E' naturale che sabato si manifesti per la pace

Luca Fazio intervista Raffaella Bolini - Arci politiche per la pace

23 / 3 / 2011

A Raffaella Bolini, responsabile per le politiche internazionali dell'Arci, quasi gira la testa davanti al precipitare di eventi epocali che un tempo avrebbero pouto «occupare» la vita intera di un militante. Oggi sta accadendo di tutto in poche settimane, «ed è tutto maledettamente complicato, mi sento esistenzialmente provata».

E secondo te questo «tutto» può essere tenuto insieme, anche sabato prossimo in piazza, dall'elemento unificante dell'acqua? Non tutti la pensano così.
Il Forum dei movimenti per l'acqua ha saputo fare un lavoro straordinario, perchè ha sempre protetto la sua battaglia tenendosi alla larga dalle rovine dei partiti e anche dalle fasi gloriose o ingloriose dei movimenti. Questa capacità è necessaria oggi più che mai per arrivare con forza al referendum, so che la manifestazione di sabato è loro e la stanno preparando con cura, ma so anche che il Comitato ha saputo misurasi anche su altre questioni rimanendo unito, penso al nucleare dove non tutti sono d'accordo.
E adesso la Libia?
Penso che nessuno sabato penserà di imporre il tema della pace, noi come Arci avevamo già pensato di aderire portando le bandiere per l'acqua pubblica e per la pace. Sono due temi che abbiamo nel cuore, è naturale. Prima dell'intervento in Libia, era già previsto l'intervento sul palco di un rappresentante della società civile egiziana che ha appena fatto la rivoluzione nel suo paese, dove del resto c'è un forte movimento per l'acqua pubblica. Non c'è intenzione di violare una piazza di cui facciamo parte, direi che non è un caso se questa «invasione» naturale avviene su un tema fondamentale come quello dell'acqua.
La sinistra è in imbarazzo sull'intervento, dire pace non basta.
Ci sono vari ordini di problemi. In Italia paghiamo lo scarso livello di conoscenza che abbiamo su tutto ciò che accade a pochi chilometri dalla nostra sponda sud, e non dico solo Libia. Il paese di Gheddafi, poi, fa quasi storia a sé. Lì, per forza di cose, non si è mai potuta sviluppare una società civile e di fronte a una rivolta non possiamo non interrogarci su come aiutare quel popolo. Però, al di là degli aspetti emotivi, vorrei chiedermi come si fa. So per esperienza che la No Fly Zone è pericolosa, perché va a finire che bombardano un paese. Mi pare che non ci sia lo straccio di una strategia. Mi chiedo: è politicamente opportuno questo intervento? Vorrei poter dire ai libici che forse questo è il modo sbagliato di aiutarli.