Conquisteremo le nostre case, la nostra Mompracem

Dopo l’occupazione simbolica dell’Hotel Tiberio: continuons le combat!

Dopo l’occupazione simbolica dell’Hotel Tiberio: continuons le combat!

19 / 4 / 2013

Ieri, di buon mattino, in un centinaio di persone tra famiglie accampate nelle scuole dei Rioni don Guanella e Monterosa, lo storico Comitato degli abitanti delle Vele di Scampia, studenti, precari, migranti, le attiviste e gli attivisti del Lab. Occ. Insurgencia e degli spazi sociali dell’assemblea MezzocannoneOccupato, siamo entrati nell’ex hotel Tiberio Palace, un Resort a quattro stelle chiuso dalla magistratura due anni fa.
Il gesto eclatante, ha svelato una contraddizione lampante tra il lusso ed i privilegi che sono garantiti a pochi e le enormi sofferenze inflitte alle fasce subalterne. Il Tiberio infatti è un albergo enorme, un quattro stelle superior, praticamente nuovo, pieno di suppellettili pacchiane e di ogni forme di ostentazione di ricchezza. Appena entrati ci si è profilato davanti una vera e propria miniera d’oro: uno stabile enorme, di dieci piani, con più di 250 stanze, abbandonato in parte, ma soprattutto sequestrato e in balia di una controversia tra magistratura e Comune di Napoli rispetto alla gestione e alla destinazione.  

Il noto Tiberio Palace hotel, di proprietà della famiglia Insigne, sede tra le altre cose di casting televisivi e convegni, viene sequestrato prima temporaneamente  nel marzo del 2009 e poi definitivamente nel febbraio del 2010  per una serie di abusi edilizi: innanzitutto il cambio di destinazione d'uso visto che quelli che dovevano essere degli uffici, poi sono stati trasformati in un albergo; poi, anche l'ampliamento di 600 metri quadrati al piano terra, inizialmente per costruire un parcheggio, poi nei fatti per realizzare una hall; ed ancora, tra gli abusi riscontrati anche l'ampliamento di 19 metri quadrati per ciascuno degli 11 piani e altri abusi come tettoie non autorizzate.  

Nel frattempo, tra sequestro, iter giudiziario, probabili utilizzi clandestini (in un’ala c’è ancora l’elettricità e l’acqua, oltre ad una serie di luci lasciate accese, letti che sembrano esser stati utilizzati da poco tempo etc…) ed ipotetiche destinazioni pubbliche (si parla di uffici per le burocrazie di Palazzo San Giacomo) una volta che il patrimonio comunale l’avrà acquisita del tutto, la struttura resta abbandonata mentre in città tante famiglie, ma anche tante studentesse e tanti studenti, tante precarie e tanti precari abitano in condizioni di estremo disagio oppure si indebitano per pagare affitti, molto spesso per appartamenti comunque poco dignitosi.

Gli occupanti hanno resistito tutta la giornata ai tentativi di sgombero da parte della Digos e alle incursioni del vecchio proprietario che vanamente rivendica ancora il possesso del plesso, per mantenere la mastodontica struttura quanto più tempo aperta ia cittadini e alla stampa affinché venisse palesato lo spreco che, in tempi di durissima crisi, crudelmente si perpetua. Durante il pomeriggio però è aumentata la pressione di magistratura e procura che attualmente rivestono il ruolo di maggiore responsabilità sull’immobile, pure rispetto allo stesso Comune di Napoli che prima o poi ne diventerà il proprietario a tutti gli effetti. L’hotel è stato lasciato solo dopo l’incontro con l’assessore comunale al patrimonio e l’apertura ufficiale di un tavolo istituzionale per dare prima di tutto un’alternativa abitativa dignitosa alle famiglie accampate nelle due scuole dell’area nord della città.

Tuttavia noi occupanti, pur non rifiutando il tavolo, non pensiamo di fermarci ad esso. La nostra intenzione resta quella di continuare a prenderci direttamente quello che ci spetta e a combattere con chi si frappone fra noi e questo obiettivo. Non possono esistere strutture abbandonate in tempi di recessione e in città dove l’emergenza abitativa è sempre stata una piaga profonda. Come famiglie accampate non ci fidiamo dei tempi lunghissimi delle soluzioni istituzionali. Come abitanti di Scampia non smetteremo di praticare dal basso il diritto all’abitare mentre continuiamo a lottare per l’abbattimento delle mostruose Vele e per la riqualificazione del nostro territorio. Come migranti condividiamo con le altre classi subalterne della metropoli percorsi di riappropriazione diretta perché per noi la cittadinanza non è solo uno status formale ma riconoscimento concreto di diritti. Come precari, mentre reclamiamo reddito garantito e diritti sui luoghi del lavoro, non possiamo che continuare a riprenderci ricchezza a partire dalla riappropriazione di strutture pubbliche abbandonate . Come studentesse e studenti non possiamo rimanere fermi al cospetto della distruzione del diritto allo studio laddove questa significa impossibilità di avere garanzie in termini abitativi (gli studentati sono oramai una chimera e i contratti in nero per bugigattoli sono la soluzione dominante), alimentari(diminuiscono progressivamente buoni pasto mentre non esistono praticamente più mense universitarie), di reddito (le borse di studio in Campania spettano sempre a meno studenti e vengono saldate sempre con più lentezza: le ultime risalgono al 2011).

Insomma, il nostro progetto di riappropriazione per praticare autonomamente il diritto alla casa, non si ferma qui. Stay Tuned: conquisteremo le nostre case, la nostra Mompracem!