Francia, Italia e il risveglio di una rivalità storica

1 / 9 / 2017

Pubblichiamo, tratto dal sito dell' Istituto Affari Internazionali ed in nostra traduzione, un approfondimento sulle relazioni bilaterali Italia-Francia dove si mette a tema il ruolo della politica in Africa e segnatamente in Libia nelle relazioni internazionali. Questo punto di vista aiuta a costruire un quadro attorno alla convocazione del summit di Parigi della scorsa settimana, nell'abito del quale sono state discusse anche le politiche migratorie dei quattro partecipanti invitati dal neo Presidente Emmanuel Macron.

di Jean Pierre Darnis, direttore IAI

I leader di Francia, Italia, Spagna, e Germania si sono incontrarti a parigi il 28 agosto per un summit organizzato dal Presidente Emmanuel Macron come ultima indicazione dello sforzo francese di assumere un ruolo chiave di leadership nell'UE post-Brexit. Ma l'evento è stato anche un'occasione per il Presidente francese di attenuare il polverone sollevatosi tra i partner UE, particolarmente a Roma, dopo la serie di battibecchi che hanno portato al crollo delle relazioni facendo risorgere vecchi rancori tra i due Paesi. Un secondo e probabilmente più importante summit bilaterale tra Italia e Francia è già in agenda per il 27 settembre a Lione, altro indice della necessità di "rattoppare le relazioni" e promuovere un'immagine pubblica di cooperazione tra i due Paesi UE confinanti.

Le tensioni tra Italia e Libia si sono sollevate in luglio in seguito alla decisione di nazionalizzare il costruttore di navi Stx/Chantier de l'Athlantique, togliendo all'italiana Fincantieri la possibilità di ottenerne lo stock azionario di maggioranza, rinnegando un accordo Italia-Francia già preso dal precedenete governo. Le relazioni diplomatiche erano già state testate prima in quella stessa settimana, quando Macron aveva organizzato una conferenza di pace sulla Libia senza invitare il governo italiano, che però considera sé stesso un attore-chiave sul dossier libico. I due eventi, che non sono collegati, hanno creato una tempesta perfetta tra gli italiani, sfociata in alcuni diverbi pubblici e una fila di ministri francesi volati a Roma per ricucire le relazioni. Dichiarazioni congiunte e foto di rito però non sono state sufficienti a raggiungere l'obbiettivo, e le tensioni persistono.

L'attuale disaccordo italo-francese richiama gli eventi del 2011, quando Francia e Regno Unito presero in mano la situazione ed intervennero militarmente in Libia. Al tempo il governo italiano era intralciato da instabilità politiche nazionali e dalla debolezza di Berlusconi che fu inapace di costruire sulla base della buona relazione con Gheddafi il "naturale" ruolo di mediazione per la diplomazia italiana.

Un altro fattore che contribuisce alla frustrazione italiana è una mancanza di comprensione delle dinamiche reali dietro all'intervento francese in Libia. L'Italia ha sempre considerato l'operazione del 2011 come il tentativo francese di soppiantarne il ruolo in Libia, tanto dal punto di vista diplomatico che economico. Questa visione però è manchevole nel tralasciare la tardiva reazione dell'allora presidente Sarkozy rispetto alle Primavere Arabe, quando perse il treno della rivoluzione tunisina. Il suo intervento in Libia fu di conseguenza un tentativo di riguadagnare terreno sulla Primavera Araba in Libia, saltando sul carro del vincitore opponendosi all'autoritarismo ed alla corruzione di regime.

Questo errore di valutazione delle logiche francesi rivela l'estrema sensibilità dell'Italia verso qualunque cosa riguardi la Libia, fattore radicato nei tortuosi trascorsi coloniali italiani. Dal punto di vista francese, anche l'Italia appare difficile da comprendere e maneggiare, con le fasi ricorrenti di debolezza di leadership e ripetute instabilità politiche.

Nello stesso anno dell'intervento in Libia, gli investimenti francesi in Italia - come l'acquisizione di Parmalat da parte di Lactalis, o LVMH che inizia a controllare il gioielliere Bulgari - hanno contribuito alla percezione di una conquista francese della penisola. Le tensioni risalgono al 2002, quando la tentata acquisizione di Edison da parte di Electricité de France sfociò in un'alta tensione diplomatica risolta solo nel 2012 con il completamento dell'operazione. Investimenti di questo tipo sono pienamente normali in una situazione di mercato integrato a livello UE e non ci sarebbe da alzare le sopracciglia se non fosse per l'impressione che gli investitori italiani hanno di non essere i benvenuti in terra francese.

Molto prima dell'affaire Fincantieri, ENEL - controllata adllo Stato - tentò l'acquisizione di Suez. Era il 2006, il governo francese bloccò l'operazione creando il gruppo GDF-Suez sotto controllo statale per mantenere il controllo dell'impresa in mani francesi. Le tensioni su Fincantieri quindi riaprono vecchie questioni in Italia, da dove la Francia appare protezionista e nazionalista.

