oltre la morte.

Coalizione dei Centri Sociali-Interventionistische Linke, Per la Comune d'Europa!

Foucault M., Nascita della biopolitica. Corso al Collège de France.

Marx K. - Engels F., L'ideologia tedesca.

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