Francia - Chi ha paura degli arabi?

Pesanti scontri durante il corteo parigino, vietato dalle istituzioni, del 19 luglio in difesa di Gaza e contro gli attacchi militari israeliani. Il tentativo di coprire la questione araba da parte di Hollande viene messo in crisi in piazza.

21 / 7 / 2014

Il caldo afoso di Parigi si fa ben sentire fin da subito. Soprattutto, non ci sono nuvole e  segnali di pioggia alle 14 a Gare du Nord, dove è stato lanciato il primo concentramento per il corteo in solidarietà al popolo palestinese. Sebbene le indicazioni ufficiali poste dai collettivi e dai partiti contro l'attacco militare israeliano alla Striscia individuassero l'appuntamento di Barbès, un passaparola tra militanti, poi socializzato anche in rete, diceva di trovarsi un'ora prima in un altro luogo per evitare che chiudessero la metro.

Già, perché l'amministrazione comunale di concerto con il Presidente della Repubblica Hollande aveva deciso di vietare la manifestazione, usando come pretesto gli scontri tra i militanti pro-palestinesi e i gruppi di estrema destra israeliani della scorsa domenica. Hollande, parlando da una visita istituzionale in Africa, aveva dichiarato che “ chi vorrà manifestare se ne prenderà tutta la responsabilità”. L'effetto delle sue parole si può notare fin da subito nei dintorni di Gare du Nord: un dispositivo poliziesco che impiega almeno un centinaio di camionette dislocate in tutto il quartiere, tantissime forze dell'ordine sia in tenuta anti-sommossa che non, blocchi stradali a veicoli e persone.

Tutta via Magenta, che collega direttamente la stazione dei treni a Barbès, è infatti già bloccata dalle due, con interi pezzi di strada ostacolati dalle transenne e dai nastri dei militari, ovviamente controllati da ingentissime pattuglie. Un primo presidio, che è riuscito ad arrivare alla Gare du Nord prima delle 14, numeroso e presente, è completamente circondato dalla polizia. Nessuno può raggiungerlo, così come nessuno può uscire dal perimetro indicato dalle forze dell'ordine. 

“Volevano la mia carta d'identità per passare dal marciapiede che attraversa il blocco”, dice una ragazza partecipante alla manifestazione “ ma io non gliel'ho data, appena vedono che sono araba, non mi faranno mai passare”. Tutti i partecipanti sono sbigottiti e increduli rispetto al dispiegamento della forza pubblica per impedire un corteo, la cui ragione più che di ordine pubblico appare a molti politica. Non è che Hollande e le amministrazioni non vogliono far emergere le contraddizioni insite in Francia rispetto ai cittadini arabi?

Un gruppo di manifestanti riesce quindi a radunarsi davanti alla stazione, all'incirca duecento persone, quasi tutte di origine araba. Invadendo la strada, bloccano il traffico e provano a raggiungere il presidio accerchiato dalla polizia. L'unica risposta che ottengono, senza nemmeno un tentativo di dialogo, è stata l'uso degli spray al peperoncino per farli indietreggiare. Dopo un'ora di blocco del traffico, scandito dai cori “ Nous sommes tous des palestiniens!”, “Israel Assassin!” e “Hollande complice!”, si viene a sapere che l'appuntamento ufficiale a Barbès sta concentrando migliaia di persone.

Nonostante le minacce di Hollande e del Prefetto, a Barbès i numeri eccedono qualsiasi velleità di contenere il corteo. La composizione della manifestazione spazia dalle numerosissime famiglie arabe abitanti del XVIII e delle cités, gruppi organizzati di sostegno alla resistenza palestinese, alcuni sindacati studenteschi, il partito dell'NPA. Ma, soprattutto, tanti giovanissimi, perlopiù di origine araba, che si inseriscono di tanto in tanto a gruppetti nel corteo scandendo cori e lanciando petardi, per poi riuscirsene e raggiungere un'altra parte della manifestazione. In generale, possiamo dire che la composizione sia molto trasversale, visto che comprende anche i migranti di altre origini e le persone non arabe scese in piazza contro il vergognoso divieto di manifestare da parte delle istituzioni francesi.

Per quanto molto numerosa ed eterogenea, parlando appunto di all'incirca 10000 persone che riempiono le strade di Barbès, sicuramente non possiamo indicare un'organizzazione comune o un'unitarietà. Certo, il corteo ha avanzato in direzione del metrò Chateau Rouge compatto; allo stesso tempo, non si può capire chi è alla testa, non si ha un'idea condivisa di quali siano le intenzioni sul percorso. E al di là della direzione, si percepisce una mancanza tale di un medesimo contenuto politico che tra i manifestanti iniziano a crearsi attriti. Del resto, si può sentire cantare “ Allah akbar” e qualche insulto razzista nei confronti degli ebrei accanto a chi scandisce dal megafono che la questione della Palestina riguarda tutti in quanto oppressi, oltre qualsiasi connotazione religiosa.

