Europa - Il libro “ nero “ delle pensioni

18 / 2 / 2012

In realtà si tratta di un “ libro bianco “ cioè quegli elaborati pubblicati dalla Commissione Europea per dare corso a determinate indicazioni su determinate materie. Di solito ne segue una direttiva o una raccomandazione. Nel caso delle pensioni, in realtà, si dice che la competenza è degli stati membri, ma non è difficile pensare che, specie ora che c’è la governance europea sui conti, si troveranno misure assai cogenti per intervenire. Ed è la natura degli interventi che mi fa definire il libro “ nero “. Come sempre la logica europea è stringente e costruita su un’assioma. In questo caso è la constatazione lapalissiana che c’è un incremento della vita media e un aumento della popolazione anziana. A dire il vero non è poi neanche così scontata neanche la logica demografica. In realtà nel mercato del lavoro europeo ormai ci sono anche quote consistenti e crescenti di lavoratori immigrati che sono assai più giovani e che versano contributi significativi senza che sia neanche chiaro se e dove godranno di un regime pensionistico. Ma lo stesso assioma demografico meriterebbe almeno dei correttivi significativi con altri parametri. Ad esempio gli incrementi di produttività che si verificano. O i tassi di occupazione che si devono determinare. O anche i livelli contributivi auspicabili. Tutte cose queste che riconnettono la questione pensioni con quella del lavoro, che è il vero cuore della questione sociale. E’ il lavoro che ha prodotto il benessere europeo ed è la crisi del lavoro che determina la situazione drammatica di oggi. Tutto questo viene ignorato e le 40 pagine del libro nero, pardon, bianco, servono a sostenere i dogmi che si vogliono imporre e che sono sempre gli stessi, un poco peggiorati. Il primo è naturalmente che bisogna allungare la vita lavorativa tenendo conto, appunto, degli andamenti demografici. Se si scrive, come si scrive, che ci si aspettano al 2050 6/7 anni di vita media in più si può cominciare a tremare. Non solo, si scrive poi che bisogna disincentivare i collocamenti a riposo anticipati, il che fa molto a pugni con quello che accade nella realtà dove le espulsioni degli over 50 dai luoghi di lavoro sono tantissime, incentivate dalla possibilità ampiamente offerta di sostituire lavoratori stabili con lavoratori precari. D’altronde ai giovani si pensa per questo e non per creare nuovo lavoro. Ancora, per gli anziani bisognerà pensare a forme di reimpiego che allunghino la loro attività lavorativa anche oltre i limiti della pensione. Per garantire i rendimenti pensionistici poi serve la diffusione ancora più larga delle pensioni integrative cui andranno destinate risorse in più tratte da una maggiore disponibilità dei lavoratori a investire sulla propria assicurazione accettando di guadagnare di meno. Da ultimo la parità tra uomini e donne va costruita in questo quadro e non, che so io, riconoscendo un indennizzo per il lavoro di cura o promuovendo una redistribuzione dello stesso per rafforzare le donne nel lavoro. Tutte brutte cose che continuano nel pessimo andazzo attuale. Si impone la tirannia dei conti perché non si vuole più partire da ciò che crea ricchezza e cioè il lavoro. E’ il rapporto tra lavoro e welfare che ha creato il modello sociale Europeo. Si è imposto un rapporto rovesciato tra moneta e interessi finanziari legati alle privatizzazioni, che è quello che il modello sociale europeo lo sta uccidendo. Il libro nero-bianco va in consultazione e sarebbe bene respingerlo al mittente.

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