Domattina, sabato 19 giugno, alle 11.00 da piazza della
Libertà a Trieste partirà la “Carovana
per la libertà di movimento”, un viaggio che vedrà partire in automobile
attivistə europei per dirigersi in un lungo corteo verso Maljevac, al confine
fra Croazia e Bosnia ed Erzegovina.
L’iniziativa, di respiro internazionale, è stata costruita e promossa da tante
realtà antirazziste e attive nella solidarietà lungo i confini europei quali la
campagna Lesvoscalling, l’associazione triestina Linea D’Ombra, Ya Basta
Bologna, il gruppo Melitea, Move to Resist, Officina 31021, il collettivo Small
Axe, Über_Grenzen di Vienna, Infokolpa di Lubiana e la Ongi Etorri
Errefuxiatuak dei paesi baschi.
“Noi siamo qui in piazza tutti i giorni ormai da un anno e mezzo
più e vi assicuro che non è facile”, sottolinea Gianandrea Franchi, vicepresidente di Linea D’Ombra
nella conferenza stampa che si è svolta martedì 15 giugno in piazza della
Libertà a Trieste. “Non è facile confrontarsi con il dolore di queste persone
che arrivano qui dopo 15/20 giorni di cammino inseguite dalle polizie di tutta
Europa in condizioni inaccettabili ed hanno bisogno di tutto”.
“La nostra - continua - è una forma di resistenza che però non basta, occorre
che si allarghi, occorre che si creino dei legami tra chi in tutta Europa si
batte per i diritti fondamentali, per il loro diritto di andare dove vogliono
per vivere una vita degna di essere vissuta”.
La carovana si inserisce all’interno di un percorso portato avanti da molti mesi, che accusa gli Stati europei e le proprie politiche migratorie delle violenze e dei soprusi a cui sono soggette le persone in movimento lungo le rotte balcaniche e non solo.
“Andremo a Maljevac per denunciare il nuovo Patto sulla migrazione che si basa su una logica sempre più securitaria”, spiega Matilde Bolla della campagna Lesvoscalling. “Questa carovana non è un punto di arrivo ma un punto di partenza di un percorso iniziato mesi fa, crediamo nell’autodeterminazione dei corpi e nella libertà di movimento”.
Proprio con l’obiettivo di denunciare l’esternalizzazione delle frontiere e il rifinanziamento della guardia costiera libica, infatti, alcune realtà aderenti alla carovana il 29 maggio hanno organizzato diverse iniziative territoriali, dall’affissione di striscioni in punti strategici delle città a momenti di scambio e di socialità sul tema delle migrazioni. La Carovana per la libertà di movimento segue in piena continuità anche la manifestazione svoltasi a Trieste il 17 aprile scorso, che ha chiamato a raccolta oltre 200 persone davanti al Consolato croato e ha animato un momento di piazza ricco di interventi e denunce contro l’operato politico europeo, per poi dirigersi verso il valico di confine di Pesek, dove un gruppo di attivistə hanno hanno simbolicamente tracciato il confine tra Italia e Slovenia con la scritta "Refugees welcome, end pushbacks".
Siamo al valico di #Pesek, confine italo-sloveno. Qui inizia la catena di respingimenti e violenze che le persone subiscono, anche dall'Italia. Vogliamo lasciare un messaggio sull'asfalto di questo valico. Nessuna persona è illegale, libertà di movimento!#balkanroutecalling pic.twitter.com/O0DyJUCPAb
— Lesvos Calling (@CallingLesvos) April 17, 2021
La prospettiva europea dell’evento di sabato è inoltre rafforzata dall’adesione alla neonata rete “Abolish Frontex” per chiedere l’abolizione di Frontex e dei regimi di frontiera dell’UE.
La carovana, percorrendo un tratto della rotta balcanica a ritroso, ha lo scopo di denunciare la continuità dell’approccio violento e securitario delle politiche migratorie a livello europeo, senza escludere l’Italia. Nonostante i ricorsi patrocinati da ASGI, il patto bilaterale fra Italia e Slovenia del 1996 è stato confermato e rinforzato: a inizio giugno, infatti, in seguito alla visita della ministra Lamorgese a Ljubjana, è stata data la notizia del ritorno delle pattuglie di polizia miste italo-slovene per sorvegliare i confini. E domenica scorsa al vertice di Roma, i ministri degli esteri Di Maio e quello sloveno Logar hanno confermato la linea di quelle che beffardamente continuano ad essere chiamate “riammissioni”, quando in realtà si configurano come dei veri e propri "respingimenti a catena", poiché le persone respinte alla frontiera rifiniscono nelle mani delle diverse polizie e infine nei campi di confinamento bosniaci. L’accordo d’intesa - come ricorda l’ICS, Ufficio rifugiati di Trieste - non costituisce fonte di diritto ma è una semplice intesa mai ratificata dal Parlamento ai sensi dell’art. 80 della Costituzione e come tale si configura di assai dubbia legittimità.
“Saremo fisicamente presenti su quel confine perché è allo stesso tempo simbolo delle politiche europee e dispositivo materiale di contenimento, selezione dei flussi migratori e respingimento verso la Bosnia ed Erzegovina. Essere a Maljevac per noi significa essere a Ceuta e Melilla, alle Canarie, a Lampedusa, a Lesvos e Evros” - commenta Francesco Sartori, attivista padovano di Lesvoscalling. “Percorreremo i confini in cui si concretizza la repressione per aprire simbolicamente la frontiera balcanica”.
Le organizzazioni promotrici della carovana con questa iniziativa vogliono capovolgere una narrazione che parla costantemente di emergenza e di catastrofe umanitaria senza individuare le cause e i responsabili che la determinano, pur non dimenticandosi che la solidarietà attiva è un’arma per nulla scontata: “La carovana di sabato è per noi anche uno strumento per decostruire il privilegio di cui godiamo - conclude Sartori - in quanto attivistə europeə, con questo viaggio vogliamo testimoniare l’esistenza di una parte della società civile europea che non vuole essere complice dei crimini di cui si macchia l’Ue, e che è invece solidale con tutti i corpi in movimento che ogni giorno resistono alle violenze e barbarie dei confini”.
Per adesioni e informazioni: [email protected]