L'intervento militare in Libia del 2011 ha anche creato una frattura tra Italia e Francia in termini di politiche militari. Dopo gli anni '90, Italia e Francia molto spesso sono state coinvolte nelle stesse operazioni militari multilaterali, dai Balcani all'Afghanistan. Il punto più alto della convergenza militare e diplomatica tra i due Stati fu nel 2006 con la riorganizzazione della missione UNIFIL in Libano, diretta comunemente da Francia e Italia. L'intervento del 2011 sotto insegne NATO in Libia fu percepito malamente in Italia, benché Roma fosse parte della coalizione ed avesse effettuato impressionanti bombardamenti in Libia. La crescente instabilità nello scacchiere che seguì la fine di Gheddafi è vista dagli italiani come una diretta conseguenza dell'intervento militare.

Nel 2013 le operazioni francesi in Mali confermarono questa divergenza strategica. La Francia intervenne con un mandato ONU per impedire la presa della capitale Bamako da parte delle milizie del Nord del paese e jihaidiste. Parigi chiese aiuto, ma non trovò sostegno da parte dei suoi partner UE. Il governo italiano retto da Mario Monti rifiutò categoricamente il limitato supporto logistico chiesto dalla Francia. Qualche anno dopo, in seguito agli attacchi terroristici a Parigi, la Francia invocò la clausola di solidarietà del Trattato sull'Unione Europea. Parigi di nuovo chiese aiuti per le proprie missioni all'estero in modo da poter richiamare le forze militari in patria ed assegnarle alla prevenzione del terrorismo. Stati come Germania ed Irlanda risposero positivamente, l'Italia no. Mentre la Germania ha aumentato le proprie capacità militari in Africa in un quadro di cooperazione con la Francia, l'assenza italiana è un evidente fattore di divergenza strategica che fa seguito al 2011.

Oggi la Francia continua a sviluppare una visione di stabilizzazione e lotta al terrorismo in tutta la regione del Sahel, mentre l'Italia tende ad occuparsi principalmente della Libia. Ovviamente i due approcci potenzialmente convergono, ma ad oggi è difficile definire un processo a valore aggiunto positivo.

Macron ha una chiara strategia Europea assieme alla Germania. Per di più, è palpabile l'attivismo di Macron verso l'Europa centrale, approccio alquanto originale ed interessante. Tenuto conto della Brexit, questa "continentalizzazione" dell'Europa significa che l'Italia deve ritornare alle proprie relazioni con Francia e Germania, un'alternativa non semplice che ha implicazioni storiche complesse alla luce della storia dell'Italia nel XIX secolo.

La tendenza di Macron ad atturare politiche proattive può rigenerare difficoltà tra i partner. Per esempio, durante giugno e luglio 2017 il neo-eletto Presidente Francese ha visto l'Italia lavorare duramente per una soluzione comune alla sfida delle migrazioni provenienti dalla Libia. Durante le celebrazioni del 14 luglio, in un'intervista Macron annuncia una imminente «iniziativa diplomatica per la Libia». Pochi giorni dopo, il Summit di Parigi sembra cogliere di sorpresa molti italiani. Questi apparentemente non hanno prestato sufficiente attenzione alle dichiarazioni pubbliche di Macron e non hanno capito che le pressioni attuate sulla Francia per mettere in agenda la questione libica sono sfociate in questa reazione "Macron-style".

La risultante di tutte queste tensioni è un clima esplosivo tra Italia e Francia, con un compromesso sulla questione Fincantieri/stx, che molti analisti ritengono una soluzione perfettamente sensata dal punto di vista delle politiche industriali, che ancora non si vede.

Macron è certamente il simbolo di una forte evoluzione della politica francese con un'agenda riformista per l'Europa al centro della propria iniziativa. E' paradossale osservare che mentre l'atteggiamento proattivo di Macron sembra influenzare positivamente le relazioni in Europa, questo nuovo ciclo politico in Francia sta divenendo un buco nero di cattiva percezione per l'Italia che non si trova a proprio agio con una Francia attiva e le sue aspirazioni di guadagnare una nuova forma di leadership in Europa. Questo momento difficile per le relazioni bilaterali può essere visto anche come un punto di svolta. La Francia è in movimento dopo decenni in cui ha mantenuto un profilo relativamente basso, il Regno Unito è fuori dall'Unione Europea e tutti i partner politici debbono riconfigurare loro stessi al nuovo gioco Europeo, e questa accelerazione richiede un'Italia più incisiva. La situazione per l'Italia è complessa con le elezioni politiche in arrivo la prossima primavera, ma rappresenta anche un'importante segnale [a].

Dopo le elezioni tedesche in settembre si aprirà una finestra di opportunità per far avanzare il processo di integrazione Europea, ma questo richiede uno sforzo tra i membri-chiave dell'UE come Francia ed Italia, cui serve la definizione di interessi strategici comuni ed al tempo stesso il bilanciamento tra tensioni politiche interne e proiezione internazionale. Tutto questo sarà necessario per creare un'Europa più forte, evitando di evocare troppi spettri dal passato.

[a] nell'originale inglese wake up call, lett. "chiamata di sveglia", NdT