Dopo Brenda a chi tocca?

di Domenico "Megu" Chionetti*

22 / 11 / 2009

Piace parecchio ai media e probabilmente a tutti coloro che leggono, la triste vicenda di Blenda.

Più il torbido e il non detto si può rivelare, più bassifondi si possono varcare, più si può frugare voracemente nelle vite di queste persone tanto lo spazio di esposizione mediatica, il pubblico ludibrio, aumenta.

Impressionante il silenzio in questi giorni di chiunque non sia un giornalista, un vuoto assoluto sociale intorno ad una identità' di genere, quella transgender, che non può' essere vista solo attraverso l'obiettivo distorto di quanto è accaduto e di una vita di strada.

Dalla Politica parlamentare a nessuna figura sociale o culturale di rilievo della nostra società si leva una parola, un vuoto che non si può fare a meno di rilevare e che fa riflettere.

Chi vorrebbe mai aiutare ragazze come Blenda? Sostenendole, organizzandole, facendole crescere come persone comuni che dovrebbero avere dei diritti civili? Quanti lavorerebbero per l'emancipazione di un’identità di genere Transessuale (a eccezione delle associazioni GLBQT*)?

Tre domande che non hanno la stessa risposta ma che ci aiutano a comprendere in parte il vuoto che circonda questa vicenda.

Una vicenda che ci dimostra ancora un volta che nel nostro paese si può scomparire finendo come inghiottiti ma sotto gli occhi di tutti.

Blenda e' vittima della fobia che affama le nostre menti che si cibano della sicurezza propagandata nel nostro paese.

Non si tratta di renderla vittima Blenda, certo ha giocato con gli squali nel suo mondo sommerso ed e' stata divorata poco alla volta.

Ma quando degli essere umani non hanno cittadinanza nella società, non hanno dignità, sono moralmente condannati da chiunque, non sono più persone, non esistono e di loro si può fare ciò che si vuole, non sono accettate, in una parola sono non persone.

Perché poi in tutta questa storia si mostrano i dettagli più curiosi, dagli appartamenti adiacenti a via Gradoli, ai mozziconi di sigaretta in gigantografia sul luogo del delitto, alle bottiglie vuote, alle forme di Blenda in vita e delle sue compagne. Non si sono mai viste le facce dei quattro ricattatori travestiti da carabinieri, di questi transgender non si sa più nulla? La loro identificazione pubblica non aiuterebbe le indagini?

Quando a Blenda rubarono giorni fa il cellulare, lasciandole i soldi nella borsetta, era evidente che quel telefonino conteneva troppe cose scomode a molti, ma per la serenità di personaggi importanti poteva essere tranquillamente ammazzata e non protetta.

Omicidio di stato come e' stato subito detto.

Blenda purtroppo non è la prima e non sarà l'ultima vittima inghiottita in questo mondo, molti altri nomi meno famosi potrebbero aggiungersi prima del suo, nomi che potrebbe dirci molto bene Regina Satariano storica leader del Movimento Transgender che con il suo consultorio a Torre del lago orienta e sostiene chi sta compiendo un percorso di transizione e chi lo ha compiuto.

La comunità San Benedetto al Porto insieme a Regina Satariano, genovese di nascita, ha accompagnato il percorso organizzativo della più storica comunità transgender italiana, quella nata 40 anni fa nell'antico ghetto ebraico del centro storico di Genova, proprio dietro la celebre via del campo di De Andrè.

Una comunità transgender assediata, due anni or sono, dalla voglia di sicurezza, dai cancelli a chiusura dei vicoli, dalla condanna morale e civica che pendeva sulla loro esistenza.

Incontri, iniziative, feste e riunioni hanno fatto si che ciò non accadesse. Da li, dalle necessità di questi mesi è nata l'idea di costituirsi in associazione, di diventare soggetto attivo, di organizzare e dare voce ai propri diritti.

L'associazione “Princesa” per i diritti delle persone transgender contro la transfobia e l'omofobia prenderà parola proprio nei prossimi giorni per dire tra le altre cose che di fronte alla morale dominante tutti prima che categorie, siamo persone.

Non basterà dirlo, ma loro sono pronte anche a dimostrarlo.

* Comunità San Benedetto al Porto