Le mobilitazioni contro Equitalia nel nostro paese si sono susseguite
nelle ultime settimane. Per mobilitazioni qui si intende le proteste
pubbliche, popolari ed alla luce del sole come quelle di Napoli e Mestre
o come quella degli operai di Termini Imerese all’Agenzia delle
Entrate. Un tema, quello del debito privato, che trova ancora poca
centralità, suo malgrado, nello spazio dell’analisi politica.
E’
vero che il tema della pressione fiscale lascia spazio a facili sortite
demagogiche, come quelle in salsa verde dei leghisti contro le “tasse
di Roma ladrona”. Bisogna innanzitutto centrare il tema, ed in questo le
recenti mobilitazioni napoletane hanno avuto il merito di definire bene
lo spazio rivendicativo. Le tasse vanno pagate e gli evasori fiscali
devono essere perseguiti. Partiamo da questo dato, per tranquillizzare
da subito tutti quelli che hanno letto con leggerezza le mobilitazioni
contro Equitalia: nessuno di quelli che hanno manifestato a Napoli o a
Mestre reclama la fine dei tributi.
Fatta questa necessaria premessa, passiamo alla disamina della questione.
Equitalia
è una società per azioni a capitale pubblico – Ministero delle Finanze
ed Agenzia delle Entrate – che risponde dunque alle esigenze di tutte le
s.p.a. ovvero la necessità di fare profitti. La società si configura
così come un esempio di quelle mostruosità giuridiche che sono le multiutility contro cui gli italiani si sono già espressi attraverso il referendum dell’estate del 2011.
Equitalia
riscuote i tributi per conto dello stato e degli enti locali che hanno
esternalizzato la riscossione delle tasse. La sua natura di s.p.a.,
porta Equitalia ad accumulare interessi attraverso un complesso sistema
di aumenti del credito da riscuotere nei confronti degli evasori. Un
agio del 9% su ogni tassa non pagata. Una percentuale che è circa il
doppio del tasso di interesse medio che gli istituti di credito
impongono sui prestiti privati. A questa percentuale di interesse da
usura si sommano le spese di notifica, le spese legali e la maturazione
degli ulteriori interessi. Nel pieno rispetto di una legge visibilmente
singolare ed ingiusta, Equitalia diventa così una macchina da
strozzinaggio.
A finire nel mirino di Equitalia ci sono tutti
gli evasori fiscali senza nessun tipo di distinzione, siano essi evasori
di una semplice multa per divieto di sosta oppure grandi evasori
fiscali per milioni di euro. Il carico affidato ad Equitalia durante il
2010 è salito del 43% rispetto al 2007 ed attualmente è di 72 miliardi
di euro*, più o meno due finanziarie.
Ma la rigidità della s.p.a.
dei tributi sembra sciogliersi come neve al sole davanti ai grandi
evasori fiscali a cui vengono proposti accordi con enormi vantaggi. Di
contro il resto dei creditori di Equitalia, principalmente lavoratori
autonomi, precari e pensionati, vede solo la possibilità di
rateizzazione del debito fissata in griglie strette ed inflessibili. La
mission di Equitalia contribuisce così alla configurazione di un sistema
fiscale palesemente discriminatorio, che risulta inflessibile coi
deboli e malleabile con i forti. Una visione suffragata ulteriormente
dal rifiuto del governo dei professori di istituire la tassazione dei
capitali scudati che avevano goduto della norma del precedente governo
sul rientro dei capitali evasi all’estero e l’istituzione di una tassa
patrimoniale per finanziare la spesa sociale.
In caso di mancato
pagamento dopo la prima notifica della cartella esattoriale, Equitalia
può procedere alla variegata gamma di azioni che rientrano nella
riscossione coatta. Pignoramento del quinto dello stipendio, fermo
amministrativo dei beni immobili, vendita coatta di auto, moto e case,
fino al sequestro dei conti correnti come ha fatto Equitalia Calabria
nei confronti dei pensionati. E così mentre si consente ai grandi
evasori di chiudere accordi al ribasso recuperando qualche milione di
euro rispetto a decine di milioni di evaso, sulle fasce sociali più
deboli si abbatte la mannaia della riscossione coatta.
