Dove vanno le nuvole?

30 / 8 / 2019

Salvo Torre, Maura Benegiamo, Alice Dal Gobbo, Emanuele Leonardi - del gruppo di ricerca Politica, Ontologia ed Ecologia – hanno scritto per Globalproject.info un contributo a pochi giorni dall’inizio del Venice Climate Camp al Lido di Venezia. La crisi climatica si colloca nel terreno più avanzato della lotta tra capitale e bios ed è da questo presupposto che la sfida dei movimenti deve farsi ogni giorno più ambiziosa e complessiva.

 

1.

Il nostro tempo è il tempo della crisi ecologica globale e del mutamento climatico. È la fase storica segnata dallo stadio più avanzato del conflitto tra capitalismo e vivente; un conflitto che sta imponendo scelte sempre più dure, sempre più tragiche alla totalità degli esseri viventi del pianeta. Stiamo ancora combattendo perché la condizione evidente dello stato del pianeta, i cui riflessi sono parte sostanziale della nostra quotidianità, diventi una consapevolezza diffusa e contemporaneamente stiamo affrontando un mutamento privo di precedenti nella storia umana.

Da un lato, non ci sono più margini di mediazione: il sistema che ha progressivamente inglobato e dissolto i principi di funzionamento della biosfera, oltre alle nostre vite, ha ridefinito in modo drammatico i contesti di sopravvivenza in tutto il pianeta. Al contempo, proprio sulla sopravvivenza del pianeta per come lo abbiamo conosciuto si sta giocando la possibilità di innescare una nuova grande ondata di accumulazione, che ancora una volta considera necessaria la presenza di una massa di escluse ed esclusi.

Al centro del dibattito delle grandi istituzioni internazionali rimane infatti il rilancio dei processi di accumulazione, la speranza di coniugare crescita economica e preservazione ambientale. Sono assenti invece le analisi circa le cause profonde che tengono assieme l’estinzione di massa, il degrado ecosistemico, l’aumento della precarietà sociale e quello della povertà su scala globale. Non c’è mai stato un momento degli ultimi secoli del nostro sistema in cui la produzione di ricchezza fosse legata all’eguaglianza; secondo lo stesso principio, la costante tensione all’accaparramento continua a riservare agli esclusi, ai più poveri i danni maggiori della crisi ecologica. Al centro delle varie proposte di intervento politico ci sono in realtà considerazioni sulle nuove forme di sfruttamento delle risorse, non la soluzione del problema.

 

2.

L’estremizzazione dei processi ci permette però anche di guardare direttamente al superamento di quel conflitto e di quel sistema, perché, semmai negli ultimi cinquecento anni il capitalismo ci abbia concesso tempi semplici, ci troviamo di fronte ad una svolta complessa, caotica e decisiva, in cui si impongono scelte radicali e una semplificazione dell’azione politica. Bisogna scegliere, stare da una parte o dall’altra: dissoluzione o riorganizzazione dell’esistenza, dominio o solidarietà, sfruttamento o biosfera.

Inoltre, poiché il mutamento avviene con delle modalità e una forza totalmente inedite e assolutamente dirompenti rispetto alla stessa lettura delle società umane, ci impone di ragionare su cosa esse siano state realmente e di ridefinire l’essenza della nostra storia negli ultimi secoli. Le conseguenze del mutamento climatico ci impongono di rileggere codici, categorie, elementi del conflitto e di farlo in tempi brevissimi, perché il nostro tempo è adesso quello delle scelte su quel conflitto e sarà nei prossimi decenni quello delle ricadute evidenti di ciò che faremo. Sappiamo già bene che sconteremo a lungo tutti i danni prodotti finora e che per agire in modo armonico con i tempi della retroazione ecologica le nostre scelte dovranno essere veloci e radicali. Quella radicalità si può esprimere però solo ed esclusivamente all’interno di una proposta di mondo che sia differente, che superi il capitalismo e che contribuisca a dimostrare quanto sia debole la sua struttura attuale, quanto sia diventato possibile realizzare quel percorso. Quello che ci offre oggi il crescente conflitto politico sul mutamento climatico, con il suo esplicito richiamo all’azione per il contrasto alla crisi ecologica, è dunque la possibilità di definire in termini assolutamente innovativi non solo le gerarchie e le forme di azione politica, ma anche le prospettive di costruzione di quel mondo differente che può essere fondato solo sugli schemi solidaristici del vivente e su un’idea di libertà totalmente nuova.

 

3.

Questo sistema economico e sociale si nutre di contraddizioni, rimane uno spazio incompiuto di realizzazione di progetti autoritari e genera nuovi conflitti da cui trae spunti per nuovi investimenti. Quelle contraddizioni sono la sua linfa, ma rappresentano anche i suoi limiti interni, i nodi da cui partire per costruire qualcosa di diverso. Comprendere la contraddizione tra capitalismo e vivente è dunque fondamentale, perché permette di portare nello stesso campo le altre contraddizioni e di rivedere il funzionamento di fondo di un sistema che prospera sulla progressiva sottrazione di risorse all’intera sfera della vita. Finora ha ridotto drasticamente il potenziale di riproduzione, trasformato definitivamente il clima del pianeta e reso invivibili ampie zone. Per realizzare questo progetto di accaparramento delle risorse era però anche necessario eliminare l’autonomia e la capacità di azione dei sistemi politici statali e in generale il potere di azione della politica. Così il conflitto tra capitalismo e democrazia è diventato evidente negli ultimi decenni.

L’idea che il pianeta si sia facilmente conformato a questo modello è però propagandistica, non corrisponde alla realtà di ciò che sta avvenendo. Come è avvenuto nella storia degli ultimi secoli, la via d’uscita continua ad essere offerta dai movimenti di opposizione. Da diversi anni ormai è chiaro che i vari movimenti che si scontrano con la crisi ecologica dialogano sullo stesso piano, si riferiscono gli uni agli altri e cercano momenti di confronto. Il nostro tempo è anche il tempo dell’emergere di uno spazio politico globale, costruito su schemi assolutamente nuovi, che non corrispondono più ai limiti dello stato-nazione, uno spazio in cui sarà necessario agire nei prossimi anni per la costruzione di un mondo che risponda a principi opposti a quelli attuali. I movimenti per la giustizia ambientale affrontano questo passaggio epocale, continuano a riprodursi su tutto il pianeta e affrontano, insieme al movimento per il superamento del patriarcato, il nodo principale del problema.

In questo conflitto con le tendenze più reazionarie del sistema si evidenzia la grande prospettiva di cambiamento che stiamo costruendo. Non è possibile prevedere o dirigere tutto, controllare l’andamento del clima o determinare la risposta delle società umane, coltivare il delirio di onnipotenza che ha portato alla devastazione ambientale, pensare che un progetto autoritario globale che prevede la scomparsa della politica a favore dell’economia possa essere realizzato facilmente. Noi, come le nuvole, possiamo andare in un’altra direzione.