Giustizia climatica e giustizia sociale: «La lotta è per la vita!»

Comunicato congiunto di Rise Up 4 Climate Justice e del Collettivo di Fabbrica GKN verso la manifestazione del 22 ottobre a Bologna

21 / 10 / 2022

Il 22 Ottobre a Bologna non è “la data dell’autunno”, ma una tappa di un processo. Un processo che mette in comune lotte reali, relazioni che si stanno sedimentando e che soprattutto rompe la ritualità di appuntamenti politici nati attorno ad una sommatoria di sigle. Bologna è la tappa di un percorso che rimette al centro il tema della nostra urgenza, ovvero quella di un cambiamento sistemico radicale, e che prova a smontare la logica delle loro emergenze, diventata ormai vero e proprio strumento di governo.

 Il 22 ottobre a Bologna protesteremo contro il "passante di mezzo", ma non solo.

Se qualcuno si aspettava che i fondi del PNRR potessero effettivamente segnare un cambio di direzione rispetto alle politiche economiche e ambientali ormai avrà capito che le intenzioni sono tutt'altre: l'utilizzo di questi soldi non è altro che la naturale prosecuzione di quella “normalità” che ha causato la crisi climatica e sociale in cui siamo immersi. Grandi opere, cemento, hi-tech. Le grandi aziende attingono a questi fondi, ottengono iper-profitti, mentre i benefici per chi è uscitə dal Covid impoveritə e ora si trova a fronteggiare i rincari dei costi della vita e delle bollette mancano.

Siamo di fronte a una contraddizione talmente grossa che vede gli aumenti del 130% sul costo dell'energia scaricati sulle nostre spalle, mentre una società come Gazprom, teoricamente sotto sanzioni, ha fatto in sei mesi gli utili di due anni, guadagnando 44 miliardi di dollari. L'italiana ENI ha si è vista un aumento del 600% degli utili dallo scoppio della guerra. Significa che i soldi per una riconversione ambientale ci sono, è che a detenerli sono proprio quelle società che la crisi climatica l'hanno prodotta e su cui continuano ad arricchirsi.

In questo contesto la proposta di allargamento del passante di mezzo di Bologna è la rappresentazione perfetta di questa contraddizione: mentre su giornali e mezzi di comunicazione si fa spazio la retorica del “è necessario che tutti facciano un sacrificio” e delle buone pratiche individuali per combattere la crisi climatica, passa senza contraddittorio la proposta di allargare una strada, che evidentemente presuppone l'aumento del traffico su gomma, con conseguente aumento delle emissioni e peggioramento della qualità dell’aria. Una proposta che, peraltro, impegna denaro pubblico.

Nella richiesta di "un sacrificio" c'è un'enorme ipocrisia: i "sacrifici" non vengono richiesti a chi effettivamente è nelle condizioni di rinunciare a qualcosa, ma a chi già stenta a stare a galla. Ma c'è di peggio: la logica dei sacrifici fa passare l'idea di una giustizia sociale, di una giustizia climatica, come qualcosa di pesante, che costa rinunce. Peccato che non ci sia nulla a cui rinunciare e tutto da guadagnare in uno scenario del genere. Guadagneremmo in benessere, in salute, in uguaglianza. Guadagneremmo un pianeta in cui non preoccuparci più di smottamenti, frane, tornadi e un sistema di relazioni regolato non da meccanismi economici, ma dal principio della cura collettiva.

Noi siamo già zone di sacrificio: lo siamo quando lavoriamo sotto sfruttamento, quando possiamo permetterci di vivere solo in aree inquinate o quando ci impongono una discarica di fianco a casa. Lo siamo quando non abbiamo accesso ai servizi di welfare, quando ci vediamo sottrarre i beni comuni dalla privatizzazione, quando ci carichiamo di un lavoro di cura mai riconosciuto. Lo siamo in modo diverso dal Sud Globale, ma chi di noi vive le oppressioni del capitalismo, del patriarcato, sa di essere sacrificabile agli occhi del profitto.

Per questo motivo il 22 ottobre vogliamo che sia una data di convergenza: una giornata in cui scendere in piazza al fianco dei movimenti climatici, dei comitati ambientali, delle vertenze operaie e sociali, con il portato rivendicazioni che ogni giorni pratichiamo nelle nostre città.

Perché riconosciamo in questa convergenza un processo che ha come orizzonte quello del superamento delle contraddizioni tra lavoro e ambiente. Un superamento che permette di affrontare questa data chiedendo che la risposta alle nostre urgenze vada nella direzione di un radicale rovesciamento del modello di sviluppo attuale, sotto ogni punto di vista. Abbattere il modello delle grandi opere, redistribuire le ricchezze, mettere in sicurezza i territori, rivendicare la cura come paradigma relazionale: tutto questo, e molto di più, dev'essere quello che portiamo in piazza il 22 ottobre. A fianco di chi si vede riempire i polmoni di CO2, di chi lotta per il proprio reddito, chiediamo tutto questo. Chiediamolo da lavoratrici, da lavoratori, da studenti e studentesse, da attivistə per la giustizia climatica, da femministə e transfemministə. Perché la battaglia di chiunque soffra l'oppressione del capitalismo e del patriarcato non può che essere la nostra battaglia.

Immagine di copertina: Sherwood Foto.