Un
meccanismo perverso che contribuisce, ai tempi della più grande crisi
che il nostro paese abbia mai conosciuto, all’aumento esponenziale del
debito privato. Ed è proprio questo il cuore della questione: Equitalia
funge da moltiplicatore del debito privato delle fasce sociali più
deboli del paese. All’aumento della pressione fiscale dovuta alla
“ricetta” dei professori guidati da Mario Monti, che incide sulla
consistenza dei salari e delle pensioni, si unisce l’aumento del debito
privato nei confronti dello Stato.
Un vero tritacarne
soprattutto per i lavoratori autonomi che mentre fanno i conti con
l’abbassamento del proprio potere d’acquisto devono contemporaneamente
versare al fisco le tasse di oggi e quelle di ieri con gli aumenti da
usura imposti da Equitalia. Ai lavoratori dipendenti della pubblica
amministrazione, su cui gli aumenti delle aliquote Irpef agiscono
direttamente in busta paga, il tritacarne di Equitalia rischia di
ridurre a poche centinaia di euro i salari attraverso il pignoramento
del quinto dello stipendio. Il pignoramenti verso terzi operati da
Equitalia sono circa 133.000 con un aumento del 50% tra il 2007 ed il
2010*. Una prospettiva che riduce in miseria una persona non per un
periodo temporale, ma per tutta la vita che ti resta.
Ecco cosa
spinge un cittadino a puntarsi una pistola alla testa. In particolar
modo accade nel Mezzogiorno, dove oltre allo Stato spesso l’altro
creditore del debito privato è il sistema criminale. Creditori diversi,
ma spesso sistemi di riscossione molto simili. Eppure non si comprende
come mai in troppi facciano finta di non capire.
Appena un mese
fa la CGIL prospettava uno sciopero generale – l’ennesimo solo
annunciato e mai praticato – contro le tasse. Eppure a nessuno venne in
mente di parlare di demagogia. Nessuno ha mai chiesto la fine delle
tasse, eppure sindaci di grandi città come Bologna si lanciano in
iperboliche dichiarazioni su camorristi che protestano contro Equitalia.
Cogliamo l’occasione per portare a conoscenza del sindaco di Bologna
Virginio Merola che i camorristi sono tra quei grandi evasori a cui
Equitalia offre accordi molto flessibili.
Dal prossimo anno tutti
gli Enti Locali possono dismettere il contratto con Equitalia.
Moltissimi sindaci hanno già dismesso il contratto, altri come quello di
Napoli hanno annunciato che lo faranno dal gennaio del 2013. Ma il
problema, come è evidente, non è Equitalia in sé ma il meccanismo con
cui si pensa di riscuotere i tributi per le fasce sociali maggiormente
colpite dalla crisi. Se ci si affiderà nuovamente ad una s.p.a. che
dovrà fare profitti, se sarà consentito alle nuove società la
riscossione coatta dei tributi, allora sarà solo maquillage. C'è da dire
che solo il 16% dell'attività di Equitalia è legata però alla
riscossione dei tributi dei Comuni, una percentuale comunque piccola
rispetto alla fetta di lavoro svolta per lo Stato e le Regioni che è del
48%*.
I professori continuano a parlare della necessità di
misure per la crescita economica del paese, ma non serve una laurea alla
Bocconi per capire che senza un alleggerimento del debito privato per
le fasce più povere non potrà mai esserci nessuna ripresa. Accanto allo
smantellamento del welfare ed alla dismissione dello statuto dei
lavoratori con il Ddl Fornero, il tema del debito privato per i
lavoratori dipendenti risulta avere una drammatica centralità.
Le
mobilitazioni delle ultime settimane pongono dei punti di
rivendicazioni semplici e chiari: sospensione della riscossione coatta
dei tributi per le fasce sociali deboli (a tal proposito è stato già
votato a maggioranza un ordine del giorno alla Camera), cessazione dei
contratti tra gli Enti Locali ed Equitalia, internalizzazione del
servizio di riscossione dei tributi da parte degli Enti Locali,
istituzione di una tassa patrimoniale per finanziare la spesa sociale,
tassazione dei capitali scudati.
Proposte rispetto alle quali, i
tanti che a sinistra hanno storto il naso davanti alle proteste contro
Equitalia, farebbero bene a rispondere nel merito.
* dati del Sole 24 Ore
Tratto da Micromega
Equitalia è una pistola fumante
di Antonio Musella
24 / 5 / 2012