Il corteo avanza verso Chateau Rouge. All'altezza della metro, le camionette della polizia e un cordone di agenti in anti-sommossa impediscono il proseguimento. Alcune centinaia tra i manifestanti, perlopiù giovanissimi, si pongono di fronte al cordone. Tempo qualche minuto, e la testa del corteo inizia ad indietreggiare; l'odore dei lacrimogeni pervade tutta la strada antistante, facendo rifluire una parte del corteo nelle strade laterali. Appena la polizia tenta di caricare, i manifestanti rispondono con lancio di pietre e oggetti divelti dalla strada. 

I lacrimogeni continuano a volare ad altezza uomo e a gasare tutti, non risparmiando anche i bambini che partecipano alla manifestazione. Subito si mette in campo la strategia di controllo della piazza: camionette delle forze dell'ordine iniziano a bloccare le strade e le piccole vie in modo da frammentare il corteo e isolarne i vari spezzoni.

Il blocco della polizia più duraturo è quello che ha implicato coloro che sono tornati in direzione Barbès dopo le prime cariche. Essendo gli altri manifestanti impossibilitati a raggiungerli, appena dall'interno le persone provano a forzare il cordone, la polizia comincia a sparare lacrimogeni e a caricare, spingendone alcune dentro la fermata della metro. Un fronteggiamento con la polizia si protrae fino al tardo pomeriggio; una guerriglia urbana diffusa per tutte le vie del XVIII arrondissement con barricate incendiate e lanci di oggetti contro le cariche.

Dopo diversi tentativi di ricompattarsi e raggiungere gli altri partecipanti imprigionati a Barbès, interrotti dalle kettle o dalle cariche indiscriminate del reparto anti-sommossa, un gruppo di tremila manifestanti riesce a cominciare un corteo selvaggio che passando davanti alla Gare du Nord punta al centro della città. Per più di un'ora il corteo continua a marciare e a interrompere il traffico, fino ad invadere il parco de Les Halles, zona centralissima nei cui dintorni si trovano Hotel de Ville e il Marais.

Ancora una volta, il diritto di poter manifestare è conquistato con la forza da tutti coloro che non soltanto si sentono vicini a Gaza e condannano le atrocità di Israele, ma che vogliono anche rompere qualsiasi forma di autoritarismo, di chiusura delle libertà che il governo Valls e Hollande dimostrano da alcuni mesi a questa parte. Allo stesso modo, la presenza in piazza che ha disarticolato completamente gli apparati dell'ordine pubblico, incapaci di poterla contenere, vuole mettere in luce una questione spinosa che va al di là della polarizzazione – seppur presente – tra musulmani e ebrei.

 La determinazione e la volontà incisiva di sfidare i divieti, all'interno di tutte le contraddizioni, si mischia ai discorsi islamofobi su cui si articolano formazioni politiche come il Front National, per non parlare di personalità-sceriffo, facenti parte del PS, che gestiscono l'ordine pubblico; si interseca con la questione delle cités, delle condizioni di vita e della limitazione alla piena cittadinanza verso chi non è considerato completamente francese. 

La richiesta di giustizia sociale per la decennale situazione di morte e distruzione a Gaza si traspone subito per le strade della metropoli parigina: i diecimila manifestanti ci parlano di una rivendicazione di uguaglianza e di diritti, ossia il superamento delle discriminazioni di matrice (post)-coloniale che vengono protratte nel territorio dei vecchi coloni. Non si può dar torto a quelle donne che urlano in faccia, piene di rabbia, alla polizia che “questo è il vero volto della Francia!”, un Paese dove tutti possono fare manifestazioni come principio dell'impegno civico, protetto dall'eredità della Rivoluzione, basta solo che non si faccia tremare qualcosa di instabile e di pericoloso. Come i discorsi e le pratiche che da anni riguardano gli abitanti arabi.

Ma il governo francese locale e nazionale ha sicuramente fatto un errore di valutazione. Volendo fino in fondo nascondere una condizione sociale e culturale all'interno del Paese, per evitare qualsiasi tipo di dissenso o di sua esplosione, è finito col farne emergere tutte le istanze. Perché solo laddove si sfidano collettivamente i poteri, è possibile rendere evidente una forma di vita. Una di quelle che, in questo caso, ha rivendicato una giustizia che da tempo le è stata negata.

Parigi - Corteo solidarietà Palestina 19 luglio

Parigi - Momenti del